Webzine Sanità Pubblica Veterinaria®
Numero 10 - dicembre 2001
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La metodica ufficiale di analisi delle farine animali è, a livello sia nazionale (D.M. 13 aprile 1994 sostituito dal D.M. 30 settembre 1999) che comunitaria (Direttiva 98/88/CE della Commissione del 13 novembre 1998), quella microscopica.
Tale metodica, messa a punto dall’Ispettorato Centrale Repressione Frodi a scopo merceologico (controllo del cartellino), è stata con l’avvento delle TSE estesa a livello sanitario per il controllo igienico-sanitario degli alimenti ad uso zootecnico.
La metodica dettata dai due decreti è, dopo la modifica apportata dal protocollo d’intesa tra l'allora Ministero della Sanità e il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali n. 566 del 21 febbraio 2001, fondamentalmente la stessa, sebbene il D.M. 30 settembre 1999 abbia apportato due grosse novità a livello applicativo, come vedremo successivamente.
La metodica si basa essenzialmente sull’identificazione microscopica dei frammenti ossei e sul riconoscimento della classe di appartenenza (mammifero, volatile, pesce).
In sintesi un’aliquota del campione in esame (10 g) viene estratta, dopo accurata macinazione in mortaio evitando lungo tutta la catena analitica qualsiasi fenomeno di contaminazione crociata, con solvente (tetracloroetilene o tetracloruro di carbonio).
Dopo agitazione, si vengono a creare due fasi, una superiore organica e una inferiore solida, dovuta alla precipitazione dei costituenti inorganici: particelle minerali, frammenti vegetali lignificati e/o calcificati e, se presenti, i frammenti ossei che andiamo a ricercare.
Essi infatti si ritrovano inevitabilmente nelle farine animali più usate e prodotte (farina di carne, farina di carne e ossa, farina di ossa, farina di pesce, …) e non possono sfuggire all’occhio attento e vigile di un analista esperto dotato di una certa esperienza.
Si passa quindi all’osservazione microscopica del sedimento, prima allo stereomicroscopio (esame della conformazione fisico-morfologica dei frammenti più grossolani, superiori a 5 mm) e, quindi al microscopio ottico per l’esame della struttura istologica delle particelle più fini. La diagnosi finale si basa in ogni caso sull’osservazione al microscopio ottico attraverso il riconoscimento dei frammenti ossei e l’identificazione, grazie alle caratteristiche istologiche, della loro classe animale di appartenenza.
Come suddetto si possono identificare tre classi animali differenti: mammiferi, volatili e pesce.
Nelle figure seguenti, si possono apprezzare le caratteristiche istologiche, in funzione della classe animale di appartenenza, in frammenti derivati da farine di ossa preparate nel nostro laboratorio.
Si riportano, come esempi:
MAMMIFERI:
rotula bovina; tibia di pecora, femore di cavallo, mandibola di balena, femore di delfino e femore di topo;
VOLATILI:
femore di gallina e femore di pollo;
PESCE:
frammenti di aringa.
Si può apprezzare come le ossa di mammifero appaiono come particelle opache, di forma rotondeggiante, nella maggior parte delle quali sono visibili lacune ossee nere, rotonde o leggermente ellittiche. Fuochettando continuamente, si possono apprezzare delle linee corte, sottili, non ramificate, ad eccezione dei mammiferi marini, disposte a raggio sulle lacune: i canalicoli.
Le ossa dei volatili hanno invece particelle ossee allungate, con bordi sfrangiati e con lacune oblunghe e molto appiattite, particolarmente numerose e disposte in file ordinate. I canalicoli sono poco o per niente evidenti.
Le ossa dei pesci, infine, si presentano come particelle giallo paglierino, di forma prevalentemente allungata, con lacune ossee ora fusiformi (aringhe, acciughe) ora filiformi (ad esempio, tonno). A differenza dei mammiferi e dei volatili, i canalicoli sono molto evidenti e ramificati, formando una specie di ragnatela intorno alle lacune. In altri gruppi, le lacune sono completamente assenti e si possono apprezzare solo leggere striature parallele ramificate (fibre di Sharpey).
La prima novità apportata dal Decreto del 30 settembre 1999 è la possibilità di formulare una "stima" quantitativa delle farine animali eventualmente presenti nei mangimi. Sebbene il protocollo d’intesa N. 577 abbia chiarito ogni dubbio (non esiste tolleranza e il rilevamento di un solo frammento porta alla positività del campione), viene ancora e continuamente richiesta, anche perché prevista dalla metodica ufficiale, una quantificazione dei frammenti e delle farine animali, allo scopo tra l’altro di formulare una diagnosi di cross-contamination.
Detta "quantificazione" si basa, come si può osservare dalla figura, su un calcolo che, in realtà, non permette una stima precisa ma potrebbe offrire solo un’idea molto approssimativa sulla presenza delle farine animali, a scopo merceologico. Tale calcolo deriva dalla conta, attraverso l’osservazione al microscopio ottico, del numero relativo dei frammenti ossei sul totale delle particelle, in tre preparati microscopici e cinque campi per ognuno.
Formula per la stima quantitativa dei costituenti di origine animale
(D.M. 30 settembre 1999)
S e W sono facilmente ottenibili; basta avere una bilancia sufficientemente sensibile; c e f rappresentano invece un ostacolo insormontabile:
- c è la percentuale di frammento ossei sul totale delle particelle contate: questa percentuale risulta estremamente variabile in quanto non può prendere in considerazione, prima, la grandezza dei frammenti (sebbene abbia setacciato meticolosamente, posso contare N. 1 frammento abbastanza grosso, il quale però potrebbe essere rotto in diverse parti e rappresentare un numero superiore, da 2 in su), e secondo la quantità di sedimento minerale presente nel campione; un mangime può, infatti, essere più o meno additivato con un integratore minerale (ad esempio, un mangime per galline ovaiole porta ad un sedimento particolarmente rappresentato, mentre un alimento per bovini lo è molto di meno, fino ad arrivare, all’estremo, a non avere per niente sedimento);
- f è la percentuale di ossa nelle farine animali; la stima diventa ancora più ardua: posso, io, decidere quale farina animale è presente nel campione che esamino? posso attribuire a quella farina la percentuale di ossa presente? senza considerare quelle farine animali in cui non sono presenti ossa … Il D.M. 30 settembre 1999 offre dei suggerimenti (20-30 % nelle farine di carne; 50-60 % nelle farine di carne ed ossa) ma è chiaro che la tipologia dell’eventuale farina può essere data solo dall’indicazione sul cartellino, e la stima, estremamente variabile, può essere effettuata solo a scopo merceologico, solo per verificare che un mangime additivato con una tale farina animale lo sia veramente, e non sicuramente per un controllo igienico-sanitario.
La seconda novità è che il D.M. 30 settembre 1999 da la possibilità di utilizzare altre metodiche di analisi: "… non esclude l’impiego, alternativo o complementare, di altri metodi di analisi – diversi dall’esame microscopico – la cui validità scientifica … sia stata comprovata".
Secondo il dizionario della lingua italiana (Garzanti), comprovare significa "provare con nuovi argomenti o fatti una cosa già dimostrata; confermare | (estens.) dimostrare chiaramente".
Ciò risulta di estrema importanza con notevole ricadute a livello pratico-operativo se si riesce a dimostrare l’efficacia e validare con parametri non solo di precisione ma anche di accuratezza una metodica diversa che dia non solo la possibilità di quantificazione (fondamentale se si riesce a fissare una unità infettante o una dose d’attacco) ma anche e soprattutto a definire con precisione la specie animale presente nell’eventuale farina: non è stato mai dimostrato che un pollo, un tacchino, un suino o un cavallo possa trasmettere la BSE. Le norme legislative vietano la somministrazione di proteine animali trasformate derivate da tessuti di mammifero, di volatile o di pesce perché la metodica non permette l’identificazione di specie ma solo di classe animale…
La metodica microscopica offre diversi vantaggi: è relativamente semplice e veloce, non necessita di strumenti particolari e sofisticati, è precisa e vanta una sensibilità inferiore allo 0,1%.
D’altra parte, possiede però diversi limiti:
- E’ soggettiva: è legata all’occhio dell’analista. Insisto sul fatto che l’analisi può essere effettuata solo da un operatore che ha molta esperienza in materia e che abbia raggiunto la sua competenza non solo con analisi di routine ma anche, e direi anzi soprattutto, con diverse prove sperimentali, effettuate anche con farine "home maid", provenienti cioè da specie animali note. Tale analisi non può essere affrontata da un operatore formato in pochi mesi o, meglio, in pochi giorni o, meglio ancora, con una formazione superficiale…
Va notato che, per tali motivi, possono essere formulate diagnosi errate:
- "false negatività" (dare negativo un campione che in realtà non lo è): i frammenti possono non essere isolati o riconosciuti dall’operatore, o perché sono rari e/o perché sono nascosti da altre particelle od impurità (preparato "sporco") o perché sono privi delle caratteristiche lacune (non è cosi raro) o ancora perché le lacune hanno perso rapidamente, nel preparato, il caratteristico colore nero.
- "false positività": possono essere riconosciuti frammenti ossei che, in realtà, non lo sono, per la presenza o di artefatti molto spesso presenti nei campi microscopici e che sembrano lacune, o per l’osservazione di nuclei di cellule vegetali (normalmente rotonde, con posizione estremamente regolare e simmetrica) deformati dal trattamento subito.
- Non offre la possibilità di diagnosi basata sull’identificazione di specie: non è possibile, al momento attuale, discriminare un frammento osseo di bovino, di suino, di ovino o di cavallo …
- In funzione dell’esperienza dell’analista alcuni frammenti ossei di volatile possono essere confusi con quelli di mammifero: ad esempio, tacchino o anatra presentano caratteristiche sovrapponibili a quelli di mammifero o, meglio, a quelli del bovino. Fate voi il confronto della fotografia seguente con quella del bovino sopra riportato.
- Alcune farine animali non hanno frammenti ossei e non possono pertanto essere rivelate: ad esempio, farina di sangue, farina di frattaglie di pollame, plasma essiccato ed altri emoderivati, proteine idrolizzate, gelatina.
Per tali motivi, e per altri ancora, diventa auspicabile mettere rapidamente e definitivamente a punto e validare (in modo che possano essere riconosciute) metodiche diverse (come proposto dal D.M. 30 settembre 1999) che non devono necessariamente sostituire quella microscopica ma che permettano per lo meno di affiancarla.
Tra le varie possibilità, alcune non meritano considerazione; è il caso, ad esempio di:
- Microscopia elettronica: già, anche se poco, sperimentata anche da noi; presenta diversi limiti, tra cui alcuni della metodica ufficiale, tra cui soprattutto quella di essere laboriosa e costosa, tanto da non poter essere considerata non solo di routine ma anche di conferma. Si basa sulla disposizione dei cristalli di idrossiapatite nella trama del tessuto osseo;
- ELISA: già presente a livello commerciale ma siamo concordi, a livello laboristico, a considerarla inadeguata allo scopo in quanto poco specifica;
altre, invece, meritano maggior attenzione; è il caso, ad esempio, di quelle che saranno trattate in modo più dettagliato dai prossimi relatori:
- Biologia molecolare (PCR: polymerase chain reaction): questa è, in assoluto, la metodica che promette di più; estremamente precisa, molto sensibile e specifica; oltre l’identificazione di specie, permette anche la quantificazione delle farine animali. Abbiamo da alcuni anni una nostra PCR, utilizzata, sebbene in maniera non ufficiale (i risultati possono essere emessi solo attraverso la metodica microscopica), per la verifica di diversi campioni risultati positivi con la metodica microscopica ed è stata effettuata da parte nostra una richiesta di finanziamento al Ministero della Salute (con una risposta speriamo positiva) per il finanziamento di una ricerca in cui saranno coinvolti la maggioranza degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali e l’Istituto Superiore di Sanità (oltre che l’Università) per la definitiva ottimizzazione e la validazione del metodo in questione. Va notato, a tal proposito, che i risultati ottenuti sui campioni positivi erano tutti concordi con la metodica microscopica e che le specie, in assoluto più identificate, erano bovino e suino.
- Metodica immunoenzimatica: questo metodo, diverso dalla classica ELISA, ha ricevuto nel 1998 un finanziamento per la messa a punto e la validazione tra tutti gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali e l’Istituto Superiore di Sanità; è, in questo momento, in corso di perfezionamento da parte dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna.
- Metodica FT-NIR: è una metodica al vicino infrarosso che sfrutta quindi la risposta spettrofotometrica del NIR per fornire un risultato oggettivo in quanto strumentale; anche per questa ricerca è stato richiesto un finanziamento al Ministero della Salute per la messa a punto e la successiva validazione.
Tale metodiche, PCR in prima fila, offrirebbero inoltre la possibilità di rilevare e quantificare la presenza delle farine animali non diagnosticabili attraverso la metodica microscopica (farine di sangue, plasma essiccato e altri emoderivati, farine di frattaglie di pollame, farina di piume, etc.). Non possono tuttavia essere utilizzate per la ricerca di altre farine (proteine idrolizzate, gelatina, fosfato di calcico) a causa della denaturazione che proteine e DNA hanno subito durante il processo tecnologico di produzione. Sono pertanto necessarie, per l’analisi di tali farine, altre metodiche alternative quali, ad esempio, l’HPLC, in particolare per la ricerca di proteine idrolizzate e gelatina, e la spettrofotometria al visibile ed in assorbimento atomico, per rilevazione del fosfato di calcico ottenuto da ossa sgrassate.
Vengono ora riportati i dati ottenuti dai controlli sia ufficiali che privati effettuati nelle Regioni Umbria e Marche. I numeri si riferiscono ai campioni analizzati, a quelli risultati positivi e alle relative percentuale di positività.
I dati partono dal 1997 perché l’adozione della metodica a livello sanitario è avvenuta alla fine del 1996 in Italia, attraverso la formazione di personale appartenente a tutti gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali e all’Istituto Superiore di Sanità e la sua validazione mediante un circuito interlaboratoriale tra gli stessi Istituti.
C’è stata molta preoccupazione a livello sanitario, centrale e regionale, e a livello del laboratorio di revisione delle analisi (ISS) per l’elevato numero di campioni positivi, non solo in Umbria e Marche ma in tutta Italia. Dai nostri dati, si evince in realtà che non si è verificato nessun aumento di positività, ma anzi una diminuzione passando dal 7-8% del 1998-'99 a meno del 5% attuali del 2001. L’elevato numero di campioni positivi è in effetti dovuto all’elevatissimo numero di campioni prelevati dagli organi ufficiali ed analizzati nei nostri laboratori. Va sottolineato il fatto che tale andamento rispecchia perfettamente quello verificatesi a livello nazionale.
Andamento della positività dal 1997 al 2001

1997: il numero di campioni ufficiali era pari a 56 con un 12,5% di positività, mentre la percentuale del totale dei mangimi analizzati (111) era pari a 21,6. La percentuale di positività era decisamente elevata se si considera oltretutto che il divieto di somministrazione di farine animali era imposto dal 1994. La percentuale di positività andrà a calare negli anni successivi all’inizio dei controlli ufficiali, a denotare un’attenzione maggiore da parte dei mangimifici e degli allevatori. Va ricordato che il divieto era ed è tuttora diretto alla somministrazione di farine animali e non alla loro produzione. Inoltre, fino ad aprile 1997, era vietata (secondo l’O.M. 14 aprile 1994) la somministrazione ai ruminanti di mangimi contenenti proteine di mammiferi mentre da quella data in poi il divieto è stato esteso a tutte le farine animali (mammiferi, volatile e pesce). In altre parole un mangime per ruminanti, integrato con farina di pollame o di pesce, prodotto e commercializzato ad aprile 1997 era regolare, mentre non lo era più a maggio dello stesso anno.
1998: è subito evidente:
- una diminuzione della percentuale di positività (7-8%), rispetto al 1997 (12,5-21,6%);
- una diminuzione dei campioni analizzati soprattutto a carico della componente privata passando da 56 nel 1997 a soli 7 nel 1998, senza tuttavia trascurare quelli ufficiali che hanno fatto registrare un calo superiore al 46% rispetto al 1997 (30 contro i 55).
Il notevole calo dei controlli mostra senza dubbio una caduta dell’interesse sia a livello sanitario che privato, calo che si protrarrà fino all’emergenza cominciata dal novembre 2000.
1999: a distanza di due anni dall’inizio dei controlli, siamo passati ad una riduzione superiore al 55% delle verifiche a livello sanitario (25 prelievi ufficiali nel 1999 contro i 56 del 1997) e al 63% in totale, mentre la percentuale di positività rimane fondamentalmente costante rispetto al 1998 (7-8%). Ricordiamo che al pari del 1997, il 1999 fa segnare un periodo di transizione in quanto si passa ad agosto ad una legislazione di nuovo più permissiva, con un divieto di somministrazione ai ruminanti di farine animali di soli mammiferi.
2000: Il calo dei controlli ufficiali raggiunge quasi il 95% nel 2000, se si considera che fino alla situazione d’emergenza, cioè fino a novembre 2000, i campioni prelevati dagli organi competenti erano solo 3. In pratica, 145 campioni ufficiali sono stati prelevati ed analizzati, nel 2000, in poco più di un mese.
2001: La situazione d’allarme si è protratta durante il 2001; in circa un mese, cioè fino al 5 febbraio, sono stati analizzati 215 campioni. Si può tranquillamente presumere che, durante la situazione d’emergenza, la quasi totalità dei campioni erano ufficiali. E’ doveroso ricordare che la grande maggioranza delle positività era ed è dovuta alla presenza di rari frammenti ossei (come d’altronde sempre indicato insieme ai nostri rapporti di prova) molto presumibilmente imputabili a fenomeni di cross-contamination e non ad operazioni di tipo fraudolente.
Numero di campioni analizzati dal 1997 al 2001(*)

(* )Sono riportati solo i campioni prelevati in Umbria e nelle Marche e non sono considerati quelli provenienti da altre regioni.
Sarebbe a questo punto interessante vedere cosa è successo nel particolare dal primo gennaio 2001 ad oggi, cioè dopo l’entrata in vigore dalla norma attualmente vigente (Decisione del Consiglio CE N. 766 del 4 dicembre 2000) che fissa divieti nettamente più severi (in sintesi, divieto di somministrazione a tutti gli animali di farine animali tranne farina di pesce, proteine idrolizzate, fosfato dicalcico, plasma essiccato e prodotti lattiero-caseari ad animali diversi dai ruminanti) e limiti ben precisi per la produzione di mangimi contenenti farine animali (stabilimenti o impianti separati, trasporto e stoccaggi separati).
Positività nel 2001

Si osserva un andamento alquanto altalenante con positività che vanno dallo zero o quasi a valori prossimi al 14% (13,6% a marzo). Tali valori, sebbene non privi di preoccupazione, non dovrebbero allarmare più di tanto in quanto non sono, ad eccezione di quelli di gennaio e febbraio, rappresentativi, per via della scarsa numerosità dei campioni prelevati ed analizzati, per lo meno fino ad ottobre. Novembre (non riportato nei grafici, perché incompleto) fa registrare tuttavia, sotto stimolo da parte dalla Commissione Europea e dal Ministero della salute, una ripresa dei controlli.
Numero dei campioni analizzati nel 2001(*)

(* ) Sono riportati solo i campioni prelevati in Umbria e nelle Marche e non sono considerati quelli provenienti da altre regioni (un centinaio circa).
Particolare della positività nel 2001(*)

(* ) Non sono riportati i mesi in cui i campioni sono risultati tutti negativi (aprile, maggio e agosto).
Sono invece rassicuranti i valori nulli ottenuti in diversi mesi (aprile, maggio, agosto e novembre nelle due Regioni; oltre a settembre ed ottobre solo in Umbria; marzo, giugno e luglio solo nelle Marche), senza considerare che i mangimi risultati positivi a settembre-ottobre erano diretti a pesci e provenivano dalla Spagna.
Mi sembra che lo sforzo ci sia!!! E pensare che veniamo inevitabilmente "bastonati" in sede di Commissione Europea …
Bibliografia:
- Cenci T. e Haouet M. N. (2001): "Farine animali e BSE: valutazione del rischio per il consumatore di carne". Web IZSUM (http://www.pg.izs.it); N. 5-6 2001.
- Direttiva 98/88/CE della Commissione del 13 novembre 1998 che stabilisce gli orientamenti per l'identificazione al microscopio e la stima dei costituenti di origine animale nell'ambito del controllo ufficiale degli alimenti per animali (Testo rilevante ai fini della SEE). G.U. Comunità Europea, 27-11-98, L. 318/45.
- Gasparini G. e Crisafulli A. (1996): "Identificazione delle farine di carne di mammiferi nei mangimi". Tecnica Molitoria, agosto 1996: 766.
- Haouet M. N. (2001): "BSE: il ruolo delle farine animali ". Web IZSUM (http://www.pg.izs.it); N. 3-4 2001.
- Haouet M. N. (2001): Dati non pubblicati. Istituto Zooprofilattico Sperimentale Umbria e Marche, 2001.
- Haouet M. N., Altissimi M. S. (2001): Dati non pubblicati. Istituto Zooprofilattico Sperimentale Umbria e Marche, 2001.
- Haouet M. N., Altissimi M. N., Sonaglia L., Cenci T. (1998): "Presenza di farine animali nei mangimi per bovini: valutazione del fenomeno della cross contamination". LII Congresso SIS.Vet, 1998.
- Haouet M. N., Altissimi M. N., Sonaglia L., Cenci T. (2000): "Presence of animal meal in bovine feeds: evaluation of the cross contamination phenomenon". Selected papers, 2000.
- Haouet M. N., Rea S., Di Antonio E., Altissimi S. (1998): "Approcci diagnostici nell'identificazione delle farine di carne". I Congresso SIDiLV, Salsomaggiore, novembre 1998.
- Haouet M. N., Rea S., Di Antonio E., Altissimi S. (2000): "Diagnostic approaches for the identification of animal meals". WAVLD, 2000.
- Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (1999): "Decreto 30 settembre 1999, orientamenti per l'identificazione al microscopio e la stima dei costituenti di origine animale nell'ambito del controllo ufficiale degli alimenti per animali - supplemento n. 14". G.U. Repubblica Italiana, 23-5-2000, Serie generale n. 118.
- Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali (1994): "D.M. 13 aprile 1994 - Approvazione dei «Metodi di analisi per il controllo ufficiale degli alimenti per animali». Supplemento ordinario alla G.U., 28-5-1994, Serie generale n. 123.
- Mondini S., Calocchio E. , Altissimi M. S. , Haouet M. N. , Cenci T. (1999): "Ricerca sulla validità dell'esame microscopico per la individuazione dell'origine delle farine di carne". Selezione Veterinaria 7/1999: 387-397.
- Protocollo d'Intesa tra Ministero della Sanità, Dipartimento Alimenti, Nutrizione e Sanità Pubblica Veterinaria, e il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, Ispettorato Centrale Repressione Frodi (2001): "Controlli sui mangimi ai fini dell'emergenza BSE". Ministero della Sanità Prot. 577 del 21 febbraio 2001.


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