Biblioteca Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche
Sanità Pubblica Veterinaria: Numero 112, Febbraio 2019 [http://www.spvet.it/] ISSN 1592-1581
Documento reperibile all'indirizzo: http://spvet.it/indice-spv.html#edi112

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link al precedente editoriale sul digital single market: SPVet.it n. 110/2018

EDITORIALE:

Libertà citazionale e Direttiva UE sul Copyright nel mercato unico digitale
Citational freedom and EU Directive on Copyright in the Digital Single Market

[Ver. 1.3]

Raoul Ciappelloni



Abstract. The European Parliament and the Council proposal for a Directive on copyright in the digital single market (COM / 2016/0593) has come to an endpoint. Finally, just a few votes decided the endorsement of the "Copyright Directive in the European single market". The measure was accepted despite of controversial aspects, with a noticeable divergent approach characterizing players (publishers, researchers, content aggregators, politicians and members of civil society). A lack of connection, between the institutional subjects responsible for managing ordinary and above all scientific information, emerged in the generalist channels (radio, tv) and newspaper, the whole issue has been discussed very little. Due to the generic nature of the EU directives, an actual risk is that different countries of the Union, organize themselves in a poorly compatible way with the desirable free circulation of online information and data The problem mainly involves the atypical (social and informal) and non institutional scientific communication. The issue may involve the research activity of subjects of the entrepreneurial world such as: science and technology parks, spinoffs, small and medium technological enterprises and startup companies, private Universities and the like. In the debate, the generalist channels considered article 3 of the Directive (concerning the extraction of text and data), and article 11 (protection of journalistic publications in case of digital use) to be of minor importance. The new provisions concerning the two articles mentioned, would not be without consequences, particularly for teaching and research. However, the discussion mainly focused on the issues related to Article 13 (now 17; which governs the usage of protected contents by information society service providers, that store and give access to large quantities of file and data uploaded by users). In this regard there have been authoritative positions, in the sense of ensure a greater freedom of action, through a series of "open letters". University professors, researchers denounce the possibility that in the future it will be more difficult to get adjourned news from the Net and follow its evolution. For example, the work of freelance pressman linked to "citizen journalism", will certainly be more difficult and expensive. The discussion on Article 17 highlighted the difficulty to operate a distinction between the contents that can be freely published by those that are not (thus the negative consequences on information freedom), due to the strategies implemented in order to avoid the dissemination of prohibited publications through online platforms. In support of a closer regulation of the subject matter of Article 17, video and multimedia commercial operators intervened taking a sharp position, In favor of copyright protection. Also the italian associations of librarians, publishers and booksellers, have taken a similar position. This, without taking into consideration, as noted by many librarian and researchers, some provisions contained in articles 15 and 17, may interfere with the Open Science objectives in the European Union.

Riassunto. La Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul diritto d'autore nel mercato unico digitale (COM/2016/0593) è arrivata al suo termine. Alla fine pochi voti hanno deciso l'approvazione della Direttiva sul copyright nel mercato unico europeo. La misura è stata accettata nonostante aspetti controversi, con divergenze fra le parti (editori, ricercatori, aggregatori di contenuti, politici e componenti della Società civile). È emersa una mancanza di collegamento fra i diversi soggetti istituzionali preposti alla gestione dell'informazione ordinaria e soprattutto scientifica. Nei media generalisti l'intera questione è stata poco trattata. A causa della genericità delle direttive Comunitarie, l'attuale rischio è che i diversi Paesi dell'Unione si organizzino in modo scarsamente compatibile con una libera circolazione online delle informazioni. Il problema coinvolge soprattutto i settori atipici, "social" ed "informali" della comunicazione scientifica. Problemi potrebbero esserci per l'attività di ricerca di soggetti del mondo imprenditoriale quali: Parchi Scientifici e Tecnologici, Spinoff, Piccole e Medie Imprese tecnologiche e Startup, Università private. Nel dibattito, i media generalisti hanno considerato di minore importanza l'articolo 3 della Direttiva che riguarda l'estrazione di testo e di dati e all'articolo 11 (Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale). Le disposizioni relative ai due articoli citati, non sarebbero prive di conseguenze per didattica e ricerca. Tutta la discussione si è concentrata sulle questioni inerenti l'articolo 13 che norma l'utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiale caricato dagli utenti. Ci sono state autorevoli prese di posizione in senso di una maggiore libertà d'azione con una serie di lettere aperte. Docenti universitari, ricercatori denunciano la possibilità che in futuro sia più difficile procurarsi le notizie in Rete e seguirne l'evoluzione, ad esempio rendendo più difficile il lavoro di giornalisti freelance collegati al "citizen journalism". La discussione sull'Articolo 13 ha posto in evidenza la difficoltà di operare una distinzione fra i contenuti liberamente pubblicabili da quelli che non lo sono e le negative conseguenze sulla libertà di informazione, dovute ai sistemi messi in atto per cautelare le piattaforme online circa pubblicazioni non consentite. A sostegno di una più stretta regolamentazione della materia trattata dall'Articolo 13, sono intervenuti gli operatori commerciali del settore video e multimediale, che hanno preso una forte posizione. Anche le associazioni dei bibliotecari degli editori e dei librai hanno preso una posizione analoga. Il problema è che come rilevato dagli operatori del settore diversi elementi contenuti negli articoli 11 e 13 potrebbero interferire con la realizzazione degli obiettivi dell'Open Science nell'Unione Europea.

QUESTO ARTICOLO È UNO "STUB" [Ver. 1.0], AL QUALE POSSONO ESSERE AGGIUNTE INFORMAZIONI E COMMENTI.
SI PREGANO GLI INTERESSATI DI INVIARE NOTE ED APPROFONDIMENTI ALL'INDIRIZZO: redazione-spvet@izsum.it, SARANNO
PUBBLICATI SU QUESTA PAGINA A NOME DEGLI AUTORI.


"NOTA al Testo: La tecnologia Blockchain: Un'ipotesi di lavoro"
di Matteo Bonini
matteobonini11@gmail.com
17/07/2019, 16:29


IL LAVORO HA SUBITO CORREZIONI ED AGGIUNTE MANO MANO CHE I FATTI MODIFICAVANO LA SITUAZIONE DELLA
DIRETTIVA SUL COPYRIGHT. L'ATTUALE VERSIONE RISPECCHIA LA SITUAZIONE AL 15 APRILE 2019.


Copyright in the Digital Single Market - European Parliament legislative resolution of 26 March 2019

Testo della Risoluzione legislativa del Parlamento europeo (26 marzo 2019)
sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
relativa al diritto d'autore nel mercato unico digitale.
(COM(2016)0593 – C8-0383/2016 – 2016/0280(COD))


La Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul diritto d'autore nel mercato unico digitale (COM/2016/0593), di cui abbiamo già parlato nell'Editoriale pubblicato su SPVet.it 110/2018), è arrivata a un punto conclusivo. Il risultato non era scontato e la votazione del Parlamento Europeo avvenuta il 26 Marzo 2019 ha avuto il risultato di 348 voti a favore (52.8%) e 274 contrari (41.6%) e 38 Astenuti (5.7%).
Alla fine sono stati 36 voti a decidere la questione del copyright nel mercato unico europeo. Nessuno può dire che sia stato un plebiscito.

da #SaveYourInternet di Julia Reda
Votazione del Parlamento Europeo del 26 Marzo 2019
da #SaveYourInternet di Julia Reda (https://twitter.com/hashtag/SaveYourInternet?src=hash)


Alla votazione del 15 aprile scorso, il Consiglio ha approvato la direttiva sul copyright.
Sei Stati membri hanno votato contro (Finlandia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia e Svezia); tre si sono astenuti (Belgio, Estonia e Slovenia); gli altri diciannove hanno votato a favore. Contrari e astenuti hanno rappresentato poco più del 26 % della popolazione europea. Fra questi, l'Italia è stato certamente il Paese più rilevante per economia e importanza politica. Questo gruppo di Paesi si è espresso unitariamente con un "Joint statement" nel quale si afferma "...Crediamo che la Direttiva nella sua forma attuale sia un passo indietro per il mercato digitale unico ... rischia quindi di ostacolare l'innovazione piuttosto che promuoverla e avere un impatto negativo sulla competitività".
Gli Stati europei hanno ore due anni per integrare la Direttiva nella proprio quadro giuridico con diverse variazioni. Ciò apre un ulteriore spazio di trattativa a livello nazionale con esiti imprevedibili.

La Direttiva è stata accettata nonostante alcuni aspetti controversi e forti divergenze fra editori, ricercatori, aggregatori di contenuti, politici e componenti della Società civile.
Il risultato possiamo riassumerlo come segue:
Le piattaforme online egli aggregatori di news in Internet sono responsabili dei contenuti inseriti dagli utenti; alcuni di questi contenuti, come i cosiddetti meme o GIF, sono esclusi espressamente dalla Direttiva; i link a notizie contenute in articoli, se accompagnati da "singole parole o estratti molto brevi", si possono condividere liberamente; gli editori dovranno corrispondere ai giornalisti una quota di qualsiasi ricavo da copyright; Le piattaforme start-up, pur dovendosi adeguare alle disposizioni della Direttiva, saranno soggette a obblighi meno gravosi.
Esiste ora l'effettiva possibilità, per gli editori e gli autori, di avviare una trattativa con i grandi "aggregatori di contenuti", per ottenere un equo compenso citazionale.

La nostra soddisfazione ha dei limiti per il permanere di una sostanziale indefinitezza che avvolge l'intera questione. In effetti la terminologia conta. Cosa significa: un "estratto molto breve"? O "obblighi meno gravosi"? Sono le prime osservazioni che potrebbero essere avanzate.
È emersa una mancanza di collegamento fra i soggetti istituzionali preposti alla gestione dell'informazione ordinaria e soprattutto scientifica, mentre nei media generalisti l'intera questione è stata praticamente assente, con alcuni sprazzi di attenzione nei momenti decisivi.

La situazione induce ad esaminare alcuni aspetti relativi alla libera circolazione delle idee, soprattutto legate ai temi della ricerca e dell'Open Science.

Diciamo subito che a causa della fisiologica genericità delle direttive Comunitarie, il primo rischio è, come accennato precedentemente , che i diversi Paesi dell'Unione si organizzino in modo disomogeneo, finanche reciprocamente incompatibile, ostacolando di fatto la libera circolazione delle informazioni nell'area comunitaria.
Il problema coinvolge prevalentemente settori "non ordinari o atipici" della comunicazione, relativi alle imprese o anche alla sfera "social" ed "informale" della comunità scientifica.
Non dimentichiamo l'attività di ricerca è sostenuta anche da soggetti che non rientrano della definizione data dall'Articolo 2 della Direttiva, che pure nell'ultima versione (26 Marzo 2019), parla di "... Università, comprese le sue biblioteche, Istituti di ricerca o qualsiasi altra entità, il cui obiettivo principale sia condurre ricerche scientifiche o svolgere attività educative che coinvolgano la ricerca scientifica", che non abbiano finalità di lucro. Si ignorando i soggetti di altra natura nello stesso ambito operativo disciplinare, per lo più legato al mondo imprenditoriale.
Parchi Scientifici e Tecnologici, Spinoff, Piccole e Medie Imprese e Startup, sarebbero probabilmente fuori dalla precedente definizione, configurandosi come Enti obbligati ad adeguarsi alle disposizioni sul copyright contenute nella Direttiva. Ci sarebbe poi la posizione di alcune Università private (come Luigi Bocconi, Luiss o Humanitas University), di queste istituzioni si dovrebbero considerare gli assetti Istituzionali relativamente all'entità di collaborazioni commerciali, pubblicistiche ed editoriali (normate dal D.M. 10.8.2011, n. 168 e Legge 30 dicembre 2010, n. 240).
Saranno comunque i singoli Stati a chiarire le diverse posizioni alle quali si applicherebbero le disposizioni della Direttiva nei casi border line.

La comunicazione scientifica
Gli effetti potenzialmente indesiderabili della Direttiva sul copyright sull'ecosistema informativo tecnico - scientifico della Rete, sono ancora poco indagati. L'attenzione è rivolta altrove. Soprattutto nei media generalisti l'intera questione è stata presentata come una specie di regolamento di conti fra Editori commerciali e grandi piattaforme online come Google, Amazon o Facebook.
I loro contenuti testuali, grafici e multimediali, visualizzati giornalmente da milioni di persone, hanno viaggiato sinora piuttosto liberamente in Rete. Spesso sono scambiati in vari formati dagli utenti senza generare alcuna remunerazione a vantaggio di autori, editori ed altri aventi diritto (a parte la notorietà che ha un effettivo valore pubblicitario).
Google, che non intende considerarsi un editore, utilizza excerpta da materiali pubblicati in Internet, in forma di news o come descrizione di puntatori verso pagine Web.
Si tratta di un uso consolidato negli anni, che non ha mai generato oneri pecuniari di sorta. Adesso, necessariamente, tutto ciò dovrà cambiare e a cosa porterà questo cambiamento non è chiaro.
Il materiale informativo della Comunità europea è, su questo punto, rassicurante. Basta leggere le Digital Single Market FAQ alla pagina Frequently Asked Questions on Copyright Reform.

Come si è visto di frequente, quando i colossi si scontrano, i maggiori danni si registrano fra "altri" soggetti, scarsamente importanti sul piano economico, ma che abitano lo stesso ecosistema informativo della Rete. In questo caso, potrebbe essere a rischio la libertà di informazione di una miriade di soggetti legati a settori meno ordinari della comunicazione scientifica, insieme a quelli appartenenti alla sfera "social".
Il concetto è stato ben espresso da un editoriale della rivista Nature (8 Aprile 2010), dove si afferma che: "Much of what people know about science is learned informally. Education policy-makers should take note - Molto di ciò che la gente sa della scienza viene appreso in modo informale. I decisori politici che si interessano di didattica dovrebbero tenerne conto".
Simone Aliprandi nel suo intervento "Le possibili ripercussioni della nuova direttiva nel panorama normativo italiano e i potenziali effetti in ambito accademico e scientifico", al Convegno "La nuova direttiva UE sul copyright" (2018), pone in rilievo le complessità del quadro normativo nel quale è difficile districarsi.

Si dovrebbe chiarire meglio il reale impatto che il recepimento di una normativa di questa natura, potrebbe avere sulla comunicazione scientifica sostenuta dalla Citizen science (detta anche community science, crowd-sourced science, volunteer monitoring), condotta da ricercatori non istituzionalizzati (non professionisti) in settori scientifici di rilievo (ad esempio biomedico, astronomico), difficilmente inquadrabili nell'articolo 2 della Direttiva. Pensiamo anche all'ambito della "informal Science", per ciò che riguarda l'attività delle Biblioteche e didattica delle Scuole private.
Si può dire che la discussione in corso sul documento finale considera di minore importanza il tema del Text and data mining trattato negli Articoli 3 (text and data mining for the purposes of scientific research), e 4 (Exception or limitation for text and data mining), concentrandosi sull'Articolo 15 (Protection of press publications concerning online users) e soprattutto sul 17 (Use of protected content by online content-sharing service providers).

Eppure gli Articoli 3 e 4, introducono importanti limitazioni sulla possibilità di utilizzare liberamente i dati presenti in Rete. Una possibilità riferita agli ordinari Enti di ricerca istituzionali.
Risulta tuttavia evidente che, a seconda che venga riconosciuto o meno il "pubblico dominio" di fatti e informazioni presenti in Rete, varierà il numero di liberi utilizzatori, comprendendo fra questi anche spinoff e varie realtà imprenditoriali.
Bisogna considerare che l'analisi di grandi quantità di informazioni ha un valore "strategico". I cosiddetti "big data", rendono possibili le applicazioni riferibili all'Intelligenza Artificiale e Machine Learning e gli algoritmi elaborati dalle startup europee hanno bisogno di un ampio e costante input di dati. Impossibile senza disporre di dataset di grandi dimensioni (vedi il lavoro: "Text and data mining - TDM policy").
Un pronunciamento pubblico in materia "The Exception for Text andData Mining (TDM)in the Proposed Directiveon Copyright in the Digital Single Market Legal Aspects", indica l'opportunità di introdurre nell'articolo 3, un'eccezione obbligatoria al diritto d'autore che consenta di eseguire liberamente l'analisi di dati delle opere protette.
Le Piccole e Medie Imprese high tech sembrano tagliate fuori. Si tratta di un errore, in quanto seppure nel nostro Paese queste non costituiscono un asse di grande rilevanza economica (Maraglino Misciagna, 2018), tuttavia rappresentano pur sempre un segmento significativo della ricerca finalizzata e legata al territorio (soprattutto in un Paese come l'Italia culturalmente legato all'artigianato ed alle micro-attività imprenditoriali).

Se le PMI tecnologiche già possiedono le informazioni o dispongono di un "parco" clienti dal quale estrarle in modo legale, potranno continuare ad addestrare algoritmi in modo adeguato. Altrimenti l'unica soluzione, per non soccombere alla concorrenza, sarebbe di cambiare Paese o campo applicativo. Ciò per non essere trascinate in un sistematico contenzioso sulla violazione del diritto d'autore (pensiamo alle immagini), sostenuto da una miriade di soggetti scarsamente organizzati e difficili da gestire. La cosa è tanto più incresciosa in quanto il TDM, così come viene attuato, non sembra compromettere lo sfruttamento commerciale di dataset da parte dei legittimi proprietari. Pensiamo che in altri contesti, segnatamente Giappone e Stati Uniti, vengono favorite le utilizzazioni elle informazioni tratte dalla Rete per autonome elaborazioni.
I recepimenti nazionali, rispetto all'ultimo testo (26 Marzo del 2019), potrebbero essere un po' meno stringenti sulla indicazione degli organismi che possono valersi delle eccezioni contenute nella Direttiva. D'altra parte nell'ultima versione della Direttiva, come in quella del 2018, è presente l'invito ai titolari dei diritti e gli organismi di ricerca nel concordare "best practice" per prelevare i dati. Un aspetto positivo è che (nuovo Art. 4), tali dati potranno essere conservati dai ricercatori per tutto il tempo ritenuto necessario agli scopi di ricerca.

L'Articolo 15 [ex 11] della Direttiva, anch'esso un po' meno considerato dai media, definisce le modalità per gli aggregatori di news, di citare liberamente articoli ed altro materiale informativo, presenti in Rete. L'ultima versione della Direttiva, al pari della precedente, specifica, al paragrafo 1, che gli Stati membri, dovranno concedere agli autori, artisti interpreti o esecutori, ai produttori di fonogrammi ai produttori delle prime fissazioni di una pellicola, agli organismi di diffusione radiotelevisiva il diritto di autorizzare o vietare la riproduzione online delle proprie opere alle agenzie informative online per due anni dalla prima pubblicazione (information society service providers) escludendo gli usi privati o non commerciali di pubblicazioni di stampa da parte di singoli utenti.
Anche la pubblicazione di link ipertestuali è esclusa (anche se riguardano press publications), se sono specificati da singole parole o brevissimi estratti (snippets) della pubblicazione originale. Pertanto, agenzie informative e Service providers rimarranno liberi di utilizzare le citazioni, altrimenti dovrà essere attivata una licenza con i singoli editori di durata biennale (Cosmi, 2019).
Gli Stati membri, dovranno infine provvedere affinché gli autori delle opere inserite nelle pubblicazioni di tipo giornalistico, siano remunerati appropriatamente dagli information society service providers.

Le argomentazione del dissenso, sono relative principalmente alle conseguenze negative che le restrizioni imposte dall'articolo 15 avrebbero sul libero flusso informativo in Rete.
Oltre a ciò si tenderebbe ad esacerbare una certa asimmetria nel media market (già presente in molti Stati europei), concentrando l'offerta di news e genericamente di informazione sui grandi aggregatori (monitoring service, che già posseggono rilevanti diritti sui database e sulle trasmissioni di documenti multimediali).
Diverrà certamente più costoso procurarsi le notizie in Rete e seguirne l'evoluzione. Anche l'acquisizione di piccole parti di una pubblicazione (eccetto probabilmente per uso personale) obbligherebbe ad un pagamento, rendendo più difficile il lavoro di giornalisti freelance (collegati al "citizen journalism"), uffici stampa e tutti i soggetti non istituzionali che trattano notizie.
Il fatto è che simili disposizioni si sono già dimostrate controproducenti in Germania e Spagna. Inoltre ciò non produrrebbe verosimilmente alcun miglioramento dell'attuale situazione per ciò che riguarda il problema delle Fake News.
Di fatto le grandi piattaforme saranno portate a stringere accordi con i gruppi editoriali (anche per non rendere telegrafiche ed indecifrabili le anteprime dei contenuti proposti ai loro lettori), gettando a mare tutto il resto.

Ricordiamo che su quest'articolo ci sono state molte prese di posizione nel senso di una maggiore apertura della normativa e libertà d'azione.
Citiamo ad esempio, la lettera aperta di ricercatori e docenti universitari "Academics Against Press Publishers’ Right", firmata da 228 docenti (Settembre 2018). Fra questi, una ventina di professori e ricercatori italiani appartenenti a diverse istituzioni, hanno siglato il documento; presenza numericamente non elevata, ma che mostra una certa sensibilità per l'argomento da parte degli accademici del nostro Paese.

Un effetto dell'Articolo 15, stavolta positivo, potrà essere quello di costringere i (troppo) distratti Webmaster, ad inserire la data di pubblicazione delle pagine, se non altro per la verifica della scadenza dei termini di copyright.



Battle of copyright (2014)
by Christopher Dombres. Battle of copyright (2014). Public domain. https://flic.kr/p/ns17uC


L'Articolo 17 [ex 13] , è stato il vero nodo della trattativa (per visualizzare l'iter in corso del provvedimento, consigliamo la pagina Article13 - https://www.article13.it/timeline). Ricordiamo che esso regolamenta l'utilizzo di contenuti protetti da parte di piattaforme informatiche specializzate come Google, Facebook o Pinterest. Queste creano profitti "copyright free" (il cosiddetto "value gap") grazie ai file caricati da propri utenti.
Le ultime modifiche della Direttiva sul Mercato Digitale Unico prevedono che startup di recente formazione (da meno di tre anni in Rete), con un giro d'affari inferire a 10 milioni di Euro l'anno e con meno di 5 milioni di utenti mensili, sarebbero esentate dalle disposizioni dell'Articolo 13. Piattaforme come Youtube dovrebbero invece adeguarsi, implementando filtri automatici per discriminare i contenuti "caricabili" da quelli da scartare.

Nonostante Axel Voss, eurodeputato promotore della Direttiva, si sia molto speso per eliminare (formalmente) il termine "filtro" dal testo della Direttiva, ciò non è stato sufficiente.
È infatti evidente a chiunque che se una piattaforma fosse impegnata nell'analisi di flussi di centinaia di ore video al minuto, dovrebbe necessariamente disporre di un qualche sistema basato su Intelligenza Artificiale per evitare di far passare accidentalmente dei contenuti coperti da copyright, incorrendo in sanzioni a favore dei detentori dei diritti sulle opere (Doctorow 2018).
Un siffatto meccanismo presenterebbe tuttavia una rilevante complessità e possibilità di errori. Ciò significa che una buona parte dei contenuti caricati dagli utenti delle piattaforme verrebbe cautelativamente scartata senza che sia possibile intervenire in tempi brevi per un suo ripristino. Per questo molti prevedono che l'attuale libertà di esposizione e commento dei contenuti nella Rete, libertà cui siamo tutti ormai abituati, abbia i giorni contati.
Il contendere riguarda se le piattaforme di Content Sharing possano considerarsi o meno "mezzi neutrali". Esenti da obblighi nei confronti dei materiali caricati dagli utenti o se debbano configurarsi come effettive attività editoriali, con le relative responsabilità gestionali (copyright, diffamazione, privacy, trasparenza ed altro).

La posta in gioco sembra (apparentemente) rilevante. Pertanto non mancano iniziative pro Articolo 17 da parte di una molteplicità di soggetti. Per l'Italia c'è una ricca documentazione che da tempo viene diffusa e citata in Rete. Ricordiamo alcuni pronunciamenti fra i quali il documento firmato dall'Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche, Audiovisive e Multimediali - ANICA e da Confindustria Radio Televisioni - CRTV.

A sostegno di una stretta regolamentazione della materia trattata dall'Articolo 13 [oggi 17], gli operatori commerciali del settore video e multimediale sono intervenuti, prendendo una forte posizione. Segnaliamo due lettere aperte. Una del 10 Dicembre 2018 "Proposta per il futuro del settore audiovisuale con un valore aggiunto: non c'è alcun porto sicuro o nuovi settori di intrapresa", e l'altra del 15 Gennaio 2019 "I settori creativi chiedono la sospensione dei negoziati sull'Articolo 13".
Nei documenti si denunciano i privilegi di quelli che vengono definiti genericamente "Online Content Sharing Service Providers", inaccettabili per i legittimi proprietari del diritto di copyright sui prodotti dell'ingegno diffusi attraverso la Rete.
Si invoca l'adesione ad una giurisprudenza in tal senso (rif. condanna della Corte di Giustizia Tedesca contro YouTube - Reuters, 2018; per aver riprodotto illegalmente alcuni pezzi della cantante Sarah Brightman, senza aver corrisposto un risarcimento e rifiuto di comunicare il nome del suo utente che ha effettuato l'upload dei file musicali).
L'Associazione Italiana Editori con l'articolo "Copyright – L’industria culturale e creativa italiana chiede agli europarlamentari italiani una convinta approvazione della direttiva” del 13 Marzo 2019, afferma che "l’industria culturale e creativa italiana, in tutte le sue componenti, si muove unita per dire SI alla direttiva copyright, in agenda nella seduta dell’Europarlamento a fine Marzo". Chiede agli europarlamentari italiani l'approvazione della Direttiva per favorire lo sviluppo dell'editoria nell'era digitale rispettosa del diritto d'autore "... Un voto importante a tutela del nostro DNA di italiani ed europei, creatori e coltivatori di emozioni”.
Le associazioni di firmatari sono diciannove. Rappresentano industriali e creativi del settore culturale, secondo i quali "...La Direttiva sostanzialmente aggiorna la normativa vigente al mutato contesto tecnologico ed economico-sociale, per dare una giusta remunerazione al lavoro di autori, artisti, imprese". Al testo è allegato un Appello della filiera dell'industria culturale e creativa italiana del 12 Marzo 2019.

Anche il mondo delle biblioteche e del libro, aderisce a queste posizioni. Recentemente (25 febbraio 2019) Con la lettera aperta "Copyright – Il mondo del libro scrive a tutti gli europarlamentari italiani", i rappresentanti di AIB (Associazione Italiana Biblioteche), AIE (Associazione Italiana Editori) ed ALI (Associazione Librai Italiani), prendono una posizione a favore della Direttiva Copyright nel mercato unico digitale.

A questo punto non mancano le reazioni. Segnaliamo la "Lettera aperta all'AIB" del 15 Marzo 2019 del Partito Pirata Europeo (PPEU, movimento legato alla figura di Julia Reda).
Interviene anche l'AISA, Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (http://aisa.sp.unipi.it/), con il messaggio: "Posizione di AISA sulla Direttiva Diritto d'autore nel mercato unico digitale", postato nella mailing list aib-cur@list.cineca.it [Fri, 22 Mar 2019 13:23:16], esprime una posizione di senso diametralmente opposto.
Nella mail si dice che AISA non condivide l'attuale contenuto della Direttiva perchè "... Non bastano operazioni cosmetiche e qualche piccola concessione sul terreno scivoloso delle eccezioni e limitazioni... le norme a favore di ricerca, didattica e biblioteche apportano modifiche di margine all'asfittico apparato delle eccezioni e limitazioni,...l'articolo 11 [oggi 15] crea una nuova - l'ennesima - esclusiva, l'articolo. 13 [oggi 17] incide sulla responsabilità degli Internet Service Provider aggiungendo una nuova categoria rispetto a quelle previste dalla direttiva 2000/31 sul commercio elettronico: l'online content sharing service provider. Se la proposta venisse approvata nel testo attuale, il mondo della ricerca, della didattica e delle biblioteche forse potrebbe virtualmente godere di qualche isola di libertà in più, ma in un mare di esclusive che si fa sempre più potente e burrascoso".
Il messaggio si conclude con la seguente dichiarazione "...Tra prendere o lasciare anche AISA non ha dubbi: meglio lasciare il testo della proposta di direttiva a chi si diletta con i più ostici giochi enigmistici e lavorare, con tutti coloro che hanno a cuore l'interesse pubblico, su una vera riforma del diritto d'autore e della regolamentazione di Internet. Meglio, molto meglio difendere le libertà fondamentali di una società democratica".

Certo, sono parole un po' forti, che riflettono la preoccupazione degli operatori del mondo dell'informazione e delle biblioteche scientifiche.


Tutto ciò fa da contrappeso all'atteggiamento rilassato e deresponsabilizzante, comune fra i sostenitori della Direttiva, come Axel Voss ed altri europarlamentari e politici, i quali pensano che in realtà ci sarà uno scarso impatto sugli utenti. Questi potranno caricare quello che desiderano in Rete, perché le responsabilità (e i costi) ricadranno unicamente sulle Piattaforme Online.
Come dire "affari degli aggregatori". Secondo Voss, ciò che deve avvenire, avverrà nello strato software dello Sharing Service Provider.
Proviamo ad immaginare.
Al caricamento del contenuto sulla piattaforma online da parte dell'utente, si avvierà un protocollo elettronico di verifica. Questo stabilirà l'assenza di vincoli di copyright sul file in questione.
In caso affermativo sarà subito inserito online; altrimenti potrebbe essere (1) bloccato in attesa di avere i permessi relativi, (2) esposto con un banner pubblicitario che remunererà l'autore (ed anche la piattaforma), (3) remunerato l'avente diritto, tramite una procedura elettronica che gli invierà un gruzzoletto (magari in Bitcoin) per l'uso della risorsa in questione. Il tutto ad opera (e spese) della piattaforma online.
Nell'articolo redazionale "Il semplicissimo principio del copyright" del quotidiano il Foglio, si afferma un concetto simile: "...L’articolo 13 della direttiva, il più contestato, sostiene che è meglio prevenire che curare, ed esorta le piattaforme a stipulare dei contratti di licenza con i detentori di diritto d’autore. Ancora una volta: è ciò che fanno tutti gli operatori, dalle televisioni a chi lavora nel mondo della musica. E se queste licenze non bastano, esistono sistemi algoritmici per filtrare i contenuti illegali. Non è censura: è protezione di chi lavora per produrre musica, film, video, articoli di giornale, fotografie". In linea di massima il concetto è chiaro.;

Bello, bellissimo, però forse un po' irreale, perché la controparte di questo rapporto ha una concreta possibilità di contenimento dell'attuazione delle normative. L'Articolo 2 (comma 6) del testo consolidato della Direttiva, si riferisce a "...un prestatore di servizi della società dell'informazione il cui scopo principale o uno dei principali scopi è quello di memorizzare e dare accesso al pubblico a grandi quantità di opere protette dal diritto d'autore o altri materiali protetti caricati dai suoi utenti, che il servizio organizza e promuove a scopo di lucro".

Si sta parlando dei giganti della Rete: YouTube, Facebook, Instagram, Snapchat, Dailymotion, Twitter ed altre piattaforme similari. Si tratta di grandi servizi di Internet, per lo più localizzati negli States e che comunque dovranno essere individuate da una non meglio definita concomitanza di elementi caratterizzanti (Morelli 2019).

Invece i prestatori di servizi quali: le enciclopedie online senza scopo di lucro (Wikipedia), i repertori didattici o scientifici non profit, le piattaforme di sviluppo e condivisione di software open source, i fornitori di servizi di comunicazione elettronica, i marketplaces dedicati alla vendita online direttamente ai consumatori, i servizi cloud Business to business e i cloud che consentono agli utenti di caricare contenuti per uso strettamente personale non saranno considerati "prestatori di servizi di condivisione di contenuti online" dalla presente direttiva. Loro sono salvi.



Box n. 1:

Due casi di violazione di Copyright precedenti alla Direttiva sul Mercato Unico Digitale

Il caso Vimeo
Vimeo (https://vimeo.com/) è un Social Network dedicato a registi e film makers che intendono condividere e commentare materiale multimediale (quello pubblicato su Vimeo non ha inserzioni pubblicitarie). La società è incorsa in problemi giudiziari simili a quelli di YouTube . Con la sentenza 693 del 10 gennaio 2019, il Tribunale di Roma, ha condannato Vimeo per non essere intervenuto tempestivamente, rimuovendo file caricati dagli utenti e giudicati “illeciti”, a risarcire l'Editore Mediaset di 8,5 milioni di Euro.
Ora dovrà anche impedire nuovi upload di contenuti dalla stessa provenienza, altrimenti dovrà pagare mille euro per ogni filmato e cinquecento euro per ogni giorno di visibilità del materiale censurato.

Anche Facebook è stato condannato a risarcire Mediaset (si dice che la cifra sia limitata) per aver riportato dei contenuti audiovisuali tramite la pubblicazione di link.
Stranamente del contenzioso non v'è traccia (al momento della pubblicazione di questo articolo) sulla pagina Mediaset di Facebook e su Mediaset Play, pagina Facebook che consente di vedere gratuitamente intere puntate e clip dei programmi.





Conclusioni
Ciò che apparentemente si può dire, soprattutto per quanto riguarda l'articolo 17 della Direttiva, è che una lobby di Editori vecchio stile sta cercando di mangiarsene un'altra di ultima generazione (Editori digitali, Piattaforme di content sharing).
Nonostante la vicenda abbia alcuni aspetti positivi, ad esempio una maggiore disponibilità della letteratura grigia e delle opere fuori commercio, la valorizzazione del lavoro dei giornalisti, nel complesso la libertà di informazione in Rete potrebbe arretrare parecchio.
Sono infatti molti gli aspetti censori della Direttiva sul copyright che non sono stati ancora chiariti. Stupisce poi che ricercatori e bibliotecari non sembra se ne stiano occupando molto. Una specie di silenzioso vernissage. Ci si aggira fra grandi oggetti dall'aria inquietante, vengono scattate foto e selfie. Ma la sostanza di un dibattito su "cosa ci sia realmente" di fronte a noi, sembra essere scarso.
Recentemente, sulla spinta degli avvenimenti, qualcosa si sta muovendo, ma sembrano prese di posizione formali, relative per lo più alla generica auspicabilità della protezione della proprietà intellettuale.

Già nel lontano (per i tempi della Rete) 2017, l'European Bureau of Library, Information and Documentation Associations (EBLIDA - http://www.eblida.org/), l' International Federation of Library Associations and Institutions (IFLA - https://www.ifla.org) e la Ligue des Bibliothèques Européennes de Recherche (LIBER - https://libereurope.eu), avevano espresso critiche circostanziate sulla Direttiva con una lettera aperta, evidenziando il nocciolo della questione:
"... diversi elementi contenuti negli articoli 11 e 13 (ora 15 e 17) impediranno all'UE di realizzare il potenziale dell'Open Access e Open Science per promuovere il progresso e le scoperte scientifiche, riducendo l'impatto a livello mondiale, della ricerca europea".
Sembra una previsione funesta, e in questo contesto Larry Page, fondatore di Google, per bocca di un portavoce della Società in Europa fa sapere che: “La riforma del diritto d’autore deve andare a beneficio di tutti, inclusi i creatori e i consumatori europei, i piccoli editori e le piattaforme. Studieremo il testo finale della direttiva europea sul copyright e ci vorrà del tempo per decidere i prossimi passi. I dettagli contano, accogliamo con favore la possibilità di continuare le conversazioni su questo tema in Europa”. (Fazzini, 2019)
Non sembra il discorso di uno a cui stia mancando la terra sotto i piedi. Si preannuncia quindi uno scontro dagli esiti incerti, forse sfavorevoli unicamente per la comunicazione scientifica, le imprese advanced, la cultura e la Società civile.

L'avvocato Guido Scorza, nell'articolo "Abbiamo perso tutti, ecco perché", pubblicato su Agenda Digitale, riassume il punto fondamentale della questione dicendo che o "...la Direttiva genererà 27 leggi diverse in giro per l'Europa" con grandi problemi per la circolazione delle idee (scientifiche o meno) nel vecchio continente, oppure il suo effetto sarà di determinare un "...deficit di pluralismo dell'informazione", nel senso che le grandi piattaforme per la condivisione dei contenuti prodotti dagli utenti, diventate editori, cominceranno sul serio a decidere cosa e se pubblicare, ovviamente in funzione dei loro interessi.

È un sentimento condiviso nell'articolo di Paolo Attivissimo del 29 Marzo 2019, pubblicato su Zeus News, dove dice che "...la direttiva crea un pantano legale che solo chi ha stuoli di avvocati potrà permettersi di gestire e comporta il rischio serio di zittire le voci dei piccoli o dei singoli", con una sconfortata considerazione finale "....E cosa cambierà in questo blog, per esempio? Per ora nulla: io vivo e lavoro in Svizzera, per cui quello che scrivo non è toccato dalla Direttiva ... Come andrà a finire non lo sa nessuno".

Il problema è che da sempre le idee servono a promuovere altre idee in un processo continuo, di natura analogica, fatto di associazioni e rimandi. Le questioni che ruotano intorno ai legittimi diritti di riproduzione delle opere dell'ingegno stanno in parte ostacolando questa dinamica. Altro che remunerare la creatività. Se non si può liberamente "costruire" su conoscenze ed idee preesistenti, molti progetti ambiziosi, come l'Open Science, sono di fatto ostacolati. A tal riguardo, gli effetti della Direttiva potrebbero essere più pervasivi di quanto si immagini, interessando anche Paesi al di fuori dell'Europa, a causa della natura globale di Internet e dei collegamenti che coinvolgono schemi e modalità di utilizzo dei dati delle company tecnologiche.

Per ora, in controtendenza, una Corte dello Stato dell'Illinois (USA), ha emesso una sentenza per la quale i romanzi di Arthur Conan Doyle che hanno come protagonista Sherlock Holmes, pubblicati antecedentemente alla data del 1 Gennaio 1923, sono liberi da Copyright negli States. Diventano così di pubblico dominio. La letteratura del fururo presenterà un fiorire di adattamenti e rimandi a questo detective, mentre cadranno nell'oblio le storie di Joseph Petrosino, Ercole Poirot e Philip Marlowe? La sentenza della Corte americana è, solo un aneddoto, un fatto isolato in direzione opposta alla Direttiva europea sul copyright. Sarà apprezzato da coloro che su change.org stanno firmando la petizione "Stop the censorship-machinery! Save the Internet!", che, alla chiusura di questo articolo, ha totalizzato oltre cinque milioni di adesioni.
Segno tangibile del difficile momento che sta attraversando la libertà di informazione nella Rete globale.


Box n. 2:

by TLC Jonhson. "crypto-blockchain copy" (2018).
Public Domain. https://flic.kr/p/26y7zFR


Un Network Distributed Ledger per il copyright sostenibile


Aspetti organizzativi del Copyright in Rete
Sono diversi i problemi pratici che si dovrebbero affrontare per ottemperare agli obblighi derivanti dai diritti di copyright, per l'utilizzazione di dati, testi, immagini, filmati, presenti in Rete, soprattutto nel contesto degli articoli 3, 4, 15, della Direttiva Europea sul mercato unico digitale. Possiamo elencare i seguenti punti:
  • Spesso non è facile valutare a priori il costo di una determinata risorsa. È difficile procurarsi in poco tempo questa informazione. Bisogna avviare una specie di trattativa per determinare preventivamente l'effettivo impegno economico che in genere è relativo al tipo di uso che si intende fare del file in questione (stampa periodica, libri, utilizzazione in eventi, diffusione televisiva, diffusione in Rete).

  • Non è sempre chiaro a chi rivolgersi per i permessi di utilizzazione di una immagine o di un file sonoro (anche per i contenuti prodotti dagli Enti pubblici, tranne quelli evidentemente classificabili come "Open by default").
    Il problema è rilevante, perché spesso i potenziali utilizzatori sono piccole imprese, agenzie, professionisti senza illimitate disponibilità finanziarie, quindi sensibili alle anticipazioni ed alle farraginosità procedurali. Facilitare l'accesso ai contenuti coperti da copyright per questa miriade di acquirenti produrrebbe, nel suo insieme, significativi introiti per gli autori.
    Risulta altresì chiaro, che sarebbe comunque difficile agire in sede legale contro tutti gli indebiti utilizzatori, se non altro per la difficoltà di ottenere un risarcimento (e per la presunta limitata entità degli importi nei singoli casi). Questo problema affliggerebbe anche Enti ben organizzati come la SIAE - Società Italiana Autori Editori e simili. Sembra difficile che i recepimenti nazionali della Direttiva, possano affrontare in concreto questa problematica.

  • Il costo per l'utilizzazione di una risorsa coperta da copyright deve essere sostenuto prima che il suo impiego abbia prodotto un introito per l'utilizzatore. La fluidità ed eterogeneità dell'editoria digitale rende difficile ipotizzare a priori quali impieghi verranno effettivamente attivati e la loro entità. Inoltre, spesso l'utilizzazione in Rete non coinvolge grandi numeri (ad esempio per la specificità dell'ambito di interesse o la limitata comunità linguistica).
Queste ed altre incertezze, costi anticipati e problemi organizzativi, ostacolano la diffusa valorizzazione commerciale delle risorse informative in Rete e non ne promuovono l'uso per alimentare quel "brainstorming globale" di cui parlavamo in precedenza.
In questo modo non si favorisce l'utilizzazione creativa dei prodotti dell'ingegno e neppure l'equa remunerazione per autori ed editori.

La tecnologia Blockchain: Un'ipotesi di lavoro
I problemi posti dalla Direttiva sul Mercato digitale unico, come attualmente definito, dovrebbero essere affrontati utilizzando le tecnologie avanzate attualmente disponibili. Una soluzione potrebbe venire dall'applicazione della tecnologia Blockchain per risolvere l'interazione autore/fruitore (sulle caratteristiche strutturali della Blockchain e le applicazioni alla comunicazione scientifica abbiamo pubblicato un lavoro nel numero 108/2018 di SPVet.it),

Una Blockchain è un registro digitale che memorizza file di dati in modo sicuro senza un ente supervisore, in ambienti caratterizzati da "assenza di fiducia" o conoscenza fra le parti. Attraverso applicazioni di crittografia a chiave pubblica, si può gestire in sicurezza un thread documentale che non può essere modificato e che consente l'introduzione di ulteriori applicazioni software per la gestione dell'interazione in Rete.
Si tratta di uno strumento ancora allo stato di sviluppo e sul quale c'è una grande attenzione della comunità di studiosi dell'Internet.

Nel nostro caso, l'ipotesi è di consentire una libera utilizzazione delle risorse di Rete come immagini, filmati o file sonori.
I file verrebbero etichettati (metadati) e inglobati nelle ordinarie di un ledger distribuito, diventando elementi immutabili, tracciabili e univocamente reperibili in Rete sia sul piano qualitativo (presenza: dove si trovano) che quantitativo (diffusione: quanti ce ne sono).
A questo punto, uno "smart contract", unitamente ad altre applicazioni ancillari, si occuperebbero dell'esazione automatica del prezzo d'uso a favore dell'autore o dell'avente diritto; il che avverrebbe successivamente rispetto alla transazione commerciale che riguarda la risorsa in questione o il bene in cui è stata inserita.
Pertanto, le opere dell'ingegno, utilizzate per studio, diletto o altro, che non determinassero alcun valore monetario derivato da vendita, servizi o utilizzazioni a pagamento, sarebbero disponibili per chiunque a titolo non oneroso.
Il rischio d'impresa viene così condiviso fra autori ed editori (o utilizzatori delle opere dell'ingegno). Un po' come accade ora per le traduzioni di libri o monografie in molteplici lingue, utilizzando la piattaforma Babelcube.

Nel contesto attuale, l'organizzazione di un siffatto regime di "prelievi automatici differiti", dovrebbe affrontare problemi tecnologici ed organizzativi certamente rilevanti. Ad esempio, l'efficienza operativa e computazionale (come tempo e consumo energetico) del distributed ledger utilizzato, sarebbe la prima questione da considerare come critica.
Non dimentichiamo che Blockchain potenzialmente adatte a quest'uso, come Ethereum orientate agli smart contract, esistono con limitazioni (Ethereum ad esempio, consentirebbe, allo stato attuale, circa una ventina di transazioni al secondo, poche per una utilizzazione di questo tipo).

Questo è lo spazio di una nuova ricerca e nuove idee per organizzare interscambi sostenibili. Ne deriverebbe un Sistema somigliante, almeno in parte, al "Docuverso" del Progetto Xanadu di Theodor Holm Nelson. In questo, i contenuti legalmente citabili grazie al processo di transclusione genererebbero diritti commerciali (da qualcuno definiti "microcopyright"), oggettivamente esplicitati ed esigibili, con sistemi automatici, per tutta la produzione documentale (Ciappelloni, 2016).

La tecnologia Blockchain è attualmente di gran moda, soprattutto per il suo legame con le criptovalute. Si tratta di un tipico argomento da nerd informatici e se ne parla molto in ambiti diversi, anche se ciò non significa possa essere applicata alla risoluzione di qualsiasi problema. Anzi, attualmente (almeno al momento i cui si scrive questo articolo), bitcoin a parte, non sembrano esserci applicazioni di notevole rilievo e l'interesse è principalmente per il valore potenziale della tecnologia.
Ciò autorizza a immaginare l'impiego che abbiamo qui delineato, seppure un po' teorico, soprattutto sul versante smart contract.
La posta in gioco sarebbe rilevante. Nel nostro contesto l'impiego di Blockchain avrebbe il vantaggio di rendere il pagamento dei diritti di copyright certo e sostenibile per i "piccoli e medi" utilizzatori delle risorse (non solo multinazionali). Inoltre (qualcuno direbbe soprattutto) sarebbe automatico e non presupporrebbe più l'intervento di Enti terzi, rendendo trasparente (ab aeterno) l'intero processo. Varrebbe la pena di spendere energie e intelligenza in tal senso.


NOTA al Testo: La tecnologia Blockchain: Un'ipotesi di lavoro

Matteo Bonini
matteobonini11@gmail.com

Uno dei temi maggiormente trattati negli ultimi anni è quello relativo alla privacy. Relativamente a questo una delle innovazioni più pionieristiche è stata la blockchain e le sue relative applicazioni. Come viene fatto notare in questo articolo è attualmente possibile, ma tutt'altro che banale, implementare tramite smart contracts delle tecnologie tali da automatizzare il pagamento dei diritti di copyright nel momento in cui un cliente procede all'acquisto di un contenuto (indipendentemente dalla tipologia di questo).
In tale contesto questa è una grande opportunità che va però sfruttata adeguatamente: Una volta inserito un hash nella blockchain esso rimane immutabile e pubblico. Per questo motivo si può dare valenza legale alle Tale soluzione risulta essere economica (una volta creata la giusta infrastruttura) e la totale assenza da un ente centrale garantisce l'utente in tutto per tutto.
Per questo motivo trovo molto interessante quanto detto in questo editoriale come spinta alla ricerca di soluzioni pratiche per semplificare le soluzioni in tema di copyright.
Credo che tramite gli smart contracts sia possibile trovare una soluzione in tal senso: da una parte il metodo di pagamento automatico e decentralizzato risulta essere ottimale sotto molti aspetti, ma dall'altro risulta chiaro quanto questa tecnologia debba essere ben studiata per risolvere interamente le esigenze dell'intero mercato e non cadere nelle contraddizioni delle attuali soluzioni. Esistono problematiche in tutti i possibili approcci alla questione ma è evidente che, come siano stati date possibilità e tempo alle soluzioni classiche, ora vadano data altrettanta fiducia alle soluzioni innovative e, di conseguenza, alla blockchain.


Bibliografia

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Article13 - Rafforzare i creatori e proteggere gli utenti. https://www.article13.it/

Attivissimo P. (2019). Passa la direttiva UE sul copyright. E adesso? ZEUS News. https://www.zeusnews.it/n.php?c=27236

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Ciappelloni R. (2016). Ipertesti, World Wide Web, Xanadu e universo_documentale - Hypertexts, World Wide Web, Xanadu project and the Docuverse [Ver. 002]. Sanità Pubblica Veterinaria, Numero 99, Dicembre. http://spvet.it/archivio/numero-99/edi99.html

Commissione per l’accesso aperto - Università di Firenze (2018). La nuova direttiva UE sul copyright: un dibattito aperto. https://www.sba.unifi.it/Article996.html

Cory Doctorow (2018). The EU took the word "filters" out of the Copyright Directive, but it's still all about filters. https://boingboing.net/2018/11/30/depraved-indifference-to-free.html

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D.M. 10 agosto 2011, n. 168. "Regolamento concernente la definizione dei criteri di partecipazione di professori e ricercatori universitari a società aventi caratteristiche di spin off o start up universitari in attuazione di quanto previsto all'articolo 6, comma 9, della legge 30 dicembre 2010, n. 240. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 Ottobre 2011, n. 242.

Fazzini L. (2019). Direttiva europea sul copyright, la nuova versione in vista del voto definitivo. Altreconomia.it, 19 Febbraio 2019. https://altreconomia.it/direttiva-copyright-nuovo-testo/

Legge 30 dicembre 2010, n. 240. "Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonche' delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario". Gazzetta Ufficiale n. 10 del 14 Gennaio 2011 - Suppl. Ordinario n. 11

Maraglino Misciagna M. (2018). L'Italia non è ancora una startup nation e non basterà un fondo pubblico. Il Sole24Ore, 3 Ottobre. https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2018/10/03/italia-startup-fondo-pubblico/

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Redazione (2019). Copyright, le associazioni creative e culturali al Parlamento Ue: serve un internet equo e sostenibile per tutti. Adottare la direttiva. Prima mComunicazione Online. https://www.primaonline.it/2019/03/11/286144/copyright-le-associazioni-creative-e-culturali-al-parlamento-ue-serve-un-internet-equo-e-sostenibile-per-tutti-adottare-la-direttiva/

Redazione The Submarine (2018). La direttiva europea sul copyright potrebbe arenarsi, ma non per il motivo che pensate. https://thesubmarine.it/2018/12/17/la-direttiva-europea-sul-copyright-potrebbe-arenarsi-ma-non-per-il-motivo-che-pensate/

Reuters - Top German court delays YouTube illegal uploads case to seek EU opinion. Sep. 13, 2018, 6:37 AM. https://www.businessinsider.com/r-top-german-court-delays-youtube-illegal-uploads-case-to-seek-eu-opinion-2018-9?IR=T Scorza G. (2019). Il commento - Direttiva copyright, “Abbiamo perso tutti, ecco perché”. https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/direttiva-copyright-scorza-abbiamo-perso-tutti-ecco-perche/

Viola De Sando (2019). Copyright - appello dei settori culturali e creativi al Parlamento UE. Fasi 12 Marzo 2019. https://www.fasi.biz/it/notizie/novita/20084-copyright-appello-dei-settori-culturali-e-creativi-al-parlamento-ue.html

Viola De Sando (2019). Copyright - ok del Coreper ad accordo UE, ma Italia si oppone. Fasi 22 Febbraio 2019. https://www.fasi.biz/it/notizie/novita/19979-copyright-ok-del-coreper-ad-accordo-ue-ma-italia-si-oppone.html

Vita V. (2019): La direttiva sul copyright va all'inferno. https://ilmanifesto.it/la-direttiva-sul-copyright-va-allinferno/




OPEN REVIEW - Modulo per la "revisione aperta" di questo articolo, pubblicato sul numero 112/2019 di SPVet.it



Ciappelloni 2019 - La Direttiva Europea per il Digital Single Market, nel contesto dell'Open Science
Ciappelloni 2019 - Libertà citazionale e Direttiva UE sul Copyright nel mercato unico digitale (SPVet.it 112/2019)

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