Biblioteca Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche
Sanità Pubblica Veterinaria: Numero 97, Agosto 2016 [http://www.spvet.it/] ISSN 1592-1581
Documento reperibile all'indirizzo: http://spvet.it/indice-spv.html#edi97

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EDITORIALE:
L'aria che tira nelle biblioteche scientifiche
The current climate in the scientific libraries


[versione 1.3]

Raoul Ciappelloni





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Questo è un articolo aperto ed è accessibile all'indirizzo: [bit.ly/aria-che-tira].
I lettori sono invitati a commentare e aggiungere approfondimenti, note e considerazioni. Le aggiunte saranno pubblicate a loro nome (con menzione della data). Vi preghiamo di utilizzare la seguente citazione quando vi riferite, via email, a questo materiale:
"Ciappelloni R. (2016). L'aria che tira nelle biblioteche scientifiche". Spvet.it, n. 97
I contributi da aggiungere alla presente pubblicazione possono essere inviati utilizzando:


Commento di Gaetana Cognetti [27/06/2017]

Il problema del non riconoscimento della funzione delle Biblioteche e del Bibliotecario Biomedico è gravissimo in Italia ... [leggi].
Commento di Maria Luisa Marenzoni [05/07/2017]

Da utente posso dire che l’efficienza di molti servizi forniti online dalla biblioteca e che arrivano direttamente nella postazione della scrivania, sono preziosi e, rispetto al passato, in cui fisicamente bisognava andare a cercare, chiedere e aspettare, sono ben diversi. ... [leggi].
Commento di Pietro La Placa [06/07/2017]

Abbiamo bisogno di nuovi sistemi informativi, in costante evoluzione, che necessitano della collaborazione costante di personale con competenze informatiche per il loro continuo aggiornamento ... [leggi].


Che aria tira in Biblioteca? E non in una, ma in centinaia di Biblioteche scientifiche d'Italia? Aria buona? A sentire quello che "gira" nel corso di incontri, convegni e leggendo le messaggerie elettroniche si può dire che, spesso, non sia una bell'aria e non in senso atmosferico ma di situazione lavorativa generale.
A volte si naviga davvero a vista. Ci possono essere timori per l'autonomia delle funzioni, per la conservazione della struttura, delle apparecchiature e del personale.
Forma di disagio orizzontale e diffuso nelle library. Pare che molte di queste soffrano di un male, qualcosa che si potrebbe definire "depotenziamento silente".

Insomma, seppure ovviamente non in tutti i casi, capita di sentire un bibliotecario che riporta la percezione di una perdita di centralità di funzioni e ruoli. Come mai?
E' forse perché queste strutture sono oggetti complessi e poco conosciuti. Che cosa fa realmente una biblioteca scientifica?
Se lo chiedete, anche a funzionari e dirigenti di ricerca, avrete risposte che sembrano più tipiche della metà del secolo scorso che non nel terzo millennio:
In primo luogo si pensa che abbia, detenga prevalentemente dei libri, gestisca la loro conservazione e prestito. Poi che sia un luogo organizzato per un utente generico che lo frequenta con continuità. I bibliotecari sono tipi tranquilli che amano i libri, meglio se antichi, e gestiscono questi spazi. Sono personale sostanzialmente amministrativo che cura la contabilità relativa agli acquisti di monografie e riviste. Spesso, anche se si trovano in Enti scientifici, amano promuovere iniziative di lettura ad alta voce di opere letterarie nei modi prescritti. Insomma, roba così.

In parte ciò è vero e non c'è niente di male in tutte le attività citate. Ma le library scientifiche si sono nel tempo molto evolute e non fittano ormai più con questa descrizione. Sono diventate luoghi chimerici, alle prese con le esigenze di utenti diversissimi, adattati ad una diversa architettura dell'informazione che ormai attraversa velocemente la Rete globale ed ha tempi di produzione e fruizione incredibilmente più rapidi di quanto non avveniva con i libri distribuiti per posta.
Molti bibliotecari oggi si appassionano giustamente a questioni come la gestione e distribuzione dei libri in formato elettronico (eBook), la questione dei diritti d'uso digitale, argomenti che però rappresentano solo una parte di questa trasformazione che ha riguardato, più in profondità, la sostanza del materiale documentale trattato dalle biblioteche scientifiche. Questo è rappresentato prevalentemente da articoli, pubblicazioni a rapido turnover, più labili e specialistiche. Sembrano tessere di un mosaico che si forma in tempo reale e richiede agli studiosi di seguirne lo sviluppo passo passo. Non più alcuni (pochi) contributi fondamentali sui quali meditare per mesi o anni, ma un crepitio di fuochi d'artificio. "Vince" il gruppo di ricerca che per primo pubblicherà un articolo che riporta risultati determinanti superando le critiche (revisioni) dei colleghi, lo posizionerà nei canali editoriali adeguati facilitando la sua reperibilità e incassando un consenso citazionale adeguato.
I bibliotecari fin dai tempi di Eugene Garfield e del suo "Impact Factor", hanno custodito questa dinamica, dandole importanza e assicurando così la qualità della letteratura scientifica disponibile nelle biblioteche. Ma in alcuni la gestione di questo meccanismo tende ad incepparsi ed il lavoro diventa critico. Perché?

Una questione baricentrica
La questione è culturale e sta nella implicita negazione, da parte dei molti decisori istituzionali, del ruolo delle "biblioteca come baricentro", punto focale della ricerca, nodo vitale di un crocevia informativo che in ogni disciplina scientifica collega i dati pubblicati ai suoi avanzamenti.
L'altra parte risiede in un atteggiamento vagamente populista: ci si comporta come se la documentazione, addirittura scientifica, fosse "res nullius", qualcosa il cui accesso non è controllato da alcuno e che si trova ormai disponibile liberamente in Rete. Facile bottino, soprattutto se si è "nativi digitali". E' insomma una faccenda da giovani hackers e disponendo di una connessione ad Internet (acne e carattere introverso sono opzionali) chiunque dovrebbe potersi procurare le informazioni necessarie con qualche clic del mouse.

Considerando il valore di mercato delle pubblicazioni scientifiche, in mano a company editoriali multinazionali, bisogna essere un po' ingenui per credere a cose del genere. O semplicemente bisogna non aver mai avuto veramente bisogno di procurarsi attraverso la Rete una specifica letteratura, diversa dalla semplice "citazione" o "citazione di citazione" come in Google Scholar.
Ci vogliono invece ottime banche dati, sistemi che alimentano indici bibliometrici aggiornati e ottimi servizi di document delivery per localizzare, scegliere e trovarsi in mano gli articoli che servono per portare avanti la ricerca nei tempi e modi richiesti.
Tutto ciò implica capacità organizzative, possibilità di spesa, disponibilità di strutture dotate di apparati informatici non obsoleti e addetti piuttosto esperti.



Hurricane Katrina - Pass Christian Mississippi
Hurricane Katrina - Pass Christian Mississippi Library (USA, 2005) http://9-1-1.blogspot.it/
Creative Commons. Attribution-NoDerivs 3.0 United States (CC BY-ND 3.0 US)


Consideriamo attentamente le attività/capacità di un bibliotecario scientifico, fra cui ci sono certamente le seguenti:


Il successo nell'adeguamento è distruttivo?
Ma non solo. Nuove esigenze e prestazioni hanno contribuito a rimodellare lo spazio di biblioteca, i bibliotecari e le abitudini degli stessi utenti con conseguenze rilevanti di ordine gestionale ed organizzativo.
Se tale trasformazione non ha avuto successo o non è stata attuata, tutto è rimasto come prima. Se invece è avvenuto il contrario, cioè se la Library è stata capace di adeguarsi, il successo ha talvolta contribuito a degradarla, peggiorando il rapporto con i decisori istituzionali in quanto:

- se le biblioteche scientifiche hanno delocalizzato e virtualizzato i propri servizi, hanno fornito all'utenza accessi direttamente dai propri computer. Ciò ha portato gli utenti a non frequentare assiduamente i suoi spazi se non in alcuni momenti particolari (formazione, letture in biblioteca, esercitazioni, workshop). In biblioteca non vanno più molte persone continuativamente.
Per questo, si comincia a considerare inutile lo spazio che esse occupano, in alcuni casi pianificando un suo impiego alternativo.

- i servizi delle library sono ormai "trasparenti" per l'utente che spesso neppure si rende conto della complessità che sta dietro alle operazioni che compie assai semplicemente. Si tratta del risultato di un lavoro di cernita, predisposizione, organizzazione, che il bibliotecario ha fatto per proprio conto al fine di rendere possibili i servizi per la sua utenza. Il lavoro del bibliotecario è però scarsamente evidente.
Per questo, molti tendono a considerare il lavoro dei bibliotecari "poco importante", senza considerare questa dinamica e convincendosi che la Rete sia di per sé idonea a fornire *tutti* questi servizi in modo pressoché automatico (la frase è: su Google c'è tutto).

- per mantenere un vantaggio competitivo, l'utente deve essere continuamente sollecitato (formato/aggiornato) dai bibliotecari sull'evoluzione dei sistemi editoriali e delle politiche di accesso alle pubblicazioni, come pure essere edotto sulle questioni scientometriche e bibliometriche collegate al suo lavoro. Dopo tutto deve essere in grado di pianificare la sua pubblicazione, scegliere l'editore più adatto, garantirsi l'impatto elevato, evitare di diffondere materiale vincolato da copyright, collegarsi alla comunità scientifica internazionale con strumenti adeguati.
L'importanza di formare il bibliotecario è alta ed ha riflessi immediati sulla qualità dell'offerta informativa, ma chi non fa ricerca attiva, normalmente, non se ne rende conto.
Molti decisori istituzionali hanno pertanto cominciato a considerare il rapporto con i bibliotecari di scarso rilievo, senza considerare l'utilità di investire sistematicamente nella loro preparazione e nella dotazione informatica.

Sia detto per inciso, la biblioteca è spesso l'unico spazio "pubblico" di un Ente, in grado di ospitare utenti esterni e interni per periodi di accomodamento e studio. Sono motivi di convenienza spicciola (ad esempio carenza di uffici, penuria di personale), per i quali spesso si tende a servirsi in modo alternativo di queste superfici, attrezzature, operatori.
Insomma non si considera "strategico" tale spazio, il necessario complemento funzionale, finanche estetico, per la ricerca.
Occorre ricordare che questa è sempre un'attività di relazione con l'esterno e necessita di luoghi adeguati, mentre una teoria monotona di uffici, sia pure di rappresentanza, non sarà mai un buon biglietto da visita per un Ente di ricerca.

Conclusioni
In questo editoriale, abbiamo cercato di fornire (provocatoriamente) alcuni spunti di riflessione sulla situazione attuale di molte library scientifiche, spunti che vorrebbero avviare una discussione sulla necessità di promuoverle e potenziarne le funzioni per garantirne integrità ed efficacia.
Sono il frutto di osservazioni raccolte dallo scrivente nel corso di incontri con altri operatori delle biblioteche pubbliche e private. Elenco di questioni irrisolte, forse non obiettivo e neppure completo, ma che rappresenta una parte della realtà operativa di questo settore, oggi.
Si omette l'autocritica. Spesso i bibliotecari sono soggetti difficili da approcciare, tendono ad andare per conto loro e a volte non hanno coscienza del proprio ruolo. Spesso non cercano in tutti i modi di mantenere aperto il contatto decisivo con gli utenti che solo garantirebbe la migliore condivisione e comunicazione dei problemi citati nei rapporti con gli organi gestionali istituzionali.

È necessario saperne di più.
Per questo sarebbe interessante che proprio loro, i bibliotecari, si prestassero ad una consultazione informale e qualitativa sulle questioni delineate, attraverso un questionario sull' "Aria che tira in Biblioteca".

Questi operatori come si vedono? Come si sentono considerati? Quanto ritengono di essere compresi e promossi nell'ambiente istituzionale in cui operano?
Ne uscirebbe un quadro variegato e interessante del settore, che avvalorerebbe o magari smentirebbe ciò che è stato detto in questo articolo.
Le library scientifiche sono ancora un formidabile strumento di sostegno per qualsiasi attività di ricerca e strategicamente al centro di tutte le questioni più importanti basate sulle informazioni; dall'applicazione di tecnologie avanzate, ai brevetti per il rilancio dell'impresa.

Le biblioteche dovrebbero essere trattate come servizi d'élite, il meglio che un Ente scientifico si può permettere e mettere in campo per offrire le informazioni di valore (quelle avanzate, validate, aggiornate) ad utenti dalle esigenze particolari: ricercatori, professionisti, studiosi, docenti e studenti.





SULL'EDITORIALE APERTO: L'aria che tira nelle biblioteche scientifiche - SPVet.it n.97/2016


Commento di Gaetana Cognetti (gaetanacognetti1@gmail.com)
Presidente Associazione Bibliotecari Documentalisti Sanità


Il problema del non riconoscimento della funzione delle Biblioteche e del Bibliotecario Biomedico è gravissimo in Italia, laddove questa professione, in altri paesi ed in particolare in quelli anglosassoni, è il perno intorno a cui ruotano tutti i processi che coinvolgono la sanità elettronica: dalla medicina basata sulle prove scientifiche, al fascicolo sanitario elettronico, ai portale e basi dati di qualità per professionisti della salute e cittadini, alla gestione dei dati della ricerca e alle iniziative di accesso aperto alle informazioni.

Ma senza una forte associazione professionale che lavori per il riconoscimento delle funzioni delle biblioteche e dei bibliotecari nel SSN non si potrà arrivare, in mancanza di qualsiasi rappresentanza nelle sedi ove occorre essere presenti, a far emergere l'importanza del ruolo bibliotecario.
Forse oggi i tempi sono più maturi. Uno dei segnali è che alcuni ordini e federazioni di infermieri e medici (IPASVI, FNOMcEO...) stanno creando biblioteche virtuali sottoscrivendo basi dati e riviste elettroniche. Vi è soprattutto in tal caso il problema della formazione per un adeguato utilizzo delle risorse ma anche per la valutazione delle stesse in fase di acquisizione. Occorre mettere in rete le esperienze tante già esistenti, ad esempio le numerose biblioteche per i pazienti che operano in Italia, attualmente disperse, come monadi, senza alcun collegamento.

Occorrerebbe rilanciare lo strumento associativo rendendolo, come l' EAHIL (European Association for Health Information and Libraries) gratuito per le sottoscrizioni dei soci, ma sviluppando servizi a pagamento per i nostri utenti (es. corsi di formazione) e utilizzando le sponsorizzazioni per poter avere i necessari finanziamenti.
L' associazione potrebbe anche costituire una sorta di lobby gli amici dell' associazione (utenti, ricercatori, clinici, società scientifiche) che potrebbero dare un sostegno tangibile alle iniziative. C'è bisogno di più unione e collaborazione per superare l'angusto limite delle singole esperienze di lavoro e lavorare insieme. Questa per me è l'unica risposta che si può dare alle problematiche del riconoscimento.
L' Associazione che presiedo è disponibile a ricevere gli apporti di tutti i bibliotecari di buona volontà per intraprendere di nuovo il cammino e rilanciare le iniziative. Personalmente lavoro da sempre per la dignità della nostra professione che costituisce la crema di tutte le professioni e vorrei nei miei ultimi anni prima della pensione avere la soddisfazione di vedere giovani bibliotecari che prendano il testimone e lo portino avanti.


Commento di Maria Luisa Marenzoni (marialuisa.marenzoni@unipg.it)
Utente di biblioteche scientifiche e ricercatrice universitaria


Da utente posso dire che l’efficienza di molti servizi forniti online dalla biblioteca e che arrivano direttamente nella postazione della scrivania, sono preziosi e, rispetto al passato, in cui fisicamente bisognava andare a cercare, chiedere e aspettare, sono ben diversi. Questo ha fatto guadagnare a tutti tempo, preziosissimo, che possiamo impiegare per fare altro. Probabilmente questa efficienza è causa del suo stesso male perché abbiamo perso di vista il lavoro che c’è dietro. Infatti probabilmente possiamo beneficiare di tutto questo perché comunque c’è dietro un lavoro che noi utenti non vediamo più e perciò ce ne scordiamo. Eppure è la stessa differenza che c’è tra ordine e disordine, trovare e non trovare un libro.

Venti anni fa andavi a vedere in biblioteca che libri esistevano su un argomento e a volte con uno specifico libro, a volte consigliato dal bibliotecario, riuscivi a capire un argomento difficile. Adesso lo puoi vedere su internet, ma forse provi più di una strada prima di capire qual è il libro più utile al tuo scopo. Noi utenti su questo siamo diventati più pigri e fatichiamo ad avere contatti reali con la biblioteca perché alla fine facciamo tutto comodamente dalla scrivania. Eppure un consiglio esperto, qualora ci sia, è sempre prezioso. Se trovassi chi ti dice cosa conviene leggere e in che ordine, a volte sarebbe molto utile.

Nondimeno nelle biblioteche c’è ancora un patrimonio poco usato. Mi è capitato di dover consultare un articolo degli anni ’60 che descriveva un’epidemia umana da Coxiella burnetii dell’epoca: non esisteva in pdf, ma una bibliotecaria di volontà me lo ha cercato e con mio stupore ho scoperto che era uno studio molto accurato e informativo, che indagava e documentava l’epidemia e la sua origine in numerose specie animali utilizzando i metodi di isolamento e sierologici disponibili all’epoca e che sono ancora oggi però i golden test della diagnosi per quella malattia.
Insomma, esiste un patrimonio scientifico nelle biblioteche di cui ci siamo scordati perchè sicuramente riteniamo migliori le cose più nuove. Ma questo non è detto! Nel settore delle malattie infettive studi vecchi, che si trovano solo in biblioteche, significano infezioni sperimentali, spesso fatte su numerose specie, e che oggi sono impossibili e impensabili da effettuare con le strutture e le leggi vigenti. Danno enormi informazioni su spettro d’ospite, aspetti patogenetici, etc. e sono ancora validissimi.

Non so che aria tira nelle biblioteche, ma ogni tanto scopri che da un giorno all’altro manca un pezzo che prima c’era: meno persone nel servizio ... forse servono per fare altro; meno servizi, forse non necessari. Da utente esterno non so cosa succede dentro e ancora non percepisco un eventuale disservizio, ma la mia paura è che poi, a un certo punto, all’improvviso, faremo “clic” dalla scrivania e o non accadrà più nulla (e in tal caso ce ne accorgeremo) o reperiremo informazioni poco attinenti e veritiere perché gli articoli non sono più classificati in maniera corretta: il problema di quest’ultima parte è che potremmo non accorgerci di questo, pensando che le informazioni arrivate siano giuste, con tutte le conseguenze che questo potrà avere.



Commento di Pietro la Placa (pietro.laplaca@izssicilia.it)
Responsabile Servizio Editoria e Biblioteca - Direzione Sanitaria Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia "A.Mirri"


Abbiamo bisogno di nuovi sistemi informativi, in costante evoluzione, che necessitano della collaborazione costante di personale con buone competenze informatiche, in continuo aggiornamento e che siano in grado di fornire indicatori utili alla direzione strategica su svariati ambiti. Una sorta di "controllo di gestione" su spesa / risultati della ricerca / analisi dei fabbisogni. Tutto ciò non è semplice da realizzare se le risorse sono scarse. Personalmente sono convinto che per non morire le biblioteche vanno ripensate come luoghi fisici in cui realizzare forme di co-working attivo.

Il personale ivi presente dovrebbe avere non solo le competenze congiunte di un Bibliotecario, di un Informatico, di uno Statistico e di un Esperto della comunicazione 2.0, ma far si che queste possano integrarsi senza troppa burocrazia nelle strutture organizzative (magari con percorsi preferenziali) alle quali ci si appoggia. Quali dovrebbero essere queste strutture è difficile dire a priori (CED? Uffici Statistici? Ricerca? Formazione? Staff Direzionale ed altre) come pure indicare i servizi di riferimento (Ricercatori ? Amministrazione ? Controllo di gestione ?).

Di fatto il bibliotecario si può anche adeguare al cambiamento, ma per evitare l'autodistruzione l'intera struttura organizzativa/funzionale dovrebbe essere in grado di ricavare il "massimo" dalle competenze dei nuovi ricercatori (spesso però neanche i ricercatori hanno questa consapevolezza) e noi facciamo fatica a comunicare con loro, poiché sono sommersi da un "overload" informativo. E' vero, c'e' una sorta di tendenza alla semplificazione estrema: Google IT! ....è la soluzione? ...Io non credo. Il Bibliotecaro puo' e deve ancora incidere su questa situazione, soprattutto rivestendo un ruolo di "facilitatore" per quanto riguarda l'accesso alle informazioni.
La propulsione al cambiamento dovrebbe però venire dai ricercatori stessi, e dalle strutture che intendono utilizzare al massimo le risorse e le competenze dei bibliotecari (Accolte e promosse dagli Staff Direzionali ?).

Di fatto i migliori servizi bibliotecari vengono erogati da quelle strutture che pretendono dai ricercatori risposte puntuali, qualificate, spesso legate al conseguimento di obiettivi qualificanti per l'Ente.
Queste strutture trovano nella biblioteca e nei bibliotecari un valido aiuto per il raggiungimento dei risultati. Sostanzialmente il bibliotecario vive di luce riflessa dell'attività dei ricercatori. E se la biblioteca è di scarso rilievo, anche le pubblicazioni ed i risultati conseguiti lo saranno lo saranno ! (sarebbe Interessante poter studiare questo fattore di correlazione). Infine ci vogliono gli incentivi, il personale adeguatamente formato ed altro ancora.


- altri commenti possono essere inviati all'indirizzo: redazione-spvet@izsum.it
o utilizzando il modulo per l'Open Peer Review riportato di seguito -




OPEN REVIEW - Modulo per la "revisione aperta" di questo articolo, pubblicato sul numero 97/2016 di SPVet.it



R. Ciappelloni. L'aria che tira nelle biblioteche scientifiche. (SPVet.it 97/2016)
R. Ciappelloni. L'aria che tira nelle biblioteche scientifiche. (SPVet.it 97/2016)


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