Webzine Sanità Pubblica Veterinaria

Numero 23 - febbraio 2004 - http://spvet.it
Documento reperibile all'indirizzo: http://spvet.it/indice-spv.html#206

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Francesco Agnetti Carmen Panzieri

Diagnosi di laboratorio delle Dermatofitosi


Francesco Agnetti, Luisa Boncio, Carmen Panzieri,



Lavoro presentato dall' Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche - Sezione di Terni e dall'Università degli Studi di Perugia - Dip. di Specialità Medico-Chirurgiche - Sezione di Clinica Dermatologica di Terni nell'ambito del "Corso Teorico Pratico su Dermatofitosi e Leishmaniosi" (evento accreditato ECM), organizzato dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche, in collaborazione con l'Ordine dei Medici Veterinari della Provincia di Terni, e svoltosi a Terni, il 27-09-2003.



INTRODUZIONE
Una corretta diagnosi di micosi dovrebbe derivare dalla sintesi ottenuta da osservazioni cliniche sul paziente e da indagini microbiologiche dirette (microscopia e coltura) e indirette (sierologia) su materiale clinico. Le indagini di laboratorio in particolare, sono fondamentali per discriminare elementi fungini realmente patogeni da quelli saprofiti, e quindi per confermare o smentire un sospetto diagnostico emesso in sede di visita clinica.

CAMPIONAMENTO
Per isolare un dermatofita in laboratorio risulta di notevole importanza il materiale organico di partenza (croste, peli, etc.): la natura dello stesso, nonché le modalità con cui viene prelevato condizionano notevolmente la buona riuscita delle indagini successive.

E' importante inoltre che il paziente non sia stato sottoposto ad alcun trattamento antimicotico topico e/o sistemico da almeno una settimana precedente al prelievo, onde evitare di ottenere risultati non attendibili.
La realizzazione di un buon campionamento deve tenere conto del tipo di sospetta micosi in esame, ossia se questa sia superficiale (esclusivo interessamento cutaneo) o profonda (coinvolgimento del sottocute, dei liquidi organici, dei visceri).
In caso di micosi superficiale è consigliabile procedere a una detersione della zona interessata con alcool al 70% o acqua distillata, prima di effettuare il campionamento; successivamente il prelievo di squame cutanee o di peli va fatto con lametta o bisturi sterile, o se si tratta di soli peli anche con spazzolino da denti o piccola spazzola sempre sterili (hair-brush), raccogliendo materiale soprattutto alla periferia della lesione (parte giovane della colonia fungina); per quanto riguarda i peli, particolare attenzione va posta a quelli troncati o comunque non integri.
In caso di sospetta micosi da lieviti (Malasseziosi, Candidiosi, etc.), o comunque con interessamento delle mucose, si può procedere al prelievo di materiale tramite tampone sterile, passandolo direttamente sulla lesione.

Un contemporaneo test con lampada di Wood ci può indirizzare meglio verso peli e croste da prelevare (per quei dermatofiti che sono positivi a tale test) e, nel caso trattasi di un controllo post terapia, ci può aiutare a valutare se continuare con il protocollo terapeutico oppure sospenderlo.
Da ricordare che il test con lampada di Wood non è specifico, è scarsamente sensibile ed è importante eseguirlo dopo aver fatto riscaldare la lampada per almeno 5-10 minuti.
Tutto il materiale prelevato va posto in piastre Petri o contenitori sterili, riducendo al minimo il tempo di esposizione all'aria per evitare contaminazioni.

In caso di micosi profonde il materiale da prelevare potrebbe essere rappresentato da pus, essudato (ago aspirato o tampone), campioni bioptici o autoptici; ovviamente andrà fissato in formalina oppure posto in apposito terreno di trasporto, a seconda della natura del campione e dell'esame a cui è destinato.

INVIO DEL CAMPIONE IN LABORATORIO
Il materiale così raccolto e conservato va inviato al laboratorio il prima possibile (entro le 24h); è molto importante che ogni campione sia accompagnato da tutte le informazioni che possano indirizzare meglio le indagini da eseguire: dati anamnestici del paziente (tipo di vita, tipo di ambiente, alimentazione, precedenti sanitari, eventuali terapie effettuate, presenza di altri animali e/o persone con lesioni simili, etc.), sospetto diagnostico e risultati dell'esame di Wood e del DTM test sono informazioni che non dovrebbero mai mancare.

Si ricorda che i campioni da esaminare debbono pervenire al laboratorio adeguatamente conservati e sigillati, onde evitare eventuali contaminazioni o fuoriuscite di materiale.
Il sospetto diagnostico (emesso sulla base dei dati clinici e dei test eseguiti in ambulatorio - lampada di Wood, esame microscopico a fresco, DTM test) aiuta il laboratorista nella scelta dei terreni selettivi su cui seminare il campione, al fine di ottenere una diagnosi più rapida e più attendibile.

Il terreno DTM (Dermatophyte Test Medium) è un facile metodo d'indagine realizzabile anche in ambulatorio; in questo terreno è contenuto un colorante, il rosso fenolo, nonché alcuni agenti battericidi (clortetraciclina e gentamicina) e la cicloeximide, che inibisce la crescita di funghi saprofiti.
I dermatofiti utilizzano per prima cosa le proteine contenute nel terreno, con produzione di metaboliti acidi, che provocano il viraggio dell'indicatore dal giallo al rosso (viraggio pH dipendente); questo cambiamento di colore avviene quindi precocemente, in contemporanea all'apparizione del micelio.

I saprofiti invece, consumano prima i carboidrati, e solo quando questi sono esauriti utilizzano le proteine: il viraggio in questo caso sarà quindi tardivo, ben dopo l'apparizione del primo micelio. Per questo motivo è bene controllare ogni giorno la coltura, per controllare sia la crescita del micelio, sia il colore del terreno.
Però in alcuni rari casi i saprofiti presentano un viraggio precoce, mentre alcuni dermatofiti non causano viraggio; inoltre il colore del terreno non permette di visualizzare bene quello delle eventuali colonie; ecco quindi la necessità di usare sempre il DTM in parallelo al Sabouraud Agar, terreno questo che consente di valutare la morfologia macroscopica del fungo e la presenza dei macroconidi (organi della riproduzione).

ESAME MICROSCOPICO DIRETTO
L'esame microscopico diretto consente di valutare la presenza di ife fungine e di macroconidi; può essere condotto a partire da materiale patologico direttamente prelevato dal paziente (croste, peli, unghie) ed è un metodo d'indagine realizzabile anche in ambulatorio: sono necessari vetrini porta- e coprioggetti e una soluzione di idrossido di potassio (KOH) al 10% (facilmente reperibile in farmacia); il KOH digerisce il materiale cheratinizzato ma non le spore.
La metodica prevede di porre il campione in esame su un vetrino portaoggetti, dopodichè aggiungere una goccia di soluzione di KOH e coprire con un coprioggetti; riscaldare poi il vetrino al massimo per 5min (con un becco Bunsen, ma va bene anche con fiammifero o accendino), stando attenti a non prolungare troppo l'esposizione al calore, altrimenti si ha cristallizzazione del KOH, con conseguente comparsa di artefatti che possono disorientare nell'osservazione.

Posizionato il vetrino al microscopio, si osserva a ingrandimento 10x, usando bassa intensità luminosa e fochettando ripetutamente.

Una variante di tale metodo prevede l'aggiunta di inchiostro Parker Super Quink (facilmente reperibile in cartoleria) alla soluzione di KOH al 10%: 50ml di inchiostro + 5g di KOH vanno centrifugati a 2500rpm per 10min; il surnatante va poi raccolto e posto in un contenitore di plastica (non di vetro).
L' inchiostro ha la capacità di penetrare nelle strutture fungine, rendendole così ben visibili.
Quando l'esame con KOH è positivo, la diagnosi clinica può essere confermata e può essere applicata una terapia mirata (senza allestire necessariamente un esame colturale); se invece l'esame è negativo non si può escludere la diagnosi o il sospetto clinico.

La negatività di un esame microscopico diretto può essere imputata a:

1. errore nella scelta della sede di prelievo del campione (zona anatomica non interessata da lesione o con lesione poco rappresentativa; parte centrale della lesione; lesione non di origine micotica);
2. campione quantitativamente insufficiente;
3. errori nella preparazione della soluzione di KOH;
4. campione non sufficientemente chiarificato;
5. fuoco o luce del microscopio inadatti;
6. campione non esaminato per intero;
7. scarsa esperienza dell'osservatore

Se eseguiti correttamente, ripetuti esami negativi con KOH possono creare dubbi considerevoli sul giudizio clinico, ma non possono escludere ancora la diagnosi. In tal caso è bene ricorrere ad un esame colturale, considerando però il tempo di attesa di risposta, che per questo esame è un po' più lungo.

Si possono poi condurre esami microscopici anche previa colorazioni specifiche, quali il Gram e la PAS.
E' bene ricordare la possibilità di avere dei risultati falsi positivi all'esame microscopico diretto: questa evenienza è da ricondurre al fenomeno della birifrangenza, una caratteristica tipica delle spore dei miceti, dovuta al notevole spessore della parete cellulare (costituita da glucani, mannani e chitina; a tal proposito si ricorda che la chitina è presente anche nell'esoscheletro degli artropodi: questo si può considerare un esempio di evoluzione convergente, ossia organismi molto distanti fra di loro, hanno la capacità di elaborare, in maniera indipendente, strutture simili o identiche per assolvere alle stesse necessità).
Le spore fungine sono sempre birifrangenti, per cui è possibile osservarle con doppio fuoco, a differenza per esempio delle gocciole lipidiche (facilmente scambiabili per spore) che invece non danno questo fenomeno.

ESAME ISTOLOGICO
L'esame istologico può essere d'ausilio non solo per l'identificazione di elementi fungini, ma anche perché consente di valutare l'eventuale reazione tissutale da parte dell'ospite (utile reperto, visto il carattere opportunistico dei miceti patogeni).
Una risposta di tipo infiammatorio può lasciar presumere un'infezione fungina, per quanto non sia patognomonica.
La colorazione con Ematossilina-Eosina risulta essere poco efficace, poiché poco sensibile e quindi non in grado di differenziare gli elementi fungini dalle cellule tissutali dell'ospite.
Invece la PAS o la colorazione di Gomori sono altamente specifiche per la diagnosi istologica di micosi.

ESAME COLTURALE
Il metodo diagnostico più tradizionale in campo micologico è l'esame colturale, basato sull'identificazione dell'agente causale, facendo riferimento alle sue caratteristiche macro- e microscopiche di colonia; l'efficacia di questo metodo è però penalizzata dalla lunghezza dei tempi di crescita, che non sempre si conciliano con l'esigenza di una diagnosi precisa quanto prima possibile.
Invece nel caso in cui l'esame microscopico diretto sia dubbio o negativo (per le cause elencate in precedenza) il metodo colturale è sicuramente efficace per confermare o smentire il sospetto diagnostico.

Per l'ottenimento dello sviluppo di colonie in vitro è necessario l'impiego di terreni specifici; normalmente i dermatofiti crescono bene sui più comuni terreni di coltura, in condizioni di aerobiosi, sia a T° ambiente (25°C) sia a 37°C.
Il terreno normalmente utilizzato è il Sabouraud Dextrose Agar, sia per la semina diretta di materiale patologico che per la realizzazione di subcolture; tale terreno è disponibile in commercio già preparato (su piastra) o in forma liofilizzata.
Le operazioni di semina vanno condotte in ambiente sterile (cappa a flusso laminare): il materiale in esame viene prelevato dal contenitore con cui arriva in laboratorio e posto direttamente sul substrato di agar; la piastra viene poi chiusa in maniera non ermetica (i miceti sono organismi aerobi, perciò il passaggio di O2 deve essere sempre garantito) e posta ad incubare a 25°, 30° o 37°C; il tempo d'incubazione può essere variabile, ma in genere si consiglia di attendere un periodo di almeno 10-12gg.

I controlli dello sviluppo vanno fatti quotidianamente, e se si individuano colonie sospette vanno isolate in purezza, seminandole su una nuova piastra di Sabouraud.
Al terzo esame colturale negativo si può emettere diagnosi negativa di micosi.
In caso di sviluppo positivo vanno valutati macroscopicamente l'aspetto e il colore (sia della superficie che del fondo della colonia), nonché le dimensioni e l'eventuale produzione di pigmenti.

Si procede poi a rimuovere una piccola porzione di micelio dalla colonia (solitamente dalla regione centrale, che è quella più matura e quindi con maggior probabilità di aver sviluppato organi di riproduzione) mediante ansa o ago sterili, per sottoporlo ad esame microscopico diretto: tale frammento viene posto su un vetrino portaoggetti, in una goccia di acqua distillata, poi coperto da un coprioggetti ed osservato a ingrandimento di 40x e poi di 100x.
Questo metodo permette di visualizzare le ultrastrutture miceliali, con particolare riferimento agli organi di fruttificazione (conidi e spore), che ci permettono di identificare il micete in esame, in quanto specie-specifici; dei conidi andremo a valutare la morfologia, le dimensioni, la posizione rispetto alle ife, l'eventuale struttura interna (setti).

I controlli giornalieri delle piastre di Sabouraud vanno condotti anche per evidenziare eventuali casi di dimorfismo e/o di contaminazione da parte soprattutto di muffe.
Il fenomeno del dimorfismo (peculiarità dei miceti patogeni) è la capacità, reversibile, che hanno i dermatofiti di presentarsi morfologicamente distinti nella forma parassitaria o tissutale, in genere lievitiforme, e nella forma colturale o vegetativa, in genere miceliale.
Questa duplice condizione sarebbe da imputare ad uno scarso adattamento dell'agente fungino alle condizioni avverse dell'ambiente tissutale (soprattutto T° e potenziale di ossido-riduzione), oppure a meccanismi di autoregolazione genica, che per alcuni funghi possono esprimersi anche in vitro, e che sono dipendenti da T°, contenuto in N amminoacidico, concentrazione di ioni Zn, variazioni del pH intracellulare, accumulo di CO2.

Per quanto quindi non completamente definito, il fenomeno del dimorfismo si realizzerebbe per un'attivazione o una repressione selettiva di geni, in particolare della tubulina, coinvolta nella morfogenesi dei microtubuli.
Si ricorda che, qualora tutti gli esami precedenti a quello colturale facciano emettere diagnosi di dermatofitosi (evidenti lesioni cliniche, esame microscopico diretto positivo, fluorescenza alla lampada di Wood), in attesa di risposta dell'esame colturale, è bene comunque impostare un protocollo terapeutico (magari inizialmente soltanto topico) onde contrastare la diffusione delle lesioni, la possibilità di contagio animale-animale e animale-uomo, e anche per soddisfare l'esigenza lecita del proprietario di veder risolto il problema quanto prima.

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