Biblioteca Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche
Sanità Pubblica Veterinaria: Numero 110, Ottobre 2018 [http://www.spvet.it/] ISSN 1592-1581
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Clostridium difficile: un nuovo patogeno a trasmissione alimentare? Contaminazione degli alimenti nella ristorazione ospedaliera
Clostridium difficile: a new food-borne pathogen? Contamination of hospital foods

Sara Primavilla1, Silvana Farneti1, Annalisa Petruzzelli1, Ilenia Drigo2, Guerriero Mencaroni1, Francesca Leoni1, Anna Duranti1, Stefania Scuota1



1 Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche "Togo Rosati"
2 Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie - Treviso




Abstract. Clostridium difficile has been for years considered as a nosocomial human pathogen that usually causes infectious diarrhoea in patients after hospitalization and antibiotic treatment. Community-associated infections have been described in populations lacking the traditional risk factors and food has been hypothesized as a possible source of C. difficile, but evidences to confirm or refute this hypothesis are incomplete. This study investigates the presence of C. difficile in foods in hospitals of Umbria and Marche Regions

Riassunto. Le infezioni da Clostridium difficile (CDI) sono state per molto tempo considerate unicamente di natura nosocomiale, ma l'incremento dell'incidenza, anche in persone non considerate a rischio, ha reso necessario approfondire nuove vie di trasmissione di CDI includendo la possibilità della via alimentare. Il presente progetto di ricerca ha avuto come obiettivo quello di valutare la presenza di C. difficile in alimenti somministrati in alcune grandi strutture ospedaliere del territorio umbro-marchigiano


Introduzione
Con il passare degli anni, sempre più nuovi microrganismi sono diventati potenziali minacce per la sicurezza alimentare e la salute umana. A questo proposito, le infezioni da Clostridium difficile (CDI) sono state per molto tempo considerate unicamente di natura nosocomiale, dove la trasmissione poteva avvenire da paziente infetto a paziente non infetto attraverso l'ingestione di spore presenti nelle camere dell'ospedale e sulle mani o sui vestiti del personale (Rupnik et al., 2009). (Figura 1).

Morfologia tipica di colonie di C. difficile cresciute in Agar Sangue
Figura 1. Morfologia tipica di colonie di C. difficile cresciute in Agar Sangue


Nonostante la prolungata ospedalizzazione rimanga uno dei principali fattori di rischio, negli ultimi anni è stato osservato un aumento di casi di CDI in persone non considerate a rischio, come adulti sani non sottoposti a terapie antibiotiche e che non avevano subito ricoveri in ospedale. Si è, inoltre, osservata una variazione nel comportamento di questo microrganismo che è diventato sempre più virulento e aggressivo [Leggiadro, 2005; Dial et al., 2008; Wilcox et al., 2008). Questo ha reso necessario approfondire nuove vie di trasmissione di CDI includendo la possibilità che tale trasmissione potesse avvenire per via alimentare [5].

Sono stati effettuati studi, in Europa e nel resto del mondo, su vari tipi di alimenti come: carne (bovino, suino, tacchino), prodotti della pesca ed insalate pronte al consumo. Le analisi effettuate hanno dato risultati molto variabili probabilmente a causa dall'assenza di un metodo standard che permetta la ricerca di C. difficile negli alimenti (Hensgens et al., 2012).
Il presente progetto di ricerca, finanziato dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, ha avuto come obiettivo quello di valutare la presenza di C. difficile in alimenti somministrati in alcune grandi strutture ospedaliere del territorio umbro-marchigiano.

Obiettivi della ricerca
L'obiettivo della presente ricerca è stato quello di valutare la presenza di C. difficile in alimenti somministrati in alcune grandi strutture ospedaliere del territorio umbro-marchigiano, al fine di verificare possibili omologie genomiche esistenti tra eventuali ceppi isolati da alimenti e ceppi isolati da casi clinici verificatisi nelle stesse strutture ospedaliere, nello stesso periodo. (Figura 2)

Pasti serviti presso gli ospedali - by Andy Reago e Chrissy McClarren (2012). Creative Commons. Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0). https://flic.kr/p/fgchxV
Figura 2. Pasti serviti presso gli ospedali
[by Andy Reago & Chrissy McClarren (2012). Creative Commons. Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0). https://flic.kr/p/fgchxV]


Sintesi dei materiali e metodi
E' stato predisposto un piano di prelievi, tra Febbraio 2016 e Luglio 2017, presso le mense di tre strutture ospedaliere dell'Umbria e delle Marche. Si è scelto di prelevare alimenti pronti al consumo comprendenti primi piatti, secondi piatti, contorni cotti e contorni crudi. Parallelamente è stata creata una ceppoteca di stipiti umani isolati nelle stesse strutture ospedaliere e nello stesso periodo in cui sono stati fatti i campionamenti degli alimenti.
Data la diversità dei metodi descritti in letteratura per la ricerca di C. difficile da alimenti, è stata posta particolare attenzione alla fase di scelta delle metodiche. Il nostro intento è stato quello affiancare ai comuni metodi colturali (Pasquale et al., 2012), metodi di screening molecolari di più facile applicazione e interpretazione.

Con la tecnica della Real-Time PCR, metodo SYBR Green, in tutti i campioni alimentari è stato amplificato il gene tpi, un indicatore di specie (Morales et al, 2016). Le colonie sospette, isolate dagli alimenti, e i ceppi di origine umana sono stati sottoposti ad ulteriori indagini di tipo molecolare per la conferma di specie e la caratterizzazione della tossigenicità.
Sono state allestite 2 multiplex PCR end-point al fine di valutare i geni che codificano le principali tossine prodotte da C. difficile: tossina A, tossina B e Tossina Binaria, formata da due subunità CDTa e CDTb. Le multiplex PCR sono state messe a punto utilizzando i primers descritti in letteratura (Lemee et al., 2004; Doosti et al., 2014). Per gli stessi ceppi è stata effettuata la determinazione del ribotipo (Bidet et al., 1999) e del tossinotipo (Rupnik 2010). (Figura 3).

A: Multiplex PCR per la rilevazione dei geni tpi, tcdA, tcdB, cdtA, cdtB

B: Curva di dissociazione della Real-time PCR per la rilevazione del gene tpi

C: Corsa elettroforetica il gel di agarosio per la determinazione del ribotipo
Figura 3. Prove effettuate per la caratterizzazione molecolare dei ceppi di C. difficile
A: Multiplex PCR per la rilevazione dei geni tpi, tcdA, tcdB, cdtA, cdtB
B: Curva di dissociazione della Real-time PCR per la rilevazione del gene tpi
C: Corsa elettroforetica il gel di agarosio per la determinazione del ribotipo


Infine, è stata valutata la Minimal Inhibitory Concentration (MIC) per Clindamicina (CLI), Metronidazolo (MTZ), Moxifloxacina (MXF) e Vancomicina (VAN) mediante l'utilizzo delle E-test strips (BioMérieux, Marcy-l'Ètoile, France). Per l'interpretazione dei risultati sono stati utilizzati i criteri dell'EUCAST (European Committee on Antimicrobial Susceptibility Testing). (Figura 4, vedi ppt) Nel corso degli stessi mesi in cui sono stati effettuati i prelievi degli alimenti, sono stati acquisiti i ceppi di C. difficile isolati da pazienti, ricoverati nella medesima struttura, che hanno iniziato a mostrare la sintomatologia caratteristica durante la degenza. La stessa caratterizzazione molecolare è stata eseguita anche sui ceppi di origine umana, in modo da poterli confrontare con i ceppi eventualmente isolati dai campioni alimentari.

Prospettive future
Il nostro lavoro ci ha permesso di mettere a punto un metodo molecolare che, opportunamente sviluppato, potrebbe essere utilizzato come screening per valutare, in tempi rapidi, la presenza di C. difficile negli alimenti. Questo potrebbe essere utilizzato anche per saggiare la presenza di tale batterio negli ambienti della ristorazione collettiva ospedaliera, al fine di prevenire problematiche legate alla contaminazione accidentale dei pasti somministrati.

I dati della ricerca hanno fornito conoscenze preliminari sulla contaminazione degli alimenti serviti negli ospedali da parte di spore di C. difficile prelevati nel corso di circa un anno e mezzo.
L'ipotesi di C. difficile quale potenziale agente di malattia a trasmissione alimentare, è stata approfondita sempre più nel corso degli ultimi anni, ma necessita di ulteriori studi per poter essere confermata o smentita. La caratterizzazione molecolare e la valutazione della resistenza agli antibiotici dei ceppi, inclusi quelli di origine umana, ci hanno fornito informazione d'interesse utili a descrivere i ceppi di C. difficile diffusi nelle aziende ospedaliere che hanno partecipato al progetto.

Bibliografia

Bidet P., Barbut F., Lalande V., Burghoffer B., Petit J. C. (1999). Development of a new PCR-ribotyping method for Clostridium diffcile based on ribosomal RNA gene sequencing - FEMS Microbiology Letters. 175, 261-266.

Dial S., Kezouh A., Dascal A., Barkun A., Suissa S. (2008). Patterns of antibiotic use and risk of hospital admission because of Clostridium difficile infection. Canadian Medical Association Journal. 179(8):767-772.

Doosti A., Mokhtari-Farsani A. (2014). Study of the frequency of Clostridium difficile tcdA, tcdB, cdtA and cdtB genes in feces of Calves in south west of Iran. Annals of Clinical Microbiology and Antimicrobials. 5;13-21.

Hensgens M. P. M., Keessen E. C. Squire M. M., Riley T. V., Koene M. G. J., de Boer E., Lipman L. J. A., Kuijper E. J. (2012). Clostridium difficile infection in the community: a zoonotic disease? Clinical Microbiology and Infection. 18, 635-645.

Leggiadro R. J. (2005). Severe Clostridium difficile - associated disease in populations previously at low risk-four states The Pediatric Infectious Disease Journal. 25(3), p 286. doi: 10.1097/01.inf.0000202057.19407.4d.

Lemee L., Dhalluin A., Testelin S., Mattrat M. A., Maillard K., Lemeland J. F., Pons J. L. (2004). Multiplex PCR targeting tpi (Triose Phosphate Isomerase), tcdA (toxin A) and tcdB (toxin B) genes for toxigenic culture of Clostridium difficile. Journal of Clinical Microbiology. 42: 5710-5714.

Morales L., Rodríguez C., Gamboa-Coronado M. D. M. (2016). Molecular detection of Clostridium difficile on inert surfaces from a Costa Rican hospital during and after an outbreak. American Journal of Infection. 1;44(12):1517-1519.

Pasquale V., Romano V., Rupnik M., Capuano F., Bove D., Aliberti F., Krovacek K., Dumontet S. (2012). Occurrence of toxinogenic Clostridium difficile in edible bivalve molluscs. Food Microbiology. 3; 309-312.

Rupnik M., Wilcox M. H., Gerding D. N. (2009). Clostridium difficile infection: new developments in epidemiology and pathogenesis. Nature Reviews Microbiology. 7(7):526-536.

Rupnik M. (2010). Clostridium difficile toxinotyping Methods. Molecular Biology. 646:67-76. doi: 10.1007/978-1-60327-365-7_5.

Wilcox M. H., Mooney L., Bendall R., Settle C. D., Fawley W. N. (2008). A case-control study of community-associated Clostridium difficile infection. J Antimicrob Chemother 2008; 62(2):388-396.



OPEN REVIEW - Modulo per la "revisione aperta" di questo articolo, pubblicato sul numero 110/2018 di SPVet.it



Clostridium difficile: a new food-borne pathogen? Contamination of hospital foods
Primavilla et al., 2018. Clostridium difficile: a new food-borne pathogen? Contamination of hospital foods (SPVet.it 110/2018)

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