Webzine Sanità Pubblica Veterinaria

Numero 21 - settembre/ottobre 2003 - http://www.pg.izs.it/webzine.html

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Antonio Ruina Stefania Mancini

RISCHI PROFESSIONALI E MEDICINA VETERINARIA

(comunicazione presentata al Seminario: "I rischi professionali in Medicina veterinaria" - Perugia, 13 giugno 2003)

Antonio RuinaStefania Mancini


INTRODUZIONE
Quanto disposto nel D. Lgs. 626/1994 (e successive modifiche e integrazioni) sul miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, di cui si è cercato di dare i criteri che sono alla sua origine e gli obiettivi che questa normativa intende conseguire, coinvolge tutte le attività produttive e non fa certo eccezione per i veterinari.
Come si è visto, infatti, detta normativa rappresenta per i veterinari ben più di un interesse puramente speculativo, in particolare per quelli che operano a vario titolo nell'àmbito di strutture produttive che prevedono obbligatoriamente la presenza o la supervisione dei veterinari stessi, sia come beneficiari della normativa stessa, sia come responsabili della sua stessa applicazione. Rientrano sicuramente fra questi ultimi i veterinari dipendenti da aziende agricole, da macelli o impianti di trasformazione, in cui i veterinari stessi svolgono attività dirigenziali attinenti alla loro professionalità.

Del resto, fra le 27 attività industriali considerate insalubri con rischio per la sicurezza e la salute umana paragonabile a quello delle industrie chimiche e degli impianti nucleari sono già comprese almeno 7 attività che coinvolgono i veterinari: allevamenti di animali, stalle di sosta, macelli, allevamenti di larve, scuderie, maneggi, salumifici e impianti di trasformazione delle carni, senza voler sottolineare più di tanto le attività diverse che attengono a vario titolo alla problematica (e ai rischi) BSE.

Anche nelle attività suddette, dunque, il datore di lavoro è tenuto ad adottare, nell'esercizio dell'impresa, tutte le misure necessarie a "..tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro" (art. 2087 c.c.), anche attraverso l'applicazione delle acquisizioni più recenti e più aggiornate sull'argomento.
É evidente che l'applicazione di dette misure, per la loro complessità e per il loro stesso numero (per uno stabilimento di media grandezza, la normativa citata richiede complessivamente l'elaborazione di non meno di 50 diversi documenti !), non può essere realizzata personalmente dallo stesso imprenditore al quale, del resto, lo stesso D. Lgs. 626/1994 conferisce la possibilità di delegare alcuni adempimenti ed obblighi da esso derivanti.

In realtà, l'art. 4 del medesimo D.Lgs. dispone la designazione, da parte del datore di lavoro, del responsabile del servizio di prevenzione e protezione che, coordinando l'impegno di uno o più addetti allo stesso, provvede (art. 9) all'individuazione dei fattori di rischio, delle relative misure di sicurezza e di salubrità degli ambienti di lavoro e all'elaborazione delle misure preventive e protettive, ma non ha dunque il compito di curare l'applicazione pratica e "quotidiana" delle procedure di sicurezza da lui stesso elaborate, tanto più se, come consente lo stesso D. Lgs. 626/1994, il suddetto responsabile può essere di provenienza esterna rispetto all'azienda.

In realtà, l'adozione in campo e il rispetto di dette procedure compete in via primaria al datore di lavoro e, soprattutto, alla figura del dirigente che, la giurisprudenza riconosce - come già si è detto - nel lavoratore che con la sua attività influisca sull'intera azienda o, nelle strutture produttive di grandi dimensioni, su un ramo rilevante di questa, e, in quanto tale, è soggetto di norma al solo datore di lavoro o a un suo rappresentante qualificato e delegato.

Da quanto detto scaturisce inevitabile (e fondata) l'ipotesi che il veterinario che opera in un macello o in un'azienda agricola in posizione gerarchica subordinata ma con mansioni dirigenziali possa trovarsi investito di responsabilità civili e penali consistenti e derivanti da eventi conseguenti alla mancata incompleta o incorretta applicazione delle procedure di sicurezza imposte dal D. Lgs. 626/1994.

La giurisprudenza ancora relativamente scarsa su detta normativa e alcune aree di dubbio che tuttora persistono nell'interpretazione del testo in più punti di non facile e univoca comprensione (non si dimentichi che detto decreto è il risultato del recepimento di ben undici direttive comunitarie !) non autorizzano dunque ad "abbassare la guardia" per quanto riguarda l'attribuzione di responsabilità penali (e quindi personali !) al veterinario nell'esercizio delle proprie competenze professionali in ambienti e posizioni gerarchiche che ricadano nella competenza del D. Lgs. In questione.

Ogni veterinario,sia esso dipendente pubblico o privato o libero professionista deve essere a conoscenza in maniera non superficiale delle problematiche di igiene e sicurezza del lavoro emerse nelle proprie strutture di competenza a seguito della valutazione del rischio effettuata in applicazione dell'art.4, comma 2 del D.L.vo 626/94 sia come beneficiari della normativa stessa sia come responsabili della sua stessa applicazione.

Il medico veterinario dipendente del SSN deve agire nell'ambito del Dipartimento di prevenzione in collaborazione con il medico del lavoro per definire i rischi insiti nell'attività del settore zootecnico e parazootecnico.
La valutazione dei rischi è un procedimento articolato in una serie di fasi , che mira ad individuare i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori esistenti in una azienda considerando la probabilità(P)e un certo evento accidentale accada in relazione alla entità del danno(D) conseguente al verificarsi dell'evento accidentale stesso; all'azione di valutazione deve seguire la identificazione e l'attuazione di misure preventive e protettive idonee al fine di salvaguardare la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Pur essendo diversi i contesti nei quali i veterinari operano (allevamenti, ambulatori, mattatoi e stabilimenti di trasformazione di prodotti di OA, ecc.) e tenendo ben presente che il documento di valutazione dei rischi per una determinata azienda deve essere costruito in maniera specifica per l'azienda stessa, i rischi con i quali i veterinari si trovano più spesso a fare i conti sono i seguenti e si possono così classificare:

RISCHI FISICI



RISCHI CHIMICI TOSSICI
Derivanti dall'impiego di: RISCHIO DA ALLERGIE
Il contatto e la manipolazione di animali può determinare la comparsa di numerose forme cliniche allergiche. Tale malattia professionale colpisce dall'11% al 44% del personale che ha contatto quotidiano e stretto con gli animali; il personale si sensibilizza per inalazione di allergeni sospesi nell'atmosfera o a seguito di abrasioni, graffi o morsi. Gli allergeni sono costituiti da proteine della saliva, urina, feci, siero, forfora del pelo.

RISCHIO BIOLOGICO
Particolare interesse per i veterinari riveste il titolo VIII del D.L.vo 626/94 composto da norme che si applicano "a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici".

L'agente biologico viene definito come "qualsiasi microrganismo...che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni". Gli agenti biologici vengono poi suddivisi in quattro gruppi in funzione del livello di rischio che comportano, e cioè:

Tabella 1: AGENTI BIOLOGICI IN FUNZIONE DEL LIVELLO DI RISCHIO
gruppo 1 agenti che presentano poche probabilità di causare malattie in soggetti umani
gruppo 2 agenti che possono causare malattie in soggetti umani e costituiscono un rischio per i lavoratori, ma nei confronti dei quali esistono efficaci misure di profilassi e terapia
gruppo 3 agenti che possono causare malattie gravi in soggetti umani e costituiscono un serio rischio per i lavoratori; tali agenti possono propagarsi nella comunità ma nei loro confronti esistono efficaci misure di profilassi e terapia
gruppo 4 agenti che possono provocare malattie gravi in soggetti umani , costituiscono un serio rischio per i lavoratori, presentano un elevato rischio di propagazione nella comunità e di norma non sono disponibili efficaci misure di profilassi e terapia


Il datore di lavoro di un'azienda che presenti rischi di esposizione ad agenti biologici di varia natura per i lavoratori, come è il caso di tutte le aziende zootecniche in generale, le aziende agricole, gli ambulatori ed i laboratori veterinari e le aziende agroalimentari, è obbligato a tenere in considerazione questi rischi all'atto della valutazione.
Il datore di lavoro è tenuto a documentarsi, anche consultando la ASL ed il medico competente, sulle malattie che possono essere contratte a causa degli agenti biologici, sui potenziali effetti allergici e tossici degli agenti, su eventuali ulteriori situazioni che possono influire sul rischio e sul sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati. Così oltre al procedimento di valutazione generale di tutti i rischi presenti in azienda il D.L.vo 626/94 impone la predisposizione della valutazione specifica dei rischi di natura biologica e del relativo documento.



VALUTAZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO
E difficile valutare il rischio biologico: una valutazione condotta razionalmente considera il rischio R come il prodotto della probabilità P del verificarsi di un evento per le conseguenze negative D o danno che esso comporta.

Per il rischio biologico da zoonosi mancano i dati necessari per valutare la probabilità che si verifichi l'infezione o la malattia. Difficile è anche esprimere l'entità del danno atteso; infatti le conseguenze dell'esposizione ai più comuni agenti zoonosici possono variare dalla semplice sieroconversione, alla malattia con manifestazioni sintomatologiche estremamente variabili fino all'insorgenza i postumi irreversibili o alla morte.

Il danno è infatti condizionato da Le malattie trasmissibili originate dal contatto con gli animali sono alcune centinaia ; quelle di interesse primario,almeno nei Paesi ad elevato livello igienico sanitario in cui esiste un Servizio Veterinario efficiente che opera nell'ambito del sistema di prevenzione e che attua i piani di monitoraggio, prevenzione ed eradicazione delle maggiori malattie trasmissibili sono quelle che riportiamo nella seguente tabella.
Questa tabella non può essere considerata esaustiva, include però i principali agenti trasmissibili elencati nell'allegato XI della 626/94.

Tabella 2: ALCUNE ZOONOSI CHE POSSONO COLPIRE GLI ADDETTI AL SETTORE ZOOTECNICO E PARAZOOTECNICO
malattia agente responsabileprincipale serbatoio animale modo di trasmissioneoperatori espostilivello di rischio
BRUCELLOSI Brucella abortus, Brucella melitensis Bovini, ovicaprini, suini Contatto diretto e indiretto AL; VET; AM; ALP; CONS 3
LEPTOSPIROSILeptospira interrogans Tutte le spp di mammiferi Contatto diretto e indirettoAL; VET;AM;ALP 2
FEBBRE Q Coxiella burnetii Bovini, ovicaprini Contatto diretto e indiretto AL; VET; AM; ALP 3
TETANO Clostridium tetani Tutte le spp di mammiferi Contaminazione ferite AL; VET; AM; ALP 2
PSITTACOSI ORNITOSI Chlamidia pittaci Volatili, pecore, bovini Contatto diretto AL; VET; AM 3aviari-2 no av
TUBERCOLOSIMycobacterium bovis, tuberculosis e avium Bovini,suini,ovicaprini,volatili Contatto diretto e indiretto AL; VET;AM;ALP;CONS 3(avium 2)
SALMONELLOSI Salmonella spp. Tutte le specie animali Contatto diretto e indiretto AL; VET; AM; ALP; CONS 2
CAMPILOBATTERIOSI Campylobacter spp Bovini, ovini, suini, volatili Contatto diretto e indiretto AL; VET; AM; ALP; CONS 2
INFEZIONI DA E.COLI E. coli VTEC e EHEC Tutte le specie animali Contatto diretto e indiretto AL; VET; AM; ALP; CONS 2-3
HELICOBATTERIOSI Helycobacter spp. Suini, altri mammiferi Contatto diretto AL; VET; AM 2
MAL ROSSO Erysipelothrix rhusiopathiae Suini, volatili, pesci Contatto diretto AL; VET; AM; ALP; CONS 2
STAFILOCOCCOSI Staphylococcus spp Varie specie animali Contatto diretto e indiretto AL; VET; AM 2
STREPTOCOCCOSI Streptococcus suis suini Contatto diretto AL; VET; AM 2
LISTERIOSI Listeria monocytogenes Bovini, ovicaprini, suini, pesci, volatili Contatto diretto e indiretto AL; VET; AM; ALP; CONS 2
CARBONCHIO Bacillus anthracis Bovini, ovicaprini, suini, equini Contatto diretto AL; VET; AM; ALP 3
TULAREMIA Francisella tularensis Lagomorfi, animali selvatici Contatto diretto AL; VET; AM; ALP; CONS 2-3
MALATTIA DI LYME Borrelia burgdorferi Bovini,ovicaprini, equini Contatto diretto AL; VET 2
TOXOPLASMOSI Toxoplasma condii Ovini, lagomorfi, gattiContatto diretto e indiretto AL; VET; AM; ALP; CONS 2
ECHINOCOCCOSI IDATIDOSI Echinococcus granulosusOsp. Def: cani e canidi selvOsp int:bovini,ovicaprini,suini Contatto diretto e indiretto AL 3
DERMATOFITOSI Tricophyton spp Microsporum Bovini,cani , gatti Contatto diretto e indiretto AL; VET; AM; 2
INFLUENZA VIRALE Orthomyxovirus tipo A Volatili, suini Contatto diretto AL; VET 2
MALATTIA DI NEWCASTLE Paramyxovirus 1 volatili Contatto diretto * AL; VET 2
STOMATITE PAPULOSA Parapoxvirus bovini Contatto diretto AL; VET 2
ECTIMA CONTAGIOSO Parapoxvirus ovicaprini Contatto diretto * AL; VET 2
AL = allevatori e addetti alla custodia e cura degli animali
AM = addetti alla macellazione degli animali
ALP = addetti alla lavorazione dei prodotti di OA
CONS = consumatori
VET = veterinari del servizio pubblico e liberi professionisti
contatto diretto = contatto con gli animali attraverso vettori(ectoparassiti ed insetti), alimenti contaminati,superfici imbrattate da feci,ecc.
* sia per contatto con gli animali, sia possibilità di di infezione nel corso di operazioni di vaccinazione con vaccini a virus vivo attenuato
da "Professione Veterinaria 10/2000"

IL RISCHIO BIOLOGICO: LE ZOONOSI
Vorrei fare un breve accenno adesso alle principali zoonosi, rubando forse qualche argomento al prof. Siracusa, anche perché ritengo che una particolare difficoltà a costruire uno schema razionale di prevenzione delle zoonosi professionali consiste nel fatto che il problema affonda le sue radici in campo veterinario e manifesta i suoi effetti in campo medico.

Fonte del pericolo sono gli animali e controllare la sanità animale rappresenta la prevenzione alla fonte del problema.
La conduzione dell'allevamento, i trattamenti vaccinali o terapeutici, l'esecuzione delle profilassi, la scelta e manutenzione dei ricoveri sono fattori di controllo non solo delle patologie animali ma anche di quelle degli addetti.
Il medico del lavoro si confronta con le malattie nell'uomo e dispone degli strumenti per contrastarne le conseguenze ma ha evidenti difficoltà ad intervenire con la rimozione delle cause del problema.

Il D.Lvo 626 nel porre l'accento sul rischio biologico renderà indispensabile l'avvio di un'organica collaborazione di medici e veterinari, di datori di lavoro e di funzionari pubblici per affrontare il problema.





LEPTOSPIROSI
Deriva dall'infezione della spirocheta Leptospira interrogans e l'eventuale conseguenza medico legale è estremamente importante in rapporto alla possibilità di danno nefrologico o epatico grave, ovvero alla possibilità dell'evento morte.
In ambiente umido la sua resistenza a temperatura ambiente è molto elevata(mesi); uno dei principali serbatoi dell'infezione, con mantenimento quindi della possibilità di diffusione della malattia è il topo.

L'ingestione è la principale via di trasmissione; le spirochete possono comunque penetrare nell'organismo attraverso le mucose o parti abrase della cute.
Nella pratica veterinaria il contatto con urine dell'animale infettato (cani, gatti, bovini, suini) durante la visita dell'animale, interventi chirurgici, prelievi ematici rappresenta il momento fondamentale della possibile trasmissione, così come il potenziale contatto con fluidi uterini durante il parto, da cui il fondamentale uso di guanti e maschere.

La leptospirosi costituisce il rischio più importante nell'allevamento suino, particolarmente nelle regioni del paese dove l'infezione tra i suini risulta diffusa (Lombardia, Emilia, Umbria); visto che le urina degli animali infetti costituiscono la fonte di infezione principale, le operazioni di lavaggio di capannoni, mezzi di trasporto, sale macellazione che comportano la formazione di aerosol possono rappresentare un momento di rischio.

MAL ROSSO
Il mal rosso, sostenuto da Erysipelothrix Rhusiopathiae è un'altra infezione notevolmente diffusa tra i suini in Italia e può costituire un rischio per allevatori e veterinari, ma la categoria professionale più colpita è quella dei macellatori.

Erysipelothrix Rhusiopathiae determina nell'uomo una lesione cutanea detta erisipeloide ma anche artriti, meningiti ed endocarditi valvolari particolarmente gravi. Nella trasmissione dell'infezione all'uomo assumono particolare importanza sia la macellazione di suini infetti che la lavorazione e il consumo delle relative carni.

Il D.L.vo 18 aprile 1994 n. 286 "Attuazione delle direttive 91/497/CEE e 91/498/CEE concernenti i problemi sanitari in materia di produzione e ed immissione sul mercato di carni fresche" prevede l'esclusione dalla macellazione di suini affetti da mal rosso. Purtroppo la presenza di setole abbondanti o animali non perfettamente puliti impediscono spesso di individuare le classiche lesioni esantematiche alla vista ante mortem.

I suini con lesioni cutanee clinicamente manifeste vengono poi facilmente individuati e distrutti in sede di visita post mortem, ma solo dopo essere stati manipolati dagli operai.

A questo va aggiunto che alcune forme di questa infezione sono praticamente in apparenti e che l'agente si localizza a livello di tonsille , placche di Peyer e cripte della valvola ileo cecale anche in animali apparentemente sani. Per tutti questi motivi una visita veterinaria accurata non può offrire protezione assoluta agli addetti di un macello.





BRUCELLOSI
La brucellosi è la più conosciuta ed importante zoonosi per allevatori, veterinari, macellatori ed addetti ai laboratori di diagnosi.
La brucellosi in Italia è una malattia a bassa prevalenza negli allevamenti bovini di molte regioni grazie al piano specifico di profilassi e di eradicazione della infezione brucellare (L. 615 del 9 Giugno 1964. "bonifica sanitarie degli allevamenti dalla tubercolosi e dalla brucellosi; D.M. 3 Giugno 1968 "Piano nazionale per la brucellosi bovina") che ha portato dopo circa 30 anni alla quasi scomparsa del problema da molte aree del Paese.

La sua importanza come rischio professionale è senza dubbio diminuita in questo settore, mentre persiste elevata nell'allevamento ovi caprino, dove l'infezione tra gli animali è più diffusa.
Tuttavia il rischio non si può definire trascurabile , particolarmente in quelle aree dove l'incidenza si mantiene anche tra i bovini. Brucella abortus rappresenta la specie del genere Brucella più diffusa in questa specie animale.
Non è comunque da escludere anche la possibilità di una infezione da Brucella melitensis che, anche se riscontrata più frequentemente tra gli ovicaprini, può colpire anche i bovini.

In allevamento la manipolazione di feti o placente in occasione di aborti e il contatto co secrezioni vaginali , deiezioni, carcasse di animali infetti rappresentano i fattori di rischio principali; per il veterinario pubblico è un fattore di rischio anche la puntura accidentale durante l'attività di prelievo di sangue agli animali per i piani di profilassi.

La recente apertura al commercio di animali vivi da Paesi dell'Europa orientale ove le situazioni epidemiologiche sono poco note ed i sistemi veterinari sono relativamente affidabili, accentua i rischi di infezione per macellatori, allevatori e veterinari.

FEBBRE Q
La Febbre Q causata da Coxiella burnetii si trasmette dall'animale infetto(bovini, pecore, capre) all'uomo per lo più attraverso l'aereosol infetto durante il parto, per quanto cariche cospicue di tali agenti possono essere presenti anche nel latte, sangue, urine, feci, secrezioni orali e nasali; un'altra possibile via di trasmissione è rappresentata dal morso di zecca infetta.

Gli aereosol infetti rappresentano una fonte di rischio per gli addetti all'allevamento e alla macellazione di animali. Negli anni '50 ha dato origine a numerosi focolai di malattia in Italia. Indagini sierologiche effettuate in Puglia e in Polonia (Baldelli r. e coll. 1995, Tylewska e coll. 1991) risulterebbe che l'esposizione professionale agli agenti della Febbre Q rivesta un notevole importanza ma la rarità attuale delle segnalazionidi malattia sta probabilmente a significare che per lo più potrebbe trattarsi di infezioni asintomatiche o accompagnate da sintomi non caratteristici difficilmente distinguibili da quelli di altre patologie.

TUBERCOLOSI
Rappresenta un rischio professionale quasi mai quantificabile in quanto per i casi umani che difficilmente si arriva ad una tipizzazione del micobatterio responsabile, ciò non consente quindi di distinguere le infezioni da M. bovis da quelle di M. tuberculosis sicuramente più frequenti, ma non legate alla trasmissione da parte dei bovini.

In ogni caso il problema della recrudescenza a livello mondiale di infezione tubercolare nell'uomo merita particolare attenzione.
L'OMS nei suoi più recenti rapporti segnala milioni di casi umani nonostante le campagne di eradicazione in corso da decenni in quasi tutti i Paesi, Italia compresa(L. 615 del 9 Giugno 1964. "bonifica sanitarie degli allevamenti dalla tubercolosi e dalla brucellosi).
Nel caso della tubercolosi attualmente la popolazione a rischio maggiore è rappresentata da soggetti affetti da virus HIV responsabile della immunodeficienza acquisita. Rifugiati e immigrati che trovano impiego nelle aziende zootecniche sono talvolta costretti a vivere in condizioni di estremo disagio economico e per questo possono essere vittime di infezione tubercolare. Ricordiamo che si possono avere casi di positivizzazione alla prova della tubercolina in bovini venuti a contatto con persone affette dalla forma tubercolare umana.

Le fonti di infezione possono essere le più diverse: l'infezione può passare da uomo a uomo, dagli animali all'uomo, tra specie animali diverse (es. bovino-suino) all'uomo. Alimenti non adeguatamente trattati termicamente possono essere una fonte di infezione importante.

Tutto ciò impone sorveglianza permanente anche a livello d'allevamento e, successivamente, di centri di macellazione al fine di segnalare immediatamente al servizio di prevenzione casi di tbc animale per l'adozione di misure tese a proteggere l'uomo ed eradicare la malattia dalle popolazioni animali.

DERMATOFIZIE(MICOSI)
Tali malattie si trasmettono per contatto diretto con l'animale infetto o anche per via indiretta attraverso oggetti contaminati per contatto con l'animale.
A distribuzione variabile a seconda delle specie , nell'uomo si manifestano soprattutto nella sede di contatto.
Notevolmente diffuse tra i bovini sono le micosi sostenute da Tricophyton verrucosum che possono colpire anche gli operatori.

PSITTACOSI ORNITOSI
Ècertamente malattia eccezionale nella professione veterinaria,ma data la via di trasmissione attraversale clamidie disperse nell'aria dai volatili non impossibile; è sicuramente più frequente in allevatori; diffondono tale infezione anche gli uccelli da allevamento; la malattia è per lo più ad andamento benigno: sindrome influenzale, solo raramente con complicazioni polmonari e neurologiche.

IDATIDOSI
Ha come via tipica di trasmissione quella investiva, ma non è impossibile che il professionista si infetti curando il cane che leccandosi può portare le uova con la saliva o sul pelo.
Un 'efficace prevenzione è costituita dalla protezione delle mani durante la pratica professionale e dal lavaggio accurato delle stesse.
La manifestazione patologica classica è rappresentata dalle tipiche cisti a fegato e polmone. E una malattia legata all'allevamento ovino e a condizioni socio culturali particolari.

E. COLI produttori di verocitossine
sono ceppi di Coli che producono verocitossine, che determinano nell'uomo sindromi emolitiche uremico emorragiche che hanno portato a morte alcuni bambini anche nel nostro Paese.
Tale agente troverebbe nel bovino, e forse in altre specie il reservoir asintomatico.
L'infezione si trasmetterebbe all'uomo attraverso carni poco cotte o altri cibi, tra cui succhi di frutta, yogurt e verdure contaminati da feci di bovino.

I ceppi produttori di verocitotossine sono presenti nell'intestino degli animali, soprattutto bovini, e sono stati isolati anche da capi conferiti per la macellazione. Si sta indagando se tali ceppi costituiscano un rischio per gli addetti alla macellazione.

IL RISCHIO BIOLOGICO: I RISCHI EMERGENTI
E necessario a questo punto ricordare nuovi e potenziali rischi di malattie trasmissibili dagli animali all'uomo finora poco conosciuti ma che sono saliti prepotentemente alla ribalta internazionale.

Si tratta degli agenti non convenzionali responsabili di encefalopatie spongiformi nell'uomo (Creutzfeld Jacob, Kuru, sindrome di Stressman Scheinker, Insonnia fatale familiare) e degli animali (Scrapie, Encefalopatia spongiforme bovina, encefalopatia spongiforme felina, ecc).

Si è prospettata recentemente in seguito agli oltre centomila casi di malattia nei bovini(BSE) verificatisi dal 1985 ad oggi in Inghilterra, il passaggio della infezione dagli animali all'uomo, determinando in quest'ultimo un forma finora sconosciuta , ora definita variante giovanile di Creutzfeld Jacob (vCJD).
Nel nostro Paese non sono stati evidenziati casi di BSE ad eccezione di 2 bovini provenienti dalla Gran Bretagna, prontamente abbattuti e distrutti.

Il rischio per veterinari, allevatori, addetti alla macellazione,macellai e consumatori è bassissimo in termini di probabilità di esposizione all'agente BSE, ma la gravità del problema richiede comunque che venga preso in forte considerazione; vedi l'adozione di tutta la serie di misure sanitarie di protezione contro le encefalopatie spongiformi trasmissibili.

Moltissime sono le misure adottate e realizzate dai Servizi Veterinari, fra le principali ricordiamo:

negli allevamenti al mattatoio Si deve essere pronti, in caso di comparsa anche nel nostro Paese ad adottare in toto le misure già adottate in Inghilterra e Francia, i due Paesi per ora maggiormente colpiti da vCJD e BSE.

Si ricorda tra l'altro come le emergenze sanitarie legate al consumo di prodotti di origine animale che hanno caratterizzato quest'ultimo decennio, in particolare la BSE, hanno messo in risalto l'importanza della polizia sanitaria al fine di evitare ogni rischio per la salute pubblica e quella degli animali.
Questo obiettivo è al centro del REGOLAMENTO COMUNITARIO 1774/2002 che fissa le norme di polizia sanitaria applicabili alla raccolta, al trasporto, al deposito, alla manipolazione e alla trasformazione e all'eliminazione dei sottoprodotti di OA.

Si tratta di un regolamento che ha un fortissimo impatto su tutta la filiera della carne e che proibisce l'introduzione nella catena alimentare di carcasse animali e di sottoprodotti di OA declassati; le uniche materie prime di OA autorizzate per la produzione di mangimi sono quelle provenienti da animali dichiarati idonei al consumo umano a seguito di un'ispezione sanitaria.

Il Regolamento prevede inoltre metodi per l'utilizzazione o l'eliminazione di prodotti di OA, nonché disposizioni più rigorose in materia di controllo e di tracciabilità. Il Regolamento fissa infine le condizioni alle quali i sottoprodotti di OA e i prodotti derivati possono essere importati da Paesi terzi.

IL RUOLO DEL VETERINARIO
Il Servizio Veterinario pubblico che assolve la storica funzione di prevenire i rischi di trasmissione di infezioni animali al consumatore ed alla popolazione nonché di evitare che residui di farmaci e contaminanti ambientali finiscano nella filiera alimentare ed è capillarmente presente nelle aziende zootecniche e nel settore della trasformazione degli alimenti di OA, deve divenire il naturale punto di riferimento per quanti vogliano affrontare il problema della prevenzione delle zoonosi professionali, visto che la fonte del pericolo sono gli animali e controllare la sanità animale rappresenta la prevenzione alla fonte del problema.

Il medico veterinario dipendente del SSN, operante nell'area di sanità animale,di Igiene degli allevamenti e di controllo degli alimenti di OA deve agire, nell'ambito del Dipartimento di prevenzione, in collaborazione con il medico del lavoro per definire i rischi insiti nell'attività del settore zootecnico e parazootecnico e per segnalare tempestivamente eventuali casi di malattia presenti negli animali che possono minacciare la salute dei lavoratori.

Il veterinario incaricato della ispezione delle carni al macello dispone a sua volta dello strumento dell'esame anatomo patologico che compie con la visita post mortem e rappresenta spesso il mezzo per individuare patologie non manifeste in allevamento.

Il puntuale rispetto dell'obbligo di legge di segnalare la patologia zoonosica rappresenta un elemento fondamentale per il controllo del rischio per i consumatori, per gli addetti e per gli animali stessi.

Nel pieno rispetto delle diverse competenze professionali e responsabilità individuali degli altri soggetti, solo una forte e motivata partecipazione del veterinario permette di affrontare questo problema. L'individuazione corretta dei rischi è il punto di partenza di ogni valutazione e nel caso del rischio biologico questo significa una chiara rappresentazione delle condizioni sanitarie ed epidemiologiche di un allevamento.

In questo modo il datore di lavoro potrà predisporre un documento di valutazione rispondente alla reale esistenza di rischi zoonosici nella sua azienda e la sorveglianza sanitaria affidata al medico competente prevederà esami e controlli mirati per tali profili di rischio.

CONCLUSIONI
Il rischio biologico è strettamente correlato allo stato epidemiologico degli animali allevati e macellati che varia per le modificazioni ambientali, per il tipo di attività zootecniche praticate e le loro modalità, per i mutamenti intervenuti nelle popolazioni degli animali portatori, domestici e selvatici, ecc.

Il Servizio veterinario deve collaborare, per quanto di competenza, coi Servizi di tutela della salute nei luoghi di lavoro per l'applicazione del D.L.vo 626/94 in allevamenti, macelli, laboratori di trasformazione carni, ambulatori, stabulari ed in genere in tutte le attività che comportano contatti con animali o loro prodotti.

L'OMS ha riconosciuto le zoonosi quali causa di malattie professionali (WHO Fact Sheet December 1997) e la lotta alle zoonosi è uno dei compiti storici della veterinaria ed uno dei principali motivi della presenza dei Servizi veterinari nel Sistema Sanitario Nazionale. Il D.L.vo 626/94, recepimento delle Direttive europee, rende obbligo di legge la valutazione del rischio biologico e la lotta alle zoonosi professionali.

Tutto questo non è realizzabile senza il contributo del medico veterinario; è necessario uno sforzo culturale che permetta di realizzare quella collaborazione interdisciplinare che alcuni auspicano da tanti anni e che non si è mai realizzata compiutamente.



BIBLIOGRAFIA
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