Biblioteca Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche
Sanità Pubblica Veterinaria: Numero 84, Giugno 2014 [http://www.spvet.it/] ISSN 1592-1581

Il benessere animale nelle aziende bovine da latte - The animal welfare in dairy cows farms

Ivan Corsi, Carmen Maresca, Cecilia Righi, Gabriele Fruganti

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Abstract. In the Veterinary Public Health an increasing value is attributed to the "Supervision on the welfare of farm animals". According to the large part of experts and practitioners, the "animal welfare" is also the result of the relationship between the individual and the environment that surrounds it. Consumers as a whole ask that animals, intended for food production, are treated well. We can not forget that the welfare of animals contributes, directly and indirectly, to the health and quality of food products

Riassunto. Tra i compiti della Sanità Pubblica Veterinaria è prevista la "Sorveglianza sul benessere degli animali da reddito". Per la maggior parte degli esperti, il "benessere animale" è anche il risultato dell'equilibrio tra l'individuo e l'ambiente che lo circonda. Da parte dei consumatori si avverte sempre più pressante la richiesta che gli animali destinati alla produzione di derrate alimentari siano trattati bene; una buona protezione del benessere degli animali contribuisce, direttamente ed indirettamente, alla salubrità e qualità dei prodotti alimentari


Introduzione
Nel 1979 il Farm Animal Welfare Council (FAWC), che tutt'ora si occupa del benessere degli animali non solo in allevamento ma anche durante trasporto e macellazione, ha sancito le "Cinque libertà" che devono essere garantite agli animali:

  1. Libertà dalla sete, dalla fame e dalla malnutrizione, ovvero disponibilità di acqua e di una dieta bilanciata;
  2. Libertà dal disagio, cioè disponibilità di un ambiente appropriato con ricoveri e un'area di riposo confortevole;
  3. Libertà da dolore, lesioni e malattie, attraverso la prevenzione o una tempestiva diagnosi e terapia;
  4. Libertà di poter manifestare il proprio repertorio comportamentale, tramite la disponibilità di spazi adeguati e la presenza di cospecifici;
  5. Libertà dalla paura, ovvero condizioni tali da evitare inutili sofferenze.
La definizione più recente è di Broom e Johnson (1993), secondo la quale il "benessere animale" è "lo stato di un individuo per quanto concerne i suoi tentativi di adattarsi all'ambiente"; il benessere diventa così una caratteristica soggettiva dell'animale, non qualcosa che gli viene fornito dall'esterno.
Questa definizione comprende sia l'ambiente di allevamento che il management dello stesso, senza trascurare l'animale, in quanto soggetto capace di provare sensazioni, quali, ad esempio, la paura.
Ne deriva anche il fatto che non si può parlare di benessere solo in termini di presenza o assenza, ma pure che il benessere può variare di intensità da pessimo a ottimo secondo una linea continua.

L'animale può trovarsi, inoltre, in un buon livello di benessere rispetto ad alcuni fattori ( strutture, ad esempio), ma in un livello scarso per altri ( stato sanitario, rapporto uomo-animale).
Un buon livello di "benessere animale" richiede, dunque, prevenzione dalle malattie e terapia, ricoveri adeguati, gestione idonea, alimentazione appropriata, nonché un approccio compassionevole alla manipolazione e alla eliminazione/macellazione.
Gli animali allevati devono interagire con un ambiente complesso e possiedono una serie di meccanismi per adattarvisi.
Con il termine ambiente si intende non solo l'ambiente fisico (strutture, microclima, ecc.), ma anche un insieme di fattori, quali l'ambiente sociale, la presenza di predatori e patologie che possono colpire l'individuo.
Le strategie di adattamento includono modificazioni fisiologiche, a livello del sistema nervoso centrale, del sistema adrenergico e del sistema immunitario e, talvolta, legate a queste , anche modificazioni del comportamento. L'effetto dell'interazione tra tali fattori ambientali e l'animale può tradursi in una difficoltà di adattamento, che può ridurre le performance produttive e riproduttive e, in casi estremi, portare alla morte dell'individuo. Infine, è necessario sottolineare che la definizione di "benessere animale" non può prescindere da considerazioni di tipo etico: è cioè condizionata dalla concezione che si ha dell'animale stesso e più in generale della natura e della vita (Macrì, 2012).

Uno dei principali indirizzi di ricerca, indicati dall'Unione Europea, riguarda la necessità di arrivare a standardizzare la valutazione del benessere in allevamento.
Ciò allo scopo di rispondere sia alla domanda dei consumatori, interessati a trovare sul mercato una risposta chiara alle loro richieste in merito al trattamento degli animali, sia all'esigenza degli allevatori di valorizzare le loro produzioni all'interno del mercato comune, anche in considerazione dei benefici provenienti dalla Politica Agricola Comune, e nei confronti di Paesi terzi. A questo scopo un contributo importante è venuto dall'esperienza di ricerca consolidatasi negli anni, tramite programmi e azioni di cooperazione, che è poi confluita nel progetto integrato finanziato dall'Unione Europea, nell'ambito del VI programma quadro "Science and SocietyImproving Animal Welfare in the Food Quality Chain" meglio noto come "Welfare Quality®".

Questo progetto ha avuto come intento fondamentale quello di conciliare le preoccupazioni dei consumatori con le esigenze del mercato, collegando, da un lato, le pratiche di allevamento ad un chiaro sistema informativo per i prodotti di origine animale e sviluppando, dall'altro, strategie innovative e concrete per migliorare il "benessere animale" in allevamento.
Per centrare il primo obiettivo, si è messo a punto un sistema globale di valutazione del benessere in allevamento per gli animali da redditoTale sistema di rilevamento, oltre a permettere una valutazione scientificamente fondata del benessere degli animali in allevamento, può essere in grado di tutelare i consumatori e valorizzare l'impegno degli allevatori.
Per quanto riguarda il secondo obiettivo, il progetto intende incrementare il benessere degli animali allevati, minimizzando la comparsa e l'espressione di stati potenzialmente dannosi, come, ad esempio, i comportamenti aggressivi che portano a lesioni di tipo traumatico, molto spesso responsabili di zoppie, nonchè l'eccessiva paura verso gli addetti, cui si correlano difficoltà nella gestione e manipolazione routinarie degli animali stessi. L'intento, quindi, è migliorare le relazioni uomo-animale e fornire ai soggetti allevati un ambiente sicuro e stimolante.

Particolare attenzione viene posta nella messa a punto di rilievi, da effettuare sugli animali, sia di tipo comportamentale, intesi a valutare la relazione tra gli addetti e gli animali, utilizzando test di reattività fattibili, semplici ma scientificamente validati, sia di tipo sanitario, quindi incidenza di mastiti, zoppie, lesioni cutanee, ecc. Queste variabili sono da sempre ritenute tra i più precoci e importanti indicatori del livello di benessere, quantunque fino a poco tempo fa fossero considerate di difficile osservazione in allevamento; ma la loro standardizzazione in campo ne ha evidenziato l'applicabilità e l'affidabilità sul piano scientifico. Il protocollo prevede di considerare anche alcuni aspetti strutturali, tipologia di stabulazione, disponibilità di spazio pro capite, tipo di pavimentazione, facilità di assunzione dell'alimento e dell'acqua, microclima, nonché aspetti di management, routine di mungitura, piani sanitari, numerosità e tipo di gruppi, box infermeria. È quindi possibile schematizzare le variabili in indicatori diretti e indiretti.

Gli indicatori diretti mirano a registrare e misurare specificamente le reazioni degli animali all'ambiente in cui sono allevati.

Appartengono a questa categoria gli indicatori: Gli indicatori indiretti rilevano le caratteristiche dell'ambiente in cui vivono gli animali. Rientrano in questa categoria:

La rilevazione congiunta sia dei parametri indiretti sia di quelli diretti di benessere, supportati dai vari score (Figura 7), è in grado di identificare le cause degli eventuali problemi (Figure 1, 2, 3, 4, 5, 6).

Indicatori di benessere soggettivi (Fantini, 2012)
Figure 1: Well-being subjective indicators (Fantini, 2012)


Indicatori di benessere oggettivi - PARAMETRI PRODUTTIVI(Fantini, 2012)
Figure 2: Well-being objective indicators - PRODUCTION PARAMETERS (Fantini, 2012)


Indicatori di benessere oggettivi - PARAMETRI RIPRODUTTIVI (Fantini, 2012)
Figure 3: Well-being objective indicators - REPRODUCTIVE PARAMETERS (Fantini, 2012)


Indicatori di benessere oggettivi - PARAMETRI SANITARI 1 (Fantini, 2012)
Figure 4. Well-being Objective indicators - HEALTH PARAMETERS - 1 (Fantini, 2012)


Indicatori di benessere oggettivi - PARAMETRI SANITARI 2 (Fantini, 2012)
Figure 5: Well-being objective indicators - HEALTH PARAMETERS - 2 (Fantini, 2012)


indicatori di benessere oggettivi - PARAMETRI SANITARI 3 (Fantini, 2012)
Figure 6: Well-being objective indicators - HEALTH PARAMETERS - 3 (Fantini, 2012)

Score e il loro uso  (Fantini, 2012)
Score and their use (Fantini, 2012)


Lo stato attuale delle ricerche dimostra la centralità, nella determinazione del miglioramento delle condizioni di benessere, del ruolo dell'allevatore quale elemento in grado di ottimizzare la qualità di vita complessiva degli animali e, di conseguenza, non solo il loro benessere ma anche la loro risposta produttiva, senza la quale, ovviamente, l'allevamento non è economicamente sostenibile. Nello schema Welfare Quality® sono stati definiti 4 fondamentali principi di benessere per gli animali, relativi all'alimentazione, alla stabulazione, allo stato sanitario e al comportamento. Nell'ambito di questi 4 princìpi sono stati individuati 12 criteri di benessere distinti, ma complementari (Tabella 1).

Principi e criteri di valutazione del benessere


I sistemi di valutazione proposti dai ricercatori del Welfare Quality® hanno applicato ognuno di questi 12 criteri a 7 categorie di animali da allevamento: vacche da latte, vitelloni, vitelli a carne bianca, scrofe, suini da ingrasso, galline ovaiole e broiler.
Queste procedure di valutazione sono state testate in più di 700 allevamenti in 9 Paesi europei, dal Regno Unito alla Repubblica Ceca, dalla Svezia alla Spagna, e in alcuni Paesi del Sud America. Le procedure per ottenere il punteggio relativo al grado di benessere degli animali presenti in un determinato allevamento o struttura di macellazione prevedono tre fasi.
Si inizia con la valutazione dei 30-50 parametri che prendono in considerazione aspetti relativi agli animali, all'ambiente in cui vivono e alla loro gestione (Tabella 2).

Parametrti di benessere


Nella prima fase, i rilievi eseguiti negli allevamenti o nei macelli vengono trasformati in punti compresi in una scala di valori (0 = peggiore; 100 = migliore), che rispecchi la rispondenza a ciascuno dei 12 criteri da parte di un determinato allevamento. La struttura del sistema di valutazione è riassunta nella Figura 8.

Struttura del sistema di valutazione (da Welfare Quality, 2009 - modificato
Figure 8. Structure of the evaluation system (from Welfare Quality, 2009 - modified)


Nella fase 2, vengono combinati tutti i punteggi relativi ai criteri che rientrano nello stesso principio; ad esempio, i punti ottenuti da un allevamento per l'assenza di fame e l'assenza di sete vengono combinati, per indicare la misura in cui viene rispettato il principio dell'alimentazione corretta. Nella fase tre, quando tutti i punti sono stati combinati, l'allevamento o il macello risultano inseriti in una delle seguenti 4 categorie: benessere eccellente, benessere elevato, benessere accettabile e benessere non classificato.
La classificazione degli allevamenti potrebbe avere notevoli ricadute positive. Gli allevamenti in cui il benessere degli animali è certificato come "elevato", ad esempio, potrebbero ottenere un marchio generico di qualità, mentre, per i prodotti di alta qualità destinati a un mercato di nicchia, si potrebbe pretendere che provengano da allevamenti inseriti nella categoria "eccellente". Le nuove informazioni, inoltre, forniscono agli allevatori una visione generale del grado di benessere dei propri animali e possono aiutarli a individuare gli aspetti che richiedono attenzione.

In definitiva, questo sistema di valutazione potrebbe essere funzionale sia ai produttori che ai consumatori, e permettere nel complesso un miglioramento delle condizioni degli animali.

Il benessere nelle aziende bovine da latte
Per quanto riguarda le vacche da latte, i sistemi di stabulazione utilizzati e le strutture presenti in allevamento hanno un ruolo estremamente importante nella determinazione del benessere. La stabulazione dovrebbe consentire ad ogni animale di avere un costante accesso all'alimento e all'acqua, di avere un'area di riposo confortevole e asciutta, un riparo in caso di cattivo tempo e spazio sufficiente per muoversi e meglio manifestare comportamenti sociali specie-specifici; in particolare è necessario che gli animali più in basso nella scala gerarchica abbiano lo spazio appropriato per allontanarsi da quelli dominanti. A titolo di esempio è bene ricordare che le bovine stabulate su cuccette generalmente sono più soggette a problemi di zoppie, mentre quelle su lettiera permanente tendono a manifestare problemi di mastite ambientale. Fornire agli animali un ambiente completamente privo di stimoli stressori risulta impossibile da un punto di vista sia pratico che economico, tuttavia gli effetti negativi, di strutture ed elementi climatici, possono essere facilmente eliminati, o per lo meno minimizzati, attraverso una progettazione e una gestione razionale dell'allevamento.
Inoltre, qualsiasi sia il sistema di stabulazione utilizzato, è molto importante fornire all'animale un'area la più confortevole possibile, in modo che la bovina possa sostare in decubito per il tempo desiderato, ruminare e riposare, nonché rialzarsi in modo normale. Una prima categoria di fattori critici nell'allevamento delle lattifere, nel caso della stabulazione libera, è quello della gestione dei gruppi nelle diverse fasi di crescita e di produzione. Innanzitutto è necessario valutare la numerosità del gruppo, in quanto, soprattutto in certe fasi, gruppi troppo numerosi, a volte anche con capi estremamente diversi come taglia, possono creare problemi ai soggetti più sottomessi.

Si deve considerare poi il corretto dimensionamento dei gruppi, in relazione alle strutture realmente utilizzabili dalle vacche: spazio nei recinti; posti in zona di alimentazione e abbeverata; cuccette realmente disponibili e comode; spazio nelle aree di sosta prima e dopo la mungitura, al fine di evitare il sovraffollamento. Inoltre, risulta importante che gli spostamenti di bovine tra gruppi differenti siano ridotti allo stretto necessario e non si sovrappongano altri fattori stressanti, in quanto ciò potrebbe comportare gravi diminuzioni nell'ingestione di alimento, con ovvie ripercussioni di tipo metabolico (Grant, Albright, 2001).

Ma va anche tenuta ben presente la interazione tra animale e intervento dell'uomo, che va intesa sotto diversi aspetti.
Gli interventi quotidiani per le operazioni di alimentazione, mungitura e governo della mandria comportano minori livelli di stress per la bovina, se vengono eseguiti con regolarità. Poi, esistono interventi che vengono effettuati con minore frequenza, quali, ad esempio, le fecondazioni o il pareggiamento degli unghioni, che richiedono particolare cura da parte dell'operatore, affinché non siano fonte di paura e stress acuto per l'animale.
In tutto questo, ovviamente, un ruolo fondamentale è giocato dall'attitudine del personale di stalla verso un tipo di interazione meno traumatizzante possibile per la lattifera stessa. Come diretta conseguenza di eventuali errori strutturali e gestionali possono essere identificate diverse categorie di conseguenze negative per l'animale: frustrazione, paura, limitazioni e variazioni nel repertorio comportamentale, presenza di stereotipie, difficoltà e limitazioni nei movimenti e nei cambi di posizione, manifestazione di posizioni "scorrette" sia in decubito che in stazione, ridotta mobilità; presenza di lesioni cutanee, di diverso grado e localizzazione, di origine traumatica, prevalentemente a carico dell'apparato locomotore.

Ma in questo ambito vanno anche considerate ulteriori conseguenze, costituite da modificazioni endocrino-metaboliche, riduzione della fertilità e delle difese immunitarie e correlata suscettibilità a stati infettivo-infiammatori, nonché incremento di patologie podali, di disordini quali-quantitativi del secreto mammario e/o di mastiti p.d., di paratopie del digerente e riduzione della longevità produttiva della bovina (Macrì, 2012), che si ripercuotono inevitabilmente sulla rimonta.

Stato dell'arte
Se per la zootecnia biologica esistono molti riferimenti bibliografici e legislativi al riguardo, per quella tradizionale è molto più difficile descrivere il low input, perché mancano definizioni certe e regolamenti.
In ambedue i sistemi, comunque, il benessere degli animali deve essere garantito, anzi per l'allevamento biologico questo è un requisito imprescindibile.
Tutti gli standard e i disciplinari nati a partire della metà degli anni '80/'90 stabiliscono che il "benessere animale" è uno dei requisiti fondamentali delle produzioni biologiche, insieme al rispetto dell'ambiente e dell'uomo, visto sia come allevatore sia come consumatore. Riferimenti a tale riguardo si rinvengono nei principi stabiliti dall'International Federation of Organic Agriculture Movements (IFOAM) nel 2005, e nei regolamenti in vigore nella UE (CE n./834/2007 e CE n./889/2008): in questo contesto tutte le norme riguardanti l'alimentazione, i sistemi di allevamento, gli spazi, le cure, ecc. sono rivolte a garantire il benessere degli animali allevati.

Nel contesto della filiera del latte, il low imput è associato ai sistemi di allevamento, basati sul pascolo o su una alimentazione ricca di foraggi e modico impiego di concentrati, nonché con uso ridotto di pesticidi e fertilizzanti.
Secondo il Centre for European Agricultural Studies (CEAS, 2000) i sistemi di allevamento biologico da latte low input sono più diffusi in taluni Paesi dell'occidente della UE (Irlanda, parte occidentale e Nord del Regno Unito, e parte della Francia) con densità di allevamento da 0,8 a 1,4 UBA/ha.

Nell'ambito del low input si inserisce la cosiddetta agricoltura integrata, che è stata disciplinata dal Reg. (CEE) n. 2078/92 relativo a metodi di produzione agricola compatibile con le esigenze di protezione dell'ambiente e con la cura dello spazio naturale.
In riferimento all'Italia, può essere ricordata la regolamentazione emanata dalla Regione Toscana (L.R. 25/99), che ha promosso tale modalità produttiva con la finalità di favorire la produzione, la valorizzazione e la diffusione dei prodotti agroalimentari ottenuti con tecniche di produzione integrata, nell'obiettivo di sostenere il reddito degli agricoltori.
A questo scopo è stato registrato il marchio di processo "Agriqualità".
Anche in questo caso il "benessere animale" viene ritenuto un presupposto indispensabile e si cerca di garantirlo mutuando regole e indicazioni dai disciplinari relativi alle produzioni biologiche. A ciascun animale deve essere garantita la libertà di movimento e regolare attività fisica; lo spazio loro destinato deve essere dimensionato in relazione alle fasi di crescita e alle esigenze comportamentali delle specie allevate.
I locali di stabulazione devono consentire di mantenere condizioni ambientali, quali temperatura, umidità relativa dell'aria, circolazione dell'aria, concentrazione di gas da fermentazione entro limiti non nocivi agli animali stessi. Nell'approccio "naturale ", il benessere di un animale dipende dalla possibilità di esprimere comportamenti specie-specifici e di vivere un'esistenza il più possibile vicina a quella naturale. Nell'approccio "biologico funzionale", il benessere è collegato al funzionamento normale dei processi fisiologici e comportamentali, spesso espressi come capacità dell'animale di adattarsi all'ambiente.

Infine, nell'approccio relativo alle "esperienze soggettive" sono le sensazioni degli animali, quali la sofferenza, il dolore e il piacere, che ne determinano il benessere.
In zootecnia biologica si tenta di dare importanza a tutti e tre questi aspetti, anche se i primi due sono preponderanti, perché più facili da rilevare.
Il benessere viene garantito dagli standard e dai regolamenti del biologico attraverso prescrizioni che riguardano l'alimentazione, le razze, i sistemi di allevamento, la riproduzione, le cure e la pulizia degli ambienti. Attualmente le produzioni biologiche nella UE sono disciplinate dal Reg. (CE) n. 834/2007 del Consiglio del 28 giugno 2007, relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici, e dal Reg. (CE) n. 889/2008 della Commissione del 5 settembre 2008, che ne riporta le modalità di applicazione. Queste linee d'indirizzo sono dettate dall'interesse per il "benessere animale", ma anche dall'interesse per la sicurezza alimentare dei consumatori di prodotti biologici.

Origine degli animali
Gli animali allevati dovrebbero essere resistenti alle malattie ed esenti da tare genetiche, in modo da evitare il più possibile il manifestarsi di stati morbosi, che, quindi, possano comprometterne il benessere. Purtroppo questo aspetto è spesso disatteso nella realtà, per la difficoltà a ottenere delle buone produzioni con animali non selezionati, perché o sono assenti razze rustiche disponibili oppure quelle che dovrebbero essere rustiche hanno perso le caratteristiche di resistenza e rusticità. I limiti nel consentire l'inserimento di animali servono soprattutto a evitare l'introduzione nell'allevamento di animali con potenziali problemi sanitari, con patologie subcliniche e/o in incubazione (ad esempio bovini affetti da BSE).
Sono previste delle facilitazioni nel caso in cui l'azienda decida di scegliere animali di razze più adattate all'ambiente (cambio razza) o in via di estinzione.

Pratiche zootecniche e condizioni di stabulazione
Si richiede che le persone addette alla cura degli animali abbiano conoscenze e competenze di base in materia di salute e benessere degli animali e che la densità di questi ultimi e le condizioni di stabulazione siano in grado di garantire la soddisfazione delle loro esigenze fisiologiche, etologiche e di sviluppo, nonché possano permanentemente accedere a spazi aperti, di preferenza pascolativi. L'ambiente dove vengono tenuti gli animali e i sistemi di allevamento sono fondamentali per il mantenimento del "benessere animale". L'uso obbligatorio del pascolo per gli erbivori è uno degli aspetti più importanti, che, comunque, è subordinato alle condizioni climatiche e di disponibilità dell'alimento in grado di consentirlo.

Riproduzione
L'inseminazione artificiale è ammessa, ma non deve essere associata a trattamenti con ormoni o sostanze simili, a meno che riguardi una necessità terapeutica per il singolo animale. Nel caso della riproduzione il principio generale che vuole garantirne la "naturalità" entra in contrasto con la realtà delle pratiche di allevamento, soprattutto delle vacche da latte, che ormai prevedono la fecondazione strumentale.
Questa pratica, se da una parte aiuta a mantenere la salute degli animali annullando il rischio di trasmissione di malattie, dall'altra limita di molto quello che sarebbe il comportamento naturale della specie.

Alimentazione
Le indicazioni sono rivolte sia alla garanzia del "benessere animale", che alla sicurezza alimentare dei consumatori.
Gli animali devono avere accesso permanente al pascolo o a foraggi grossolani. I mangimi devono provenire dall'azienda stessa o da altre aziende biologiche della stessa regione e soddisfare i fabbisogni nutrizionali nei vari stadi di sviluppo degli animali.
Non è consentito l'uso di stimolanti della crescita e di amminoacidi sintetici. Per gli erbivori i sistemi di allevamento devono basarsi in massima parte sul pascolo, tenuto conto della sua disponibilità nei vari periodi dell'anno. Almeno il 60% della materia secca, di cui è composta la razione giornaliera degli erbivori, deve essere costituito da foraggi grossolani e foraggi freschi, essiccati o insilati, evitando quindi un'alimentazione troppo spinta, che potrebbe compromettere la salute degli animali.

Prevenzione delle malattie
La prevenzione delle malattie deve essere realizzata mediante la selezione delle razze e dei ceppi, le pratiche zootecniche, la somministrazione di mangimi di qualità, l'esercizio, un'adeguata densità degli animali e idonee condizioni di stabulazione e d'igiene; ma in caso di malattia il trattamento deve essere tempestivo, per evitare sofferenze agli animali.

Pulizia e disinfezione
Riguardo alla pulizia e alla disinfezione, i relativi prodotti possono essere utilizzati nei locali di stabulazione e negli impianti, solo se autorizzati per l'uso nella produzione biologica. I fabbricati, i recinti, le attrezzature e gli utensili devono essere sempre puliti e disinfettati, per evitare contaminazioni incrociate e la proliferazione di patogeni. Anche i rodenticidi e gli insetticidi utilizzati devono essere quelli consentiti dal regolamento. Le patologie che possono colpire gli animali in produzione biologica, infatti, sono in gran parte legate alle loro produzioni ed al sistema di allevamento; a tal riguardo, in riferimento alle bovine da latte, possono essere citate: mastiti, disordini riproduttivi e metabolici, zoppie e malattie parassitarie (Macrì, 2012).

Conclusioni e discussione
La Misura 215 promuove la diffusione di tecniche di allevamento che migliorano il benessere degli animali rispetto alle normali Buone Pratiche Zootecniche (BPZ) ed è finalizzata a compensare i maggiori costi che le imprese del settore devono sostenere per la loro applicazione.
Le BPZ, ispirate alle cosiddette "cinque libertà" del rapporto Brambell per la tutela del benessere degli animali, rappresentano il presupposto per poter accedere ai finanziamenti previsti (Macrì, 2010). Esse corrispondono ai cosiddetti requisiti minimi, che il Reg. (CE) n. 1974/2006 all'art. 27 indica nei seguenti aspetti: acqua e mangime più adatti al fabbisogno naturale; condizioni di stabulazione (tolleranze di spazio, lettiera, luce naturale); accesso all'aperto; assenza di mutilazioni sistematiche, d'isolamento o di contenzione permanente; prevenzione delle patologie determinate prevalentemente dalle pratiche di allevamento e/o dalle condizioni di detenzione degli animali.

I dati relativi ai Programmi di Sviluppo Rurali (PSR) italiani mostrano che poco meno della metà delle Regioni non ha finanziato la Misura 215 sul benessere degli animali; tra queste Lombardia e Lazio, che, rispettivamente con 22.367 e 26.779 aziende provviste di allevamenti, sono tra le regioni italiane in cui la zootecnia risulta più sviluppata.
Emerge anche che le motivazioni alla base dell'attivazione della misura non risultano essere di carattere "etico", cioè di accoglienza/attuazione consapevole di un diritto riconosciuto a favore degli animali, ma piuttosto di natura economico/produttiva; in altre parole si finanzia la misura per produrre meglio e in condizioni più favorevoli, non per migliorare la qualità della vita degli animali allevati. Questi elementi, indicano che il concetto di responsabilità etica nel rapporto uomo-animale, almeno in ambito produttivo, nel nostro Paese è ancora poco considerato.
In Italia, circa la metà delle emissioni di gas serra provenienti dal settore agricolo deriva dai processi digestivi degli animali allevati e dalla gestione delle deiezioni. In tale senso sarebbe auspicabile intensificare le misure volte all' estensivazione degli allevamenti, prevedendo premi più consistenti per gli allevatori che riducono il numero dei capi e/o finanziare l'acquisto o l'affitto di terreni dedicati al pascolo. Nell'ambito dell'allevamento delle bovine da latte, gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da notevoli cambiamenti, che hanno portato ad un considerevole miglioramento quali-quantitativo della produzione di latte, rendendo però il rapporto management-produzione-sanità animale estremamente delicato.

In particolare, le bovine da latte ad alta produzione vanno incontro a difformi problemi sanitari, derivanti dal bilancio energetico negativo delle prime settimane di lattazione, notevolmente esacerbati nella stagione calda, finanche al decesso di alcuni soggetti.
Patologie quali dislocazioni abomasali, ritenzioni placentari, aumento del periodo interparto, paresi e para-paresi puerperali sono la punta dell'iceberg di una situazione generalizzata di malessere. In tal senso riscuote un generale consenso la valutazione di alcuni parametri immunologici ed ematologici di bovine da latte ad alta produzione, clinicamente sane e mostranti un indice normale di Body Condition Score (BCS) nel periodo peripartale, quale espressione dell'entità dello sforzo adattativo sotteso alla produzione ed al grado di adattamento ambientale.

In tali casi si può osservare una elevata e persistente α-globulinemia, da considerarsi fenomeno parafisiologico. Si deve tenere in debito conto, comunque, che nelle frazioni α1 e α2 globuline sono rappresentate proteine che vanno incontro ad incremento in seguito a diverse condizioni patologiche, quali, ad esempio, infiammazioni acute, sindromi nefrosiche o affezioni epatiche.
Ma è presumibile che l'elevato sforzo produttivo, cui le bovine sono sottoposte, si ripercuota a livello epatico, causando l'attivazione di circuiti di regolazione di fenomeni flogistici endogeni e determinando, in particolare, un aumento della sintesi delle α-globuline e una diminuzione delle albumine. Questo motivo potrebbe giustificare, peraltro, il consumo di complemento sempre in prossimità del parto. Inoltre si possono osservare valori elevati di aptoglobina, quale risposta di fase acuta, appena dopo il parto, correlabili all'incremento dei glucocorticoidi.
La debole capacità di risposta blastica dei linfociti nel periodo peripartale può essere correlata alle modificazioni dei livelli ormonali propri di questa fase o del bilancio energetico dell'animale. Ma l'esperienza in campo, in riferimento a diversi campioni provenienti da aziende "problema", consente di sottolineare l'importanza della valutazione a livello ematico dei seguenti parametri:


I parametri citati non possono comprendere tutta la varietà e le possibili articolazioni delle condizioni di benessere della specie bovina, ma vogliono soprattutto essere una indicazione di metodo (Amadori e Archetti, 2002). I possibili parametri da tenere sotto controllo sono riportati nelle tabelle 3 e 4.

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Il lavoro è stato tratto dalla Tesi di Laurea di Ivan Corsi: " Il ruolo del veterinario libero professionista in tema di sorveglianza epidemiologica a livello di allevamenti di bovine da latte". Corso di Laurea in Medicina Veterinaria, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Perugia (2013).



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