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Numero 13 - marzo/aprile 2002
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LETTERE ALLA REDAZIONE

In questa rubrica potrete avere le risposte dei nostri esperti ai quesiti relativi alle sezioni di approfondimento:
- Sanità e benessere animale
- Sicurezza Alimentare
- Tecnologie Alimentari
- Osservatorio Epidemiologico Veterinario


Questo mese vi parliamo di ZECCHE



Il Signor Luca Robustelli ci ha rivolto un quesito che interesserà molti dei nostri lettori.

>Vorrei sapere se esistono delle sostanze che possono
>attirare le zecche e quindi essere utilizzate per catturarle.
>Allevo vacche - suini e lepri e vorrei controllare l'antipatico
>e indesiderato ospite.

>Luca Robustelli - Azienda Agricola Il Capannolino (http://www.ecoitaly.net/Biologica_Capannolino/)

Risponde la Dottoressa Silva Costarelli (s.costarelli@pg.izs.it) tel 075-343299

Caro Signor Robustelli, rispondere al suo quesito non è facile.
Iniziamo con il dire che le zecche sono artropodi appartenenti alla classe degli Arachnida, Ordine Acarina, parassiti esterni delle dimensioni di qualche millimetro.

Tra le diverse famiglie due sono quelle più importanti: Ixodidae (o zecche dure) parassiti dei mammiferi ed Argasidae (zecche molli) parassiti degli uccelli.
Le zecche dure sono così dette perché caratterizzate dalla presenza di uno scudo dorsale chitinoso, duro che, nel maschio, ricopre tutta la superficie corporea mentre nella femmina soltanto la porzione anteriore così da permettere al corpo di dilatarsi e raggiungere notevoli dimensioni corporee durante il pasto di sangue.

Le zecche molli mancano di tale scudo ma sono tuttavia ricoperte da un tegumento simile al cuoio. In generale hanno forma ovoidale senza capo ben distinto dal resto del corpo; nella parte anteriore sono munite di un rostro caratterizzato dalla presenza di tre pezzi buccali: due cheliceri ed un ipostoma dentellato con cui si ancorano alla superficie dell'ospite. Le zecche non possono volare.
Vivono sul suolo dove le femmine depongono le uova in anfratti riparati o sotto le pietre. Dall'uovo esce una larva provvista di sei zampe (esapode) che si arrampica sui fili d'erba dove attende un ospite su cui salire per nutrirsi.

Il loro ciclo vitale si sviluppa in tre fasi successive (larva-ninfa-adulto) che possono essere svolte tutte su uno stesso ospite oppure su due/tre ospiti diversi a seconda della specie di zecca.
Tuttavia la loro specificità parassitaria, vale a dire la selettività nei confronti di una determinata specie animale, non è molto spiccata, motivo per cui, anche allontanando gli ospiti elettivi da un ambiente (cuccia, canile, pascolo), le zecche in assenza di questi possono sopravvivere e completare il loro ciclo vitale su animali di specie diversa, uomo incluso.

Quando sono presenti su di un ospite in numero elevato causano notevoli disturbi. Il primo di questi è legato alla loro ematofagia (una femmina di zecca adulta può sottrarre fino a 2 ml di sangue al giorno);
inoltre l'ancoraggio del parassita sulla superficie cutanea comporta lesioni che possono facilmente costituire il punto di ingresso di batteri (soprattutto lo Staphilococco aureo) con conseguenti infezioni anche generalizzate.

Ma l'aspetto più preoccupante è legato alla possibilità che, suggendo sangue, questi parassiti inoculino nell'ospite virus, protozoi o rickettsie.
L'inoculazione di questi agenti infettivi può determinare patologie diverse e gravi che, non raramente, possono rilevarsi anche letali per l'ospite.

A causa della loro scarsa specificità parassitaria e della notevole resistenza che hanno al digiuno, la disinfestazione di un ambiente da questi antipatici parassiti risulta molto difficile. Per i pascoli il metodo più efficace si basa sulla loro coltivazione o sulla bruciatura della vegetazione.

Veniamo al modo di combatterle.

In numerose parti del mondo i bagni a base di arsenico hanno rappresentato il primo efficace metodo di controllo delle zecche per oltre 50 anni, prima dell'avvento, nell'immediato dopoguerra, di prodotti organoclorurati.

Con il passare del tempo si è sviluppata una forma di resistenza delle zecche ai farmaci acaricidi, indipendentemente dalla loro natura chimica (organoclorurati, organofosforati, carbamati, piretroidi di sintesi, ecc.); questo aspetto, insieme alla più recente esigenza di applicare programmi sanitari ecologici, in aziende a carattere biologico, ha reso impellente la necessità di ipotizzare soluzioni di controllo alternative e naturali.

Nonostante ciò la bibliografia scientifica è ancora piuttosto scarsa anche in relazione al fatto che l'allevamento biologico costituisce una realtà produttiva piuttosto recente. Un centro di ricerca etiope ha sperimentato in campo, con discreto successo, l'uso di preparazioni a base di erbe (Euphorbia obovalifolia e Ficus brachypoda) sul "Bos indicus indigenus"; ma sono soprattutto staff di ricerca americani ed israeliani ad aver dedicato maggiore attenzione al problema.
Essi hanno ipotizzato che la presenza di specie animali competitive, che dividono con la zecca la stessa nicchia ecologica, potesse costituire una carta vincente nel controllo del parassita: predatori come vespe ed uccelli ma anche batteri, funghi e/o nematodi entomopatogeni sono stati utilizzati in numerosi protocolli sperimentali.

Lo studio più approfondito è quello tutt'oggi rivolto all'impiego di nematodi terrestri appartenenti al genere Heterorhabditis e Steinernema che, nei loro stadi giovanili, penetrano nell'emocele della zecca utilizzando un set di enzimi specifici oltre alla loro forza meccanica. Una volta all'interno dell'ospite rilasciano batteri (Xenorhabdus spp., Photorabdus spp.) che colonizzano ed uccidono la zecca.
Sono stati saggiati circa 42 specie di nematodi appartenenti ai generi di cui sopra, sia in vitro che in condizioni di campo simulate.

Si è potuto osservare che i risultati ottenuti cambiano in relazione alla specie di zecca parassitata ed a quella del nematode utilizzato, alle condizioni e qualità del suolo, alla eventuale presenza di concime ed alla temperatura del terreno (alcuni tipi di nematodi perdono la loro capacità infestante a temperature comprese tra 22 e 30°C mentre altri presentano un range di tolleranza maggiore).

Purtroppo, nonostante queste tecniche abbiano dato risultati sperimentali più che soddisfacenti, dovranno essere oggetto di ulteriori approfondimenti e non viene ancora considerato possibile un loro impiego pratico.

La vaccinazione resta una delle ipotesi di intervento più realistiche per risolvere il problema della infestazione da zecche.

Due sono le strade possibili: Nel primo caso i pochi presidi esistenti non sono comunque stati allestiti nei confronti di specie di zecche presenti in Italia; nel secondo caso l'aspetto più problematico è rappresentato dalla variabilità antigenica degli agenti infettanti.
Una delle più efficaci strategie di sopravvivenza di una specie parassita è quella di mantenere la variabilità del proprio genoma onde "modulare" di volta in volta il proprio profilo antigenico e farlo sfuggire ai meccanismi di difesa immunitaria dell'ospite.
Le Rickettsie, la Theileria annulata e la T. parva sono caratterizzate da popolazioni comprendenti un elevato numero di differenti genotipi tanto da rendere difficile l'allestimento di un vaccino che rimanga efficace nel tempo.
Perché questo possa avvenire occorrerebbe allestire vaccini il cui challenge sia costituito, per ogni agente infettante, da antigeni "fissi", "conservati" e non da polipeptidi immunodominanti ma polimorfi come spesso accade.

Questo ad oggi sembra realizzato con soddisfacenti risultati soprattutto per il genere Babesia ma meno per le altre forme infettive.

Di conseguenza la questione che il nostro amico pone è tutt'ora aperta. Resta buona norma provvedere alla lavorazione dei campi (la zappa aiuta sempre.......!) ed applicare un'altra importante strategia: la selezione degli individui che si mostrano più resistenti all'infestione. Seppure possa sembrare banale questa è, in realtà, una delle linee di intervento che, insieme alla vaccinazione, vengono caldeggiate con maggiore fiducia dagli esperti del settore. Per chiudere, una piccola curiosità: in sud-Africa alcuni ricercatori sono ricorsi all'impiego del pollo "ruspante" come piano di controllo integrato. Prove di campo hanno dimostrato che in un tempo di tre ore questi animali riescono ad ingerire una media di 28,81 zecche a testa. Non male!

Continuate a seguirci, vi terremo informati sugli sviluppi di questo interessante argomento nei prossimi numeri di SPV Webzine.


DOVE SI PRENDONO LE ZECCHE?

Presenti soprattutto in luoghi con molta vegetazione e particolarmente umidi, nei pascoli e dove vi sia selvaggina. Ma non solo: prolificano anche in città, specialmente nelle cantine.
IN CHE MODO ATTACCANO?

Si aggrappano al pelo dell'animale o vi cadono direttamente sopra, camminando sulla cute per arrivare al collo, all'interno delle orecchie, alla base della coda o sulla parte interna della zampa. Di solito l'animale non percepisce la loro presenza perché le dimensioni della zecca sono piuttosto ridotte e il loro morso è quasi indolore.
COSA OCCORRE FARE QUANDO SCOPRIAMO UNA ZECCA?

Bisogna agire con cautela perché la zecca inserisce l'apparato boccale sotto la pelle dell'animale quindi bisogna fare in modo che il parassita venga asportato in toto. Si possono utilizzare alcuni metodi: strofinare con alcool, benzina o olio la parte interessata, quindi aspettare alcuni secondi che la zeccao sia soffocata e con un fazzoletto prendere il corpo sporgente e facendolo ruotare estrarlo. Dopo di ciò, si può facilmente eliminarlo. Se le zecche sono molte, è meglio utilizzare prodotti farmaceutici specifici.
QUALE PERIODO DELL'ANNO È MAGGIORMENTE A RISCHIO?

I periodi più a rischio sono quelli più caldi ed umidi, quali la primavere e l'estate, quindi da aprile ad ottobre




Se avete qualcosa da dire: critiche, comunicazioni o richieste potete scrivere alla

Redazione della Rivista Sanità Pubblica Veterinaria
c/o Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche
Via G. Salvemini n. 1
06126 PERUGIA.

oppure inviarli per email alla redazione di SPV Webzine <spv_webzine@pg.izs.it.it>

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