Webzine Sanità Pubblica Veterinaria
Numero 26 ottobre/novembre 2004 - http://www.izsum.it/webzine.html
Dalle collaborazioni coordinate e continuative ai contratti di lavoro
dipendente a tempo determinato
LA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO: QUALE SOLUZIONE PER L'ISTITUTO, IL C. D. LAVORO A PROGETTO OPPURE IL CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO?
La recente riforma del mercato del lavoro, attuata con il D.lgs. 276/2003, ha introdotto la nuova fattispecie
contrattuale del lavoro a progetto, con il dichiarato fine di porre rimedio alle distorsioni create
da un uso abnorme delle collaborazioni coordinate e continuative e di accrescere nel contempo le tutele dei
lavoratori, soprattutto in materia di malattie e gravidanza.
A norma dell'articolo 61, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa devono essere riconducibili
ad uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti
autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione
del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione della attività lavorativa.
Restano inoltre escluse le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione
in appositi albi professionali, nonché coloro che percepiscono la pensione di vecchiaia.
Il comma 2 dell'articolo 1 del decreto citato prevede la non applicabilità dello stesso alle
pubbliche amministrazioni. Detto quindi che l'Istituto non ha alcun obbligo attuale al riguardo, si
è valutato anzitutto, anche nella prospettiva di cui all'articolo 86, comma 8, a norma del quale
"il Ministro per la funzione pubblica convoca le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative
dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche per esaminare i profili di armonizzazione conseguenti alla entrata
in vigore del presente decreto legislativo entro sei mesi anche ai fini della eventuale predisposizione di provvedimenti
legislativi in materia", l'opportunità di trasformare le attuali co.co.co. di cui
si avvale l'ente in corrispondenti lavori a progetto.
L'operazione è agevolmente realizzabile laddove si consideri che tutti gli attuali contratti di collaborazione
coordinata e continuativa sono già riferibili a specifici progetti (un esempio per tutti è costituito
dalle collaborazioni instaurate nell'ambito della legge 3/2001 Misure urgenti per il potenziamento della
sorveglianza epidemiologica della encefalopatia spongiforme bovina).
Secondo la citata normativa i nuovi contratti devono essere ricondotti a uno o più progetti specifici
o programmi di lavoro o fasi di esso, che dovranno essere analiticamente indicati nel contratto, determinati:
- dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato;
- nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente;
- indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione della attività lavorativa.
Il lavoro a progetto non potrà comunque risolversi nell'espletamento delle normali attività
dell'Istituto.
In tal modo si perviene al riconoscimento giuridico di tale tipologia di lavoro, anche attraverso l'estensione
ai suddetti lavoratori (soprattutto in favore dei più giovani) di alcune tutele fondamentali con particolare
riferimento a maternità, malattia, infortunio e sicurezza nei luoghi di lavoro (vedi art. 66).
Resta da osservare infine che il decreto nulla dispone riguardo alla contribuzione dovuta per tali contratti.
Pertanto, può trovare applicazione quanto previsto per i co.co.co. dalla specifica normativa previdenziale.
L'altra opportunità valutata è quella di procedere alla stipula di contratti di lavoro dipendente
a tempo determinato, con rapporto di lavoro esclusivo. I vantaggi di questa soluzione per l'Istituto e per il
personale coinvolto appaiono evidenti, se solo si considera che:
- mentre per l'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165/01 si può ricorrere a rapporti
di collaborazione coordinata e continuativa esclusivamente per prestazioni di elevata professionalità,
contrassegnate da autonomia nel loro svolgimento, ovvero senza vincolo di subordinazione, con il contratto
di lavoro a tempo determinato, oltre a poter impegnare il personale nelle normali attività dell'Istituto,
si instaura una dipendenza del lavoratore dal proprio datore di lavoro ed il potere direttivo di questo assume
un ruolo primario.
In particolare, le norme fanno espresso riferimento ad una subordinazione gerarchica che, per sua natura, rappresenta
un vincolo strettamente personale che si riflette, nella normalità dei casi, in una limitazione
al potere decisionale, organizzativo, di scelta del lavoratore subordinato in ordine all'attività dallo
stesso svolta nell'ambito della realtà operativa in cui è inserito.
In sostanza, potendo il datore di lavoro, nell'esercizio del proprio potere direttivo, stabilire aspetti
quali
- la determinazione dell’orario di lavoro
- la modalità di esecuzione della prestazione
- il controllo del rispetto delle regole impartite
- a comminazione di sanzioni disciplinari,
individuando concretamente i compiti e rendendoli, pertanto, esigibili, si realizza una vera e propria
incardinazione del lavoratore nell'operatività ordinaria dell'Istituto, con sicuri vantaggi
per l'organizzazione delle attività;
- la tutela assistenziale e previdenziale del personale interessato risulta completa, andando a salvaguardare
quei diritti sostanziali fin qui lasciati alla sola benevolenza di un datore di lavoro cosciente;
- si evita di eludere la tassazione contributiva del lavoro che, è inutile nasconderlo, è stato
il vero motore della diffusione abnorme dei co.co.co. (almeno per il settore privato, posto che per l'Istituto
hanno pesato tutti quei vincoli generali e generalizzati alle assunzioni da un lato, e la necessità del
mantenimento di accettabili livelli di assistenza dall'altro).
Nella convinzione che l'Istituto ha interesse all'attivazione di contratti di lavoro a tempo determinato,
è opportuno procedere ad analizzare la cornice normativa esistente in materia, consapevoli delle consuete
difficoltà di coordinamento fra le varie disposizioni.
LA CORNICE NORMATIVA E I RAPPORTI DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO
Venendo ad analizzare le disposizioni in materia di rapporto di lavoro a tempo determinato, vanno considerate,
anzitutto quelle rinvenibili nella contrattazione collettiva della Sanità, ovvero:
- l'articolo 31 del CCNL del personale del comparto Sanità, stipulato il 20.09.01, che ha sostituito
l'art. 17 del CCNL del 1 settembre 1995;
e, per quanto concerne al Dirigenza:
- gli articoli 16 dei relativi CC.CC.NN.LL. del 1996 così come sostituiti dai CC.CC.NN.LL. siglati
il 5 agosto 1997.
In queste disposizioni la possibilità di ricorrere ad assunzioni a tempo determinato è legata
a sostituzioni di personale assente, al soddisfacimento di particolari punte di attività, alla temporanea
copertura di posti vacanti e per attività connesse allo svolgimento dei progetti finalizzati previsti
dall'articolo 7, comma 6, della legge n. 554/88.
Dalla lettura delle suddette norme il ricorso alle assunzioni a tempo determinato rivestirebbe un carattere
del tutto eccezionale e, comunque, non utilizzabile per il normale funzionamento di un'azienda del
comparto sanitario.
Va però considerato che l'articolo 13 del D.lgs. n. 229/99 ha introdotto nel D.lgs. n. 502/92 - Riordino
della disciplina in materia sanitaria - una specifica previsione delle fattispecie dei contratti a tempo
determinato e dei contratti per l'attuazione di progetti finalizzati, dando particolare e concreta attuazione
al disposto dell'articolo 19, comma 6, del D.lgs. n. 165/01.
L'articolo 15-septies stabilisce, al comma 1, che i Direttori generali possono conferire incarichi per
l'espletamento di funzioni di particolare rilevanza e di interesse strategico mediante la stipula di
contratti a tempo determinato e con rapporto di lavoro esclusivo, entro il limite del due per cento della
dotazione organica della dirigenza, di durata non inferiore a due anni e non superiore a cinque anni,
con facoltà di rinnovo, a laureati di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbiano
svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche o private con esperienza
acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali apicali o che abbiano conseguito una particolare
specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post-universitaria,
da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro.
Il comma 2 dello stesso articolo dispone, inoltre, che le aziende unità sanitarie e le aziende ospedaliere
possono stipulare, oltre a quelli previsti dal comma precedente, contratti a tempo determinato, in numero non
superiore al cinque per cento della dotazione organica della dirigenza sanitaria, a esclusione della dirigenza
medica, nonché della dirigenza professionale, tecnica e amministrativa, per l'attribuzione di incarichi
di natura dirigenziale, relativi a profili diversi da quello medico, ed esperti di provata competenza che non
godano del trattamento di quiescenza e che siano in possesso del diploma di laurea e di specifici requisiti
coerenti con le esigenze che determinano il conferimento dell'incarico.
La previsione del comma 5 dell'articolo di cui trattasi, laddove è stabilito che gli incarichi suddetti
comportano l'obbligo per l'azienda di rendere contestualmente indisponibili posti di organico della dirigenza
per i corrispondenti oneri finanziari, appare perentoria nel legare la possibilità di stipulare contratti
a termine alla corrispondente disponibilità di posti in dotazione organica.
L'articolo 15-octies prescrive che, per l'attuazione di progetti finalizzati, non sostitutivi dell'attività
ordinaria, le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere possono assumere con contratti
di diritto privato a tempo determinato soggetti in possesso di diploma di laurea ovvero di diploma universitario,
di diploma di scuola secondaria di secondo grado o di titolo di abilitazione professionale nonché di
abilitazione all'esercizio della professione, ove prevista.
Confrontando i due articoli si possono svolgere le seguenti considerazioni:
- con l'articolo 15-septies, comma 1, i Direttori Generali possono conferire incarichi dirigenziali:
- di durata compresa tra 2 e 5 anni;
- con rapporto di lavoro esclusivo;
- per l'espletamento di funzioni di particolare rilevanza e di interesse strategico, anche
nell’ambito della attività ordinaria;
- a laureati di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbiano svolto
attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche o private con esperienza acquisita
per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali apicali o che abbiano conseguito una particolare specializzazione
professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post-universitaria, da pubblicazioni
scientifiche o da concrete esperienze di lavoro;
- nel limite del 2% della dotazione organica della dirigenza, rendendo i corrispondenti posti
della stessa indisponibili;
- con l'articolo 15-septies, comma 2, le Aziende sanitarie possono conferire incarichi dirigenziali:
- di durata non specificata (ma per analogia da 2 a 5 anni);
- relativi a profili diversi da quello medico;
- per l'espletamento di funzioni di particolare rilevanza e di interesse strategico, anche
nell'ambito della attività ordinaria;
- ad esperti di provata competenza ed in possesso del diploma di laurea e di specifici requisiti
coerenti con le esigenze che determinano il conferimento dell'incarico;
- nel limite del 5% della dotazione organica della dirigenza sanitaria, rendendo i corrispondenti
posti della stessa indisponibili;
- con l'articolo 15-octies, le Aziende sanitarie possono conferire incarichi:
- per l'attuazione di progetti finalizzati, non sostitutivi dell'attività
ordinaria;
- di durata legata ai progetti su indicati;
- a soggetti in possesso di diploma di laurea ovvero di diploma universitario, di diploma
di scuola secondaria di secondo grado o di titolo di abilitazione professionale nonché di abilitazione
all'esercizio della professione, ove prevista;
- in assenza del relativo posto di funzione nella dotazione organica.
Un particolare interesse va inoltre riservato alle norme introdotte dall'articolo 12, comma 8, lett. b) del
C.C.N.L. del comparto e dagli articoli 19, comma 7, dei due C.C.N.L. della dirigenza, laddove prevedono che
è concessa l'aspettativa al dipendente, assunto a tempo indeterminato, per tutta la durata del contratto
di lavoro a termine se assunto presso la stessa o altra azienda o ente del comparto ovvero in altre pubbliche
amministrazioni di diverso comparto o in organismi della comunità europea con rapporto di lavoro ed incarico
a tempo determinato. Dalla lettura di questa norma è evidente la possibilità per le aziende
sanitarie di conferire incarichi temporanei anche a propri dipendenti già assunti a tempo indeterminato,
qualora ne ricorrano le condizioni.
Lo Statuto dell'Istituto, approvato con deliberazione del Consiglio di Amministrazione n. 4 del 4 maggio 1999,
ha fornito - in un certo senso anticipandole - una sua specifica concretizzazione alle norme fin qui indicate
sulla scorta di quanto disposto dall'articolo 19 del D.lgs. n. 29/93 (ora articolo 19 del D.lgs n. 165/01).
All'articolo 16, comma 2, del documento si legge infatti che "Per l'attuazione dei programmi di ricerca
o per altre esigenze correlate all'attuazione del modello organizzativo, l'Istituto può conferire incarichi,
con contratto a termine di durata non superiore a quella dei programmi, a personale laureato e tecnico specializzato
ed a soggetti, nei limiti previsti dall'art. 19, comma 6, del citato D.Lgs. n. 29/93, così come modificato
dal D.Lgs. n. 80/98, in possesso di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbiano svolto
attività in organismi o Enti pubblici o privati, o Aziende pubbliche o private, con esperienza acquisita
per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali o che abbiano conseguito una particolare specializzazione
professionale, culturale o scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post universitaria, da
pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro o provenienti da i settori della ricerca e della
docenza universitaria ... Per il periodo di durata del contratto, i dipendenti della pubblica amministrazione
sono collocati in aspettativa senza assegni, con il riconoscimento dell'anzianità di servizio".
Da ultimo, va considerato il D.lgs. 368 del 6 settembre 2001 (successivo, si noti, al D.lgs. 165 del 31.03.01)
Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.
Il principio fondamentale di tale decreto è rinvenibile nell'articolo 1, ove è stabilito che è
consentita l'apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro subordinato a fronte di ragioni
di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo. Tale articolo ha innovato la disciplina
de qua in due aspetti fondamentali:
- la mancata enunciazione dell'eccezionalità del contratto a termine;
- la sostituzione dell'elencazione tassativa con una clausola generale delle ipotesi legittimanti il termine.
CONSIDERAZIONI SULLA POSSIBILITÀ DI CONVERSIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO IN RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO INDETERMINATO: LA GIURISPRUDENZA IN MATERIA.
Sull'applicabilità della norma da ultimo richiamata alla pubblica amministrazione, non possono sussistere
fondati dubbi.
Una questione nondimeno si pone in ordine alla possibilità di conversione del rapporto di lavoro a
tempo determinato, eventualmente intrattenuto alle dipendenze di una Pubblica Amministrazione in
indeterminato, in presenza dei presupposti che tale conversione determinano nell'ambito della disciplina
del rapporto di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro privato; presupposti previsti dal D.Lgs. n. 368
del 2001 (per effetto dei quali, ad esempio, tale conversione avviene in caso di proroga, oltre il termine
inizialmente pattuito, del rapporto di lavoro eventualmente instaurato alle dipendenze di un privato).
Presupposti, inoltre, la cui ravvisabilità, nelle argomentazioni di molti pratici - Avvocati di dipendenti
pubblici direttamente interessati - diversi autori ed alcuni Magistrati addetti alle Sezioni Lavoro, determinerebbe
- a seguito della c.d. privatizzazione del pubblico impiego - la possibilità di convertire in indeterminato
anche il rapporto di lavoro a tempo determinato alle dipendenze di una Pubblica Amministrazione.
Così ragionando, a titolo esemplificativo, infatti il Giudice del Lavoro del Tribunale di Pisa (attraverso
una sua ordinanza del 07.08.2000) ha ritenuto non manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalità
dell'art. 36, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, laddove stabilisce che in ogni caso la violazione di disposizioni
imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni,
non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime
pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.
La Corte Costituzionale nel decidere la questione innanzi citata - di legittimità, in relazione agli
articoli 3 e 97 della Costituzione, del comma in oggetto - ha affermato la legittimità costituzionale
dell'art. 36, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001 nella parte in cui esclude che la violazione di disposizioni
imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle Pubbliche amministrazioni, possa
comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime Pubbliche Amministrazioni
(cfr. sentenza della Corte Costituzionale n. 89 del 2003).
Ciò, segnatamente, atteso che il principio di eguaglianza non potrebbe, nella specie, ritenersi vulnerato
in considerazione della non omogeneità delle situazioni poste a confronto, considerato che - anche dopo
la cosiddetta privatizzazione - il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici conserverebbe fondamentali peculiarità
tali da renderlo profondamente diverso dal rapporto di lavoro intrattenuto con i datori di lavoro privati, come
più volte affermato dalla stessa Corte Costituzionale. Peculiarità, queste, derivanti dal fatto
che la privatizzazione riguarderebbe solamente lo svolgimento del rapporto di lavoro, ma non il momento della
sua costituzione, rimanendo immutate le particolari esigenze di selezione del dipendente pubblico, a garanzia
dei principi di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione, che in via di principio
impongono il ricorso alla procedura concorsuale, salvo eccezioni. Eccezioni, queste ultime, individuabili secondo
la sentenza del Consiglio di Stato n. 644 del 2000 soltanto attraverso la mediazione di un'esplicita, al riguardo,
previsione legislativa, allo stato non ancora intervenuta.
Dunque, la ratio dell'impossibilità della conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato
eventualmente intrattenuto alle dipendenze di una P.A., in indeterminato può essere ravvisata
nell'evitare che, attraverso il contemplare una simile possibilità, possa essere aggirato e violato il
principio (sancito dall'articolo 97, comma 3, della Costituzione) che prevede l'obbligo del superamento
di un concorso pubblico al fine dell'accesso ai ruoli stabili della Pubblica Amministrazione. Tale ratio
appare condivisibile, atteso che, altrimenti, dietro l'escamotage dell'instaurazione di un rapporto
di lavoro a tempo determinato, poi, magari volutamente, illegittimamente protratto, potrebbe accedersi ai ruoli
stabili della Pubblica Amministrazione, eludendo l'obbligo del concorso e violando il principio di eguaglianza.
Il problema, pertanto, a questo punto, potrebbe, semmai, sorgere qualora il rapporto di lavoro a tempo determinato,
in relazione al quale si dovessero eventualmente verificare violazioni tali da poterne determinare la conversione
in indeterminato, costituisse un rapporto instaurato a seguito di una selezione pubblica attraverso la quale
sono stati, eventualmente, individuati i beneficiari di esso. In questo caso, infatti, sorge il diverso problema
attinente al valutare la possibilità di considerare un simile tipo di selezioni pubbliche alla stregua
del pubblico concorso cui fa riferimento l'articolo 97, comma 3, della Costituzione. Anche a questo proposito,
soccorre il dettato dell'art. 36, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, così tassativo nell'escludere
la possibilità di conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato alle dipendenze di una P.A.
in indeterminato. Dalla perentorietà - desumibile dal fatto che lo stesso non prevede alcuna eccezione
alla propria statuizione - con cui tale comma esclude una simile possibilità di conversione discende, infatti,
la negazione, già a livello legislativo, della possibilità di considerare le selezioni - o, a
seconda delle relative denominazioni, concorsi - per la costituzione di rapporti di lavoro a tempo determinato alla
stessa stregua dei concorsi cui fa riferimento la Costituzione, al fine di accedere a tempo indeterminato nei
ruoli della Pubblica Amministrazione.
Quello su delineato appare essere il quadro desumibile dallo stato della normativa e della giurisprudenza
in materia. Trattasi, comunque, di materia - del resto, come il più ampio genus del rapporto
di lavoro pubblico "privatizzato" in cui viene a collocarsi - in costante evoluzione.
DOTAZIONE ORGANICA E PROGETTI FINALIZZATI.
Una problematica che si pone con forza nel valutare l'opportunità di affidare incarichi a tempo determinato
è quella connessa alla dotazione organica. Appare di tutta evidenza che i fabbisogni per l'attività
ordinaria istituzionale, cui l'Istituto può dare risposta tramite risorse certe e durature (contributo
annuale dell'ex Fondo Sanitario Nazionale), trovano giusta e corretta concretizzazione nella formale istituzione
di posti di funzione nella dotazione organica. Lo strumento per la copertura degli stessi non può che
essere il pubblico concorso di cui all'articolo 97 della Costituzione (cfr. pronunce citate della Corte
Costituzionale e articolo 12, comma 8, lett. a) del C.C.N.L. del comparto del 20.09.01).
In presenza, invece, di finanziamenti assegnati per l'attivazione di progetti finalizzati e che non possono
dar luogo all'istituzione di posti di funzione, vista la temporaneità dei finanziamenti e dei progetti
stessi, nonché il quadro normativo, appare evidente che lo strumento più idoneo non può
che essere il contratto a termine ex articolo 15-octies già citato, che, nella sua stessa formulazione,
vista in rapporto al precedente articolo 15-septies (vedi paragrafo 2), esclude qualsiasi rapporto con la dotazione
organica dell'azienda.
CONCLUSIONI
Fatta questa forse lunga, ma necessaria, disamina, si ritiene che, nell'ambito dell'Istituto, sia il personale
coinvolto che le attività dallo stesso esercitate, rientrassero tutti nella previsione di cui all'articolo
15-octies, e diversi anche nella previsione di cui all'articolo 15-septies, comma 1. Se non bastasse, è
evidente come oramai i principi posti dal D.lgs. n. 368/01 legittimano, anche per la pubblica amministrazione,
a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo, qualsivoglia assunzione
a tempo determinato.
Tutte queste ragioni hanno suggerito di seguire la strada delle assunzioni a termine in tutte le ipotesi, a
partire da quelle instaurate nell'ambito della legge 3/2001 Misure urgenti per il potenziamento della
sorveglianza epidemiologica della encefalopatia spongiforme bovina, ma anche rispetto a quelle legate
all'attività produttiva svolta ed a programmi di ricerca propria, in cui potesse essere garantito un
vantaggio per l'organizzazione delle attività dell'ente e, non meno importante, una tutela non effimera
del personale comunque operante nell'ambito dell'Istituto.
Nonostante fosse possibile, alla luce delle normative esaminate, prevedere una durata maggiore, si è
comunque stabilito che i suddetti contratti a termine abbiano durata annuale (anno 2005), avendo in ogni modo
presente che il finanziamento a copertura degli stessi è (nella quasi totalità dei casi) limitato
ad una annualità e non potendo pertanto l'Istituto gravarsi di oneri eccessivi in presenza di risorse
non certe.
Appare interessante, a questo punto, far rilevare come non è previsto - nelle norme fin qui citate -
alcun ricorso a pubbliche selezioni per l'inserimento di lavoratori a tempo determinato; del resto questa conclusione
è anche facilmente desumibile dal ragionamento effettuato dalla Corte Costituzionale nella pronuncia precedentemente
citata, laddove ammette la possibilità dell'instaurazione di un rapporto di lavoro a termine che non
sia stato preceduto da un concorso.
Ciò nondimeno è stato reputato opportuno, nell'interesse dell'Istituto, bandire una serie di selezioni
pubbliche che rispettassero in toto i principi dell'accesso al pubblico impiego. In particolare,
si è ritenuto di dover dare attuazione ai principi costituzionali del buon andamento, imparzialità
e della trasparenza dell'azione amministrativa ed ai principi di diritto comune di correttezza e buona fede.
Pertanto, si è ritenuto di aprire anche a soggetti che non avessero avuto in precedenza alcun
rapporto con l'Istituto, ma che fossero in grado di dimostrare, anche attraverso una congrua valutazione dell'esperienza
acquisita (24 o 12 mesi di attività di ricerca), la capacità di svolgere le funzioni previste.
Tutto ciò potrebbe anche comportare la non conferma di tutti gli attuali collaboratori; d'altra
parte, però, si è pienamente coscienti che l'applicazione dei suddetti principi si risolva, oltre
che in un accresciuta tutela assistenziale e previdenziale, anche in un maggior riconoscimento della professionalità,
dell'esperienza e delle capacità di coloro, tra gli attuali titolari di contratti di collaborazione, che invece
si confermeranno nelle selezioni per assunzioni a tempo determinato.