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Numero 19 - aprile/maggio 2003
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Ruolo dei cani domestici nella diffusione di Malassezia spp.


Boncio L., Agnetti F.*, Panzieri C.*, Greco C., Papini M.
Università di Perugia, Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche, Sezione di Clinica Dermatologica di Terni
*Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche, Sezione di Terni



Il genere Malassezia comprende lieviti che hanno come habitat principale la cute dell'uomo e di altri vertebrati a sangue caldo. Gueho nel 1996 ha proposto una revisione tassonomica del genere, ma fino ad oggi esistono pochi studi sulla presenza e distribuzione delle diverse specie del genere Malassezia sia nell'uomo che negli animali.
Nel nostro studio abbiamo valutato la frequenza e l'entità della colonizzazione da parte di questi lieviti negli animali d'affezione, come possibili veicoli di trasmissione all'uomo.
La classificazione proposta da Gueho comprende 7 specie di Malassezia, 6 lipidodipendenti e 1 non lipidodipendente. Tradizionalmente le 6 lipidodipendenti si considerano antropofile, facenti parte della flora microbica cutanea dell'uomo e associate ad alcune dermopatie come riportato nella diapositiva n. 2 e n. 3.
Al contrario, la specie non lipidodipendente M. pachidermatis viene considerata zoofila, presente principalmente negli animali carnivori, ed è stata molto studiata su cani e gatti.
Questo lievito si isola occasionalmente dalla cute umana, ed è stato associato ad infezioni nosocomiali sistemiche principalmente negli immaturi, che ricevono alimentazione parenterale, ed è ormai dimostrato derivare dagli animali da compagnia.
Il metodo di classificazione utilizzato risulta semplice e pratico: esso rende possibile l'identificazione di tutte le specie di lieviti del genere Malassezia attualmente descritti, con frequenze di isolamento maggiori rispetto all'esame citologico del cerume.
La nostra casistica, anche se limitata, conferma come anche nella nostra regione M. pachidermatis colonizzi con frequenze elevate il canale uditivo esterno degli animali d'affezione, come già evidenziato da Crespo e coll. (2002).
Nel 1998 ad Atlanta, in seguito ad un'epidemia verificatasi in una nursery, Chang giunse alla conclusione che il lievito responsabile fosse M. pachidermatis, e che questo venisse introdotto nella nursery attraverso la colonizzazione della cute del personale sanitario che possedeva in casa cani o gatti come animali da compagnia.
Ci piace infine sottolineare l'utilità di una maggiore collaborazione tra medico e veterinario, in quanto la medicina umana spesso non indaga a fondo circa il ruolo degli animali nella trasmissione degli agenti zoonosici, e a sua volta la medicina veterinaria non copre gli aspetti clinici delle malattie dell'uomo.


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