Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche
Webzine Sanità Pubblica Veterinaria: Numero 34, gennaio-febbraio 2006 [http://www.izsum.it/webzine.html]
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Monografia: Il latte di asina e cavalla come risorsa alimentare alternativa


Ponzo F.


INTRODUZIONE

Negli ultimi anni si è osservato in Italia, un interesse per latte di specie diverse da quelle generalmente considerate lattifere (bovina, ovicaprina). Questo è dovuto sia ad un desiderio di tutelare le biodiversità (Chiofalo et al. 2004b), sia ad esigenze terapeutiche. Si verificano sempre più frequentemente, infatti, allergie o intolleranze alle componenti del latte vaccino, che richiedono l'utilizzo di latte alternativo.
In questo lavoro si parte da una panoramica sull'allergia e l'intolleranza alle componenti del latte vaccino, per analizzare in seguito, più approfonditamente, i tipi di latte che vengono utilizzati alternativamente, con particolare attenzione rivolta al latte di asina e di cavalla.
Si confronteranno le caratteristiche compositive del latte asinino a cavallino, con i più tradizionali latte vaccino e ovicaprino, senza trascurare, ovviamente, il latte materno.
Andremo poi ad analizzare le modalità di allevamento di asini e cavalli utilizzati per la produzione di latte per il consumo umano, soprattutto pediatrico e geriatrico (Chiofalo 2001).
Si farà quindi cenno alla legislatura riguardante le modalità di produzione e di commercializzazione di latte prodotto da animali non usati convenzionalmente a questo scopo.
Per concludere visioneremo un progetto italiano che ha come obiettivo la valorizzazione del latte di specie minori, con una maggiore attenzione, da parte nostra, ai risultati ottenuti nell'ambito del latte equino.

1. ALLERGIA E INTOLLERANZA ALLE COMPONENTI DEL LATTE VACCINO

Secondo i dati ufficiali, circa il 6-7% dei bambini italiani soffre di qualche forma allergica legata all'alimentazione, rispetto al 2% degli adulti.
I dati epidemiologici indicano che circa il 70-80% delle allergie alimentari infantili riguardano il latte e i prodotti da esso derivati. Secondo gli esperti il motivo di questa elevata incidenza delle allergie al latte è da cercare nella precocità dello svezzamento, e soprattutto nella troppo precoce somministrazione di latte vaccino al neonato.
Le allergie alimentari sono reazioni nelle quali è possibile documentare il coinvolgimento del sistema immunitario, mediato da IgE e da anticorpi di altro tipo (IgG) (Vertua). Uno dei fattori da cui dipendono le allergie è la precocità del consumo, il latte vaccino è, effettivamente, il primo alimento estraneo con cui il bambino viene alimentato.
Gli allergeni sono molto stabili ai trattamenti, resistono alla cottura e ai trattamenti tecnologici. Solo un'idrolisi molto spinta delle proteine sembra ridurre l'incidenza delle reazioni allergiche. Un altro aspetto degli allergeni da non trascurare, è la cross-reattività: è possibile che un allergene mai assunto in precedenza provochi reazioni in un soggetto allergico a proteine con struttura analoga o simile. Generalmente i soggetti allergici alle proteine del latte vaccino hanno problemi anche con latte di specie differenti (Il modo del latte 2005).
Per intolleranza alimentare si intende invece una condizione in cui non è possibile dimostrare un meccanismo patogenetico di tipo immunologico (Vertua).


L'allergia alle proteine del latte vaccino (APLV) è una patologia abbastanza frequente in età pediatrica. Secondo alcuni studi circa il 1.9-2.5% dei bambini di età inferiore ad 1 anno presenta questa patologia (Calvani). In realtà la patologia è sospettata più frequentemente: in uno studio svoltosi in Finlandia su 6209, la APLV è stata sospettata in circa il 10% dei bambini nel primo anno di vita, anche se dopo rigorosi test diagnostici ne è risultato realmente affetto solo l'1.9% (Saarinen et al. 2000). La causa dei frequenti sospetti è dovuta alla molteplicità dei quadri clinici: disturbi gastrointestinali, cutanei, respiratori, sistemici (Calvani).
I casi con manifestazioni gastrointestinali sono quelli a prognosi migliore e di solito raggiungono la tolleranza dopo l'anno di vita. Al contrario i casi con manifestazioni extraintestinali e/o IgE mediati, tendono rimanere intolleranti più a lungo, e in alcuni casi fino all'età adulta (Vertua).
Nei soggetti in cui questa condizione rimane attiva fino ai 3-4 anni l'IPLV (intolleranza proteine latte vaccino), rappresenta nel 10% dei casi l'esordio di uno stato di poli-intolleranza-alimentare (PA).
L'intensità e il numero dei sintomi è variabile nel tempo, non solo da soggetto a soggetto, ma anche nel singolo paziente (Iacono).

La diagnosi non è semplice; l'iter diagnostico consiste in due fasi: 1) dieta di eliminazione, 2) test di scatenamento.
La dieta d'eliminazione prevede la completa eliminazione, nella dieta del bambino, di proteine del latte vaccino. A questo fine possono essere utilizzati latte altamente idrolizzato o latte di soia. Sono sconsigliati, in questa fase, il latte HA, parzialmente idrolizzato, e il latte di capra, le cui caseine presentano una elevata omologia (>90%) con quelle del latte vaccino (Calvani).

Un'altra alternativa sarebbe rappresentata dal latte materno che però in Italia non è in commercio (convegno sul latte d'asina 2003).

Il latte sostitutivo dovrebbe avere le seguenti caratteristiche: Il trattamento può presentare una serie di effetti collaterali: scarsa compliance per il gusto poco gradito, costi gestionali elevati, pericolo di manifestazioni allergiche subentranti verso altri alimenti (Iacono).
Per questi motivi sono stati sperimentati trattamenti alternativi.

Alcuni autori hanno studiato la possibilità di usare latte di altri mammiferi, quali bufala, capra, pecora, cavalla, asina e cammella. I primi tre non sono utilizzabili in quanto le proteine in essi contenute sono molto simili al latte vaccino, inoltre il latte di pecora e capra è squilibrato da un punto di vista nutrizionale. I primi dati sul latte di cavalla e cammella sono interessanti ma in Italia vi sono difficoltà di approvvigionamento (Monti).
Per quanto riguarda il latte d'asina, invece,si è tentato il suo utilizzo a scopo terapeutico, con discreto successo. L'utilizzo di latte d'asina a scopo terapeutico è stato ostacolato da alcuni fattori: difficoltà a reperire l'alimento, garantirne la continuità d'erogazione, riluttanza all'uso da parte dei genitori, eventuale rifiuto da parte dei bambini per scarsa palabilità, rischio medico legale legato alla somministrazione di dieto-terapia non convenzionale, potenziale rischio infettivo legato alla dubbia igiene dell'alimento proveniente da animali non controllati per l'alimentazione umana. Superati questi ostacoli, i primi tentativi sono stati coronati da successo ed hanno dimostrato che il latte d'asina è un alimento sicuro nel trattamento delle PA e garantisce curve di crescita sovrapponibili a quelle che si possono raggiungere con altre formule presenti in commercio (Iacono).

Il latte d'asina è quello più simile a quello materno, dal punto di vista organolettico e per il contenuto in proteine, simili da un punto di vista quali-quantitativo. (convegno sul latte d'asina 2003).
La somiglianza di composizione e organolettica del latte asinino con quello materno, lo rende alimento d'elezione nei bambini con allergie alimentari nei primi mesi di vita, e allo stesso tempo permette al neonato di formare un normale e completo sistema immunitario (Chiarelli 2001).
Quindi la conoscenza degli aspetti quantitativi e qualitativi del latte d'asina potrebbe rivestire un ruolo pratico ed economico nell'alimentazione umana (per uso pediatrico e/o geriatrico) (Chiofalo B. 2001).
Nel maggio 2003 ha avuto inizio uno studio, condotto dai medici dell'Ambulatorio Allergie Alimentari dell'OIRM, in collaborazione con l'Istituto di Scienze delle Produzioni alimentari del Consiglio nazionale delle Ricerche (responsabile dr.Conti), che ha finora visto coinvolti 46 bambini allergici al latte bovino, di età compresa tra i 12 mesi e i 12 anni, con un'età media di 2 anni. Tutti i bambini erano affetti da allergia a più di un alimento.

Il latte d'asina è stato tollerato da 38 bambini (82.6%), che continuano ad assumerlo senza presentare sintomi clinici (Monti).

2. Il latte di asina e cavalla: confronto qualitativo con il latte umano, vaccino, ovino e caprino. Partendo dalla composizione del latte materno, si riporta una panoramica sulle caratteristiche compositive del latte di diverse specie animali, ponendo particolare attenzione alla composizione del latte asinino e cavallino.





LATTE DI ASINA

Analizziamo ora le principali caratteristiche compositive del latte d'asina.

Da diversi studi è stato messo in evidenza il contenuto in acidi grassi del latte d'asina.
Chiofalo et al.2004b, ha ottenuto i seguenti risultati: Tra gli acidi grassi saturi il più abbondante sembra essere il palmitico (C16:0, da 22.64 a 26.54% durante la lattazione), in concentrazioni modeste si ha il miristico (C14:0, da 5.08 a 6.12 %) e lo stearico (C18:0, da 2.41 a 3.11 %) (Chiofalo et al. 2004b).

Questi dati confermano in parte quelli ottenuti da Chiofalo et al. 2003, nei quali il palmitico ha concentrazioni lievemente minori (11.47%), il miristico rimane invariato (5.77%), lo stearico inferiore (1.12%) (Chiofalo et al. 2003). Nell'arco della lattazione si hanno variazioni significative (P<0,05 e P<0,01) per il caprilico (C8:0) e il caprinico (C10:0) (Chiofalo et al. 2004b).

Tra gli acidi grassi monoinsaturi il più rappresentato è l'oleico (C18:1ω9, da 24.37 a 27.49 % nell'arco della lattazione), in quantità più ridotta si ha il palmitoleico (C16:1ω7, da 4.12 a 5.02%) (Chiofalo et al. 2004b). In questo caso i risultati si allontanano da quelli ottenuti precedentemente, soprattutto per quanto riguarda l'oleico (9.65%), ma anche per il palmitoleico (2.37%) (Chiofalo et al. 2003).
Tra gli acidi grassi polinsaturi, PUFA (Polynsaturated Fatty Acids), i più abbondanti sono il linoleico (da 6.90 a 11.09% nel corso della lattazione) e il linolenico (C18:3ω3, da 5.29 a 7.20%). Sono presenti tracce di eicosapentaenoico (C20:5ω3, da 0.19 a 0.31%) e di docosaesaenoico (C22:6ω3, da 0.16 a 0.26%) (Chiofalo et al.2004b).
Rispetto a questi dati, quelli ottenuti nello studio precedente sono simili, per il linoleico (8.15%) e il linolenico (6.32%). (Chiofalo et al. 2003).

I polinsaturi hanno mostrato variazioni durante la lattazione soprattutto tra il IV e il V mese, a carico dei PUFA della serie ω6.
Il rapporto tra acidi grassi polinsaturi della serie ω3 e della serie ω6 (da 0.63 a 0.93) è simile a quello della cavalla, per entrambe maggiore che nei ruminanti e nella donna.

Il rapporto tra acidi grassi insaturi e saturi, UFA/SFA, è nell'asina (da 1.15 a 1.26) inferiore a quello della giumenta e della donna, ma superiore a quello dei ruminanti (Chiofalo et al. 2004b).
Il valore si allontana da quello riportato precedentemente (0.48) da Chiofalo et al. 2003.

Alcuni parametri chimico-fisici, e le loro variazioni nell'arco della giornata e/o della lattazione, sono stati messi in evidenza mediante studi pubblicati da Chiofalo et al. 2004.






La concentrazione di lattosio, proteine e lipidi è sovrapponibile a quella della cavalla. L'apporto calorico è minore che nelle altre specie e nella donna. La concentrazione azotata media è prossima al tenore proteico del latte di donna e di quello equino (Chiofalo et al. 2004a, Salimei et al.). Il latte d'asina è, inoltre, molto ricco di lisozima che rende il prodotto meno deperibile del latte vaccino (cnr). Il rapporto calcio-fosforo, pari a 1.48, risulta intermedio tra quello del latte umano e quello vaccino. Il tenore in caseine e sieroproteine è simile a quello umano. Inoltre il latte materno e quello d'asina, sono simili per quanto riguarda il basso carico renale di soluti (proteine e sostanze inorganiche) (Monti). Attraverso ulteriori studi si sono ottenuti: residuo secco,proteine, lattosio, grasso, ceneri, Ca, P, Na, K, Mg, componenti azotate. Inoltre sono stati valutati, come indicatori dell'igiene del latte, la conta della cellule somatiche e la conta della carica microbica (Salimei et al.).





Inoltre sono stati evidenziati un tenore medio in cellule somatiche pari a 5000 cellule/ml e una conta batterica totale media pari a 31.500 UFC/ml (il limite massimo accettato per la commercializzazione del latte vaccino è 400000 cellule somatiche/ml e 100000 UFC/ml) (Salimei et al.).

LATTE DI CAVALLA

Il contenuto in acidi grassi del latte di cavalla, è stato messo in evidenza studi diversi. Tra gli acidi grassi saturi il più abbondante sembra essere il palmitico (C16:0, 27.95%), il quale ha una variabilità del 30%. Meno abbondanti risultano il caprinico (C10:0, 8.77%), il laurico (C12:0, 9.84%) e il miristico (C14:0, 9.62%) (Mariani et al.).

Questi dati sono simili a quelli ottenuti da Malacarne et al., che riportano per C16:0 il 23.8%, per C10:0 l'8.6%, per C12:0 il 9.3% (Malacarne et al.2002).
Tra gli acidi grassi monoinsaturi il più rappresentato è l'oleico (21.11%), con variabilità del 10%. In quantità più ridotta si ha il palmitoleico (5.35%) (Mariani et al.).
Tra gli acidi grassi polinsaturi, i più abbondanti sono il linoleico (7.44%) e il linolenico (5.62%), con variabilità rispettivamente di 48% e 44% (Mariani et al.).

Gli acidi grassi insaturi sono circa il 40% del totale, per 2/3 monoinsaturi e per 1/3 polinsaturi (Mariani et al.). Gli acidi grassi insaturi subiscono una variazione, tra la prima e la seconda metà del primo mese di lattazione, dal 38.59% al 40.68%.
I polinsaturi presentano una percentuale nella prima fase (11.77%), inferiore rispetto alla seconda parte del mese (14.68%) (Mariani et al.).

Dal precedente studio sono stati messi in evidenza anche alcuni parametri chimico-fisici (Mariani et al.).



Da uno studio diverso, sono state messe in evidenza le variazioni di alcuni parametri chimico-fisici durante la lattazione (Summer et al.).



La tabella dimostra che le variazioni più significative nel latte di cavalla, avvengono nelle fasi iniziali della lattazione (Summer et al.). Attraverso un ulteriore studio effettuato su campioni di latte provenienti da cavalle di razze diverse, si sono ottenuti i valori medi di micro e macroelementi (Martuzzi et al.) e le loro variazioni nell'arco della lattazione. (Martuzzi et al. 1997).





Inoltre sono stati evidenziati un tenore medio in cellule somatiche pari a 4440 cellule/ml nel latte di cavalle di razza Bardigiano e 4356 cellule/ml nel latte di cavalle di razza Sella Italiano (Martuzzi et al.).
Un ulteriore studio ha messo in evidenza la variabilità dell'indice caseina durante la lattazione. Durante i 5 mesi di lattazione si è osservato un calo nelle tre variabili, 47.75% per l'azoto caseinico (CN), 42.69% per l'azoto totale (TN) e 5% per l'indice caseina.

Il calo di CN è stato minore del calo di TN tra il primo periodo di lattazione (dal 3° al 15° giorno)e il secondo (dal 16° al 30° giorno). I risultati evidenziano un calo nell'indice caseinico fra il 3° e il 150° giorno, soprattutto tra il primo e il secondo periodo di lattazione (Formaggioni et al.).
Mediante HPLC in fase inversa è stata studiata la ripartizione delle principali caseine del latte di cavalla. I tracciati risultano caratterizzati da due picchi principali e un certo numero di picchi minori. L'area del picco II occupa circa il 45.4% dell'area totale, il picco I circa il 40.2% dell'area totale (Malacarne et al. 2000).

3. CRITERI DI PRODUZIONE E GESTIONE DEGLI ALLEVAMENTI DI ASINI E CAVALLI DA LATTE.

Le indagini zootecniche finora svolte sulle condizioni di allevamento per ottenere una efficace attività produttiva, per quanto riguarda gli equidi da latte, non hanno ancora fornito delle risposte esaustive, che prendano in considerazione anche le eventuali diversificazioni aziendali.
Numerose sono le aziende sorte di recente, impegnate nell'allevamento di asine da latte, mentre risulta più difficile reperire informazioni, nel web, riguardo gli allevamenti di cavalle produttrici di latte per il consumo umano.
Il latte d'asina non è attualmente reperibile nella grande distribuzione, a differenza di quanto avviene per il latte di capra. Degli allevamenti presenti in Italia, alcuni hanno un esiguo numero di capi, circa una trentina, ad eccezione di un unico allevamento che ne ha 400 (Monti).

Per un ciclo medio di circa 30 litri al giorno di latte, è necessario possedere almeno 100 capi di bestiame (asine), di cui 70 in piena attività produttiva e riproduttiva. Il latte d'asina può essere venduto soltanto fresco, in base alla vigente costituzione (Convegno sul latte d'asina).
A questi fini è stato istituito il Consorzio "Latte d'asina".
Si tratta di un consorzio nazionale tra aziende, che consenta alle partecipanti, di raggiungere livelli di produzione economicamente accettabili e di garantire al consumatore la qualità del prodotto.
La lavorazione del prodotto avviene presso presidi territoriali, per la successiva distribuzione presso farmacie ed ospedali. In questo modo è possibile garantire la qualità del prodotto tramite un marchio di qualità del consorzio e si dà la possibilità ai piccoli produttori di partecipare con la propria quota di latte (Convegno sul latte d'asina).

Dopo la mungitura meccanica, il latte d'asina è sottoposto a filtrazione e raffreddamento a temperature comprese tra 0° e 4° C, per evitare sue alterazioni e deterioramento.
Dopo il raffreddamento il latte è conservato in refrigerazione fino alla vendita. Non sono effettuati trattamenti con il calore, si tratta quindi con il latte crudo che va conservato tra 0° e 4° C fino al momento del suo utilizzo. Prima del suo utilizzo il latte va riscaldato a fuoco lento, fino a raggiungere una temperatura di 70° C per almeno 2 minuti (o combinazioni temperatura/tempo equivalenti). (www.lattedimammaasina.it/latte_asina.php?page=utilizzo). Si consiglia di non raggiungere temperature eccessive che possano impoverire il latte di alcuni principi nutritivi come vitamine, o alterare la struttura delle proteine. Il latte crudo dura 5 giorni dal riferimento del confezionamento.

Gli impianti di mungitura devono avere i requisiti necessari a garantire l'igiene della mungitura, tramite mungitrice automatica e imbottigliamento automatico in ambiente sterile. Anche il personale addetto alla mungitura deve avere idoneità sanitaria ed essere periodicamente formato circa le modalità igieniche della mungitura. Gli animali destinati alla produzione di latte sono controllati mediante esami veterinari e sottoposti ad esame sierologico per la brucellosi. La ASL effettua dei controlli periodici per quanto riguarda produzione, imbottigliamento e assenza di carica batterica (www.lattedimammaasina.it/latte_asina.php?page=ospedale_s_anna).

Si possono avere problemi di mungitura, poichè l'asina consente questa operazione (manuale o meccanica) solamente in presenza del puledro. Va inoltre ricordato che la capacità della mammella dell'asina è piuttosto scarsa (produzione giornaliera di circa 2 l) (Monti).

Alcune informazioni circa l'alimentazione di asine e cavalle da latte possono essere estrapolate da articoli riguardanti studi effettuati sulle caratteristiche qualitative del latte dei suddetti animali.
Le asine utilizzate in studi pubblicati da Salimei et al, Chiofalo et al. 2001, Chiofalo et al. 2004b, sono state alimentate con 10 Kg di fieno polifita e 2.5 Kg di concentrato, mentre quelle impiegate negli studi pubblicati da Chiofalo et al. 2004a, avevano a disposizione un'area confinata di circa 3000m2 e ricevevano un'integrazione di 2 Kg di mangime(Chiofalo et al. 2001, Chiofalo et al. 2004a, Chiofalo et al. 2004b, Salimei et al.)
Alcuni autori, affermano che in diversi studi effettuati su cavalle di razza Hafkinger e/o Sella Italiano e/o Bardigiano, queste sono state alimentate con fieno, prevalentemente di prato stabile, ed erba medica ad libitum. Inoltre l'alimentazione delle cavalle di razza Haflinger è stata completata con 0.5-2.5 Kg di concentrato, quella delle cavalle Sella Italiano con 2-4 Kg di concentrato. (Formaggioni et al.; Summer et al.; Mariani et al.; Martuzzi et al.).

4. PROSPETTIVE DI IMPIEGO E DIFFUSIONE DEL LATTE ALTERNATIVO

Il latte di asina e di cavalla viene impiegato prevalentemente per il consumo umano, in sostituzione al latte vaccino, in età pedriatica o geriatrica.
Per quanto riguarda il latte di asina, la presenza di lisozima ne permette l'impiego anche nell'industria farmaceutica e alimentare. Nel primo caso, lo rende un buon coadiuvante nelle turbe dispeptiche e gastroenteriche del lattante, nella terapia dell'Herpes Simplex e di processi flogistici e nel decongestionamento della mucosa nasale. Mentre nell'industria alimentare il lisozima permette di utilizzare il latte come stabilizzante per la conservazione degli alimenti.
Il latte d'asina può essere usato in più campi: medico, alimentare e cosmetico.

In campo medico è usato soprattutto per il contenimento delle forme di APLV in neonati e adulti; durante la convalescenza; per regolarizzare la flora gastro-enterica; per la prevenzione di malattie cardiovascolari, infiammatorie e di natura autoimmune. In campo alimentare il latte d'asina è un prodotto di nicchia, ma con potenzialità molto alte. Può essere usato nell'alimentazione neonatale, quando non è disponibile il latte materno;nella preparazione di bevande fermentate probiotiche; nell'alimentazione degli anziani.
La domanda totale del latte d'asina per l'alimentazione, destinata ai neonati e ai bambini è pari al 63% , mentre la richiesta per altri usi è del 37%. Di questo 63% della domanda, il 42% proviene dal Nord Italia, il 25% dal Centro e il 33% dal Sud.
Infine il latte d'asina viene usato in campo cosmetico. È usato nella dermo-cosmesi come detergente, idratante e antiossidante, ma il modo che permette di esaltare maggiormente le qualità del latte di asina è usarlo tal quale. (www.lattediasina.it/relazione.htm).

Non bisogna inoltre trascurare il fatto che l'utilizzo del latte di asina permette di tutelare razze asinine autoctone che altrimenti andrebbero incontro all'estinzione. (Chiofalo et al. 2003).
Per quanto riguarda il latte di cavalla, è alla base dell'alimentazione delle popolazioni asiatiche, dove attraverso la sua fermentazione è prodotta una bevanda tradizionale, conosciuta già da 25 secoli ed ora prodotta su scala industriale. Negli ultimi anni il latte di cavalla ha assunto importanza nell'alimentazione umana anche in Europa, soprattutto in Francia e in Germania, e recentemente anche in Italia (Malacarne et al.).
Mediante alcune ricerche sono state messe a punto tecnologie idonee all'ottenimento di prodotti a breve conservazione (Yogurt, formaggi). (Donati).

5. GIURISPRUDENZA

La vendita diretta dal produttore al consumatore finale del latte crudo di tutte le specie, non è disciplinata dalla normativa comunitaria. (Albertini).
L'unica norma che si riferisce esplicitamente al consumo di latte d'asina è il Regio Decreto 9 Maggio 1929, n°994, che si occupa di questo prodotto agli art. 15 e 43.
Art. 15: "Per latte alimentare deve intendersi il prodotto ottenuto dalla mungitura regolare, ininterrotta e completa della mammella di animali in buono stato di salute e di nutrizione. Con la sola parola "latte" deve intendersi il latte proveniente dalla vacca. Il latte di altri animali deve portare la denominazione della specie cui appartiene l'animale che lo fornisce, cosi' per esempio "latte di capra", "latte d'asina", ecc.".

Art. 43: "I comuni nei quali viene esercitata la vendita diretta del latte d'asina o di pecora, devono stabilire apposite norme nei regolamenti locali d'igiene per disciplinare la produzione e il commercio di detto latte".
Il latte d'asina, come quello vaccino, può essere venduto direttamente dal produttore al consumatore o compravenduto tra produttore ed industria.
Per quanto riguarda la vendita in azienda, può essere svolta con l'autorizzazione dell'Azienda Sanitaria Locale ai sensi della legge 30 Aprile 1962, n. 283, sempre che il comune non voglia avvalersi dell'art. 43 del R.D. 994/29, stabilendo ulteriori norme nel regolamento locale d'igiene.

I locali adibiti alla conservazione ed alla vendita del latte d'asina dovranno essere: Per verificare i requisiti igienico-sanitari e merceologici dell'alimento, si dovrà applicare il sistema di autocontrollo, ai sensi del D.L. del 26 Maggio 1997, n.155.
Se il latte d'asina viene emesso sotto la qualifica di "alimento per lattanti", "alimento di proseguimento" o "alimento ai fini medici speciali", si dovranno seguire le indicazioni del D.L. 27 Gennaio 1992, n. 111. (http://www.lattediasina.it/normativa.htm) Se trovasse applicazione la proposta modificata di regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 2000/0179 (COD) del 27 Gennaio 2003, si avrebbe una normativa aggiornata e specifica per la produzione di latte ottenuto da specie diverse.

Secondo questa normativa gli animali lattiferi, tra cui l'asino, dovranno essere: Per ora si può applicare il Regolamento (CE) 178/2002 del 28 Gennaio 2002 che stabilisce i principi e i requisiti per la legislazione alimentare.
Si può inoltre fare riferimento al cosiddetto "pacchetto igiene" contenete i tre Regolamenti comunitari (852, 853, 854), che si occupa di igiene, sicurezza e controlli ufficiali degli alimenti di origine animale.
Rispetto alla Direttiva n. 46/1992 CE, recepita in Italia con il D.P.R. n. 56/97, le specie animali produttrici di latte (bovina, bufalina, ovina e caprina), sono sostituite dall'indicazione "animali di allevamento" che si trovano in un'azienda che svolge il ruolo di "stabilimento".
Il capitolo II dell'allegato III si occupa di "Igiene nelle aziende produttrici di latte".
Il capitolo III dell'allegato III si occupa invece, di latte crudo e future norme specifiche. (Conte F. 2004)

6. PROGETTI IN AMBITO DI LATTE ALTERNATIVO

Il settore lattiero caseario rappresenta un interessante ambito di ricerca. Alcuni studi, riguardanti il latte alternativo, sono in atto o lo saranno entro brevi tempi.
Un progetto di ricerca, denominato Dietolat,dedicato allo "Studio delle caratteristiche funzionali e dietetiche di latti di specie diverse e loro derivati", finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MiPAF), ha preso il via nel dicembre 2000 con scadenza 31 marzo 2004.
L'obiettivo del progetto è stato individuare e valorizzare le possibili caratteristiche funzionali e dietetiche di alcuni componenti del latte di specie minori (caprino, ovino, equino e asinino).
Il progetto ha avuto alla base due motivazioni: da una parte la necessità di dare risposte precise e documentate alle richieste dei consumatori nei confronti del latte di alta qualità, con particolari caratteristiche nutrizionali e dietetiche; dall'altra il desiderio di promuovere lo sviluppo rurale di aree svantaggiate. Le conseguenza delle ricerche sono di carattere sia tecnico-scientifiche sia economico sociale.
Dietolat si è articolato in tre linee di ricerca, sviluppate, secondo specifiche competenze, dall'Istituto Lattiero Caseario di Lodi (dottor Marco Rampilli), dall'Istituto Sperimentale Italiano "Lazzaro Spallanzani" di Milano (Unità Ricerca Latte, professor Gianfranco Greppi) e dal Dipartimento di Scienze Zootecniche dell'Università di Sassari (professor Giuseppe Enne).
L'Unità ricerca Latte dell'Istituto Spallanzani (ILS-URC) si occupa del latte caprino proveniente dalle province di Varese e Sondrio.
Il Dipartimento di Scienze Zootecniche dell'Università di Sassari (DiSZ) si è occupato della caratterizzazione di latte caprino ed equino di razze autoctone.
L'Istituto Sperimentale Lattiero Caseario di Lodi (ILC) ha sviluppato gli aspetti legati all'applicazione di tecnologie di caseificazione su latte caprino. (Merlo).

Nel terzo anno di atività è stata avviata una ricerca sul latte di equidi per l'utilizzo in alimentazione umana. Sono stati campionati latti di razze diverse: Avelignese, Quarter Horse, Tiro Pesante Rapido, Purosangue, provenienti da allevamenti situati nelle province di Brescia, Verona e Cremona.
I risultati dei parametri chimico-fisici e della composizione centesimale dei campioni di latte analizzato rientrano nei range di variabilità dei dati riportati in letteratura.
Il latte di cavalla può essere utilizzato per la produzione di prodotti a breve conservazione (yogurt e formaggi). (Donati).

CONCLUSIONI

Dopo questa disamina sul latte di specie diverse da quelle tradizionali, si possono trarre alcune conclusioni.
Innanzi tutto il latte di specie minori, soprattutto di asina, ma anche di cavalla, può trovare un'ampia applicazione nel campo medico, come alternativa al latte vaccino, che in alcuni pazienti può determinare forme allergiche.
Un altro aspetto interessante emerso dalle nostre ricerche, è che l'utilizzo di latte alternativo potrebbe essere importante da un punto di vista economico. Infatti, per quanto riguarda gli equidi, il cambiamento dell'agricoltura e della zootecnia, ne ha determinato una drastica diminuzione.
Tuttavia la rivalutazione di tradizioni ed alimenti antichi e la salvaguardia di specie zootecniche alternative e dotate di grande rusticità, come l'asino, potrebbero rappresentare per le zone montano-collinari della Penisola e delle Isole, una risorsa economica di grande interesse.
Inoltre, per quanto riguarda la popolazione asinina, la conoscenza del patrimonio animale autoctono può essere un primo passo verso la sua conservazione e salvaguardia, incrementando l'utilizzo di latte asinino, si avrebbe infatti anche una tutela di specie generalmente a rischio estinzione.

BIBLIOGRAFIA

Alberini A. www.lattedimammaasina.it/latte_asina.php?page=sanita
Calvani M. La allergia alle proteine del latte vaccino. www.ospedalebambinogesu.it/item/723/MauroCalvani.htm

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